le intuizioni ovvie di claudio messora

venerdì 22 agosto 2008

Italiani in fuga.


Ci sono parole intraducibili, perchè esprimono un concetto che non si può descrivere in un'altra lingua se non accostando tra loro due o più vocaboli. Viceversa, ci sono parole che sottendono un concetto che si perde nella notte dei tempi, per il quale ogni cultura ha il suo vocabolo equivalente. Una di esse è la parola amore. L'amore per la propria terra ha qualcosa di molto simile all'amore per la propria madre. Da entrambe veniamo, e da entrambe il separarsi è un dolore straziante e interminabile. Io lo conosco bene, avendolo vissuto due volte. Si può emigrare clandestinamente o con un sigillo reale sul passaporto. Si può farlo volontariamente o essere espatriati. Si può essere motivati dalla fame, oppure dal dolore che si prova nel vedere la madre patria sprofondare in un degrado senza fine. In tutti i casi, quale che sia la casa che si abbandona, si cade preda di una malinconia senza fine, la stessa degli italiani partiti con una valigia di cartone; degli egiziani laureati, venuti in Italia ad aprire ristoranti e pizzerie; probabilmente dei russi, degli albanesi, dei marocchini... Accomunati dall'amore per la loro terra. In arabo amore si dice habibi. Se guardate il video lo sentirete spesso.

Ho ricevuto una lettera e la pubblico. E' la storia di Stefania e di suo marito, imminenti emigranti per dolore. Una nuova malinconia fotografata sul punto di nascere. Un'altra Amara Terra Mia cantata nel vento, imbracciando una chitarra. Due voci nuove, ma la stessa identica melodia di sempre.

Datele torto voi, se credete. Io non me la sento.

Ciao Byoblu,
complimenti per il tuo “giornalismo” controcorrente e veramente prezioso. Spero di essere breve e poco tediosa per te.

Mi chiamo Stefania e sono una docente di liceo. Ti scrivo da Roma. Mio marito, scandinavo, lavora per un’industria farmaceutica italiana. Fino a quest’anno “amavamo” l’Italia (nonostante tutto) e abbiamo lottato per migliorare le cose: volontariato (tra l’altro adesione ad un gruppo d’acquisto solidale con appoggio diretto ai piccoli contadini bio), attenzione all’ecologia (adesione al fotovoltaico e solare, raccolta differenziata e compost, uso del trasporto pubblico o della bicicletta…), impegno sociale e “politico” (anche personalmente nell’impegno lavorativo: come docente sono cosciente di veicolare modelli e pensieri ai miei allievi). Ma dopo le ultime ferie passate per l’ennesima volta nei paesi scandinavi ed in Germania… questa volta ci si è “spezzato” definitivamente qualcosa. Non sono di certo io che ti devo spiegare come diversamente funziona lo Stato e la società oltralpe…

Insomma, lavoriamo tutti e due, abbiamo una casa… per carità non ci manca nulla… ma quest’anno abbiamo deciso di lasciare l’Italia, probabilmente per sempre, e di ricominciare da capo con un nuovo lavoro, una nuova lingua, un nuovo orizzonte sociale e di aspettative. Ci rendiamo conto della peculiarità della nostra condizione e scelta… le nostre famiglie non capiscono, infatti, visto che non siamo disagiati economicamente, che abbiamo il fatidico e tanto bramato lavoro a tempo indeterminato (benché pagato al minimo possibile, come d’uso da queste parti), e che potremmo impoverirci, invece, a ricominciare da capo in un paese nuovo (pensiamo in Baviera o nella Foresta nera… più che altro per ragioni climatiche).

E’ semplicemente l’odore nauseante e appiccicaticcio della decadenza e di una strisciante barbarie di ritorno che si respira sempre di più; la noia di rivedere applicate ad libitum le teorie di Le Bon sugli spacciatori di illusioni, con quel che ne consegue in termini di ricerca dei “capri espiatori”; l’orizzonte incredibilmente miope e ristretto delle scelte economiche, energetiche e, dunque, politiche, inevitabilmente segnato dalle banche e dalle lobbies, per il II paese più indebitato al mondo e felice di esserlo. La certezza assoluta che ciò cui assistiamo ora, sia appena solo l’inizio della serie di shock opportunamente approntati per aprire definitivamente a politiche economiche apertamente e noiosamente “friedmaniache” (intendo Milton Friedman)… per non dire, il disgusto di essere rappresentati da una cotale classe dirigente (identica a destra e sinistra, visto il triste “baratto” di cui si sono resi protagonisti ed impermeabile a qualsiasi ricambio generazionale), di cui mi vergogno come un’appestata ogni volta che mi trovo all’estero, per non dire, e ciò mi riguarda più personalmente, lo scempio continuo delle “bellezze” artistiche e naturali perpetrato impunemente, il fatto di “ospitare” uno stato monarchico straniero, che della dimensione del sacro ha perso persino la memoria, ma verso cui non finiremo mai di versare le decime… e potremmo, come sai, continuare…

Perché ti scrivo, invece di parlare con lo psicanalista? Mi chiedo solo, se questa scelta non sia pura vigliaccheria, abbandono della lotta, invece che la scelta saggia del topo che lascia la nave che affonda. Ti scrivo per gridare a qualcuno la verità, perché ne ho bisogno… perché mi sento derubata del sentimento di “patria” che una volta, in qualche modo, provavo e che ho perso per sempre, fino a provare disgusto per questi italiani, orribilmente invecchiati e sfigurati da più di venti anni di televisione cainana, che vivono ben al di sopra delle loro possibilità esibendo il più possibile cellulari e SUV, ma mangiando latte e biscotti la sera (il tubo non riuscirà a cambiare le cose, tantomeno a breve: una volta dovevi cercare un ago – l’informazione- nel pagliaio, oggi lo devi cercare fra miliardi di aghi!).

Mi fermo qui, per non abusare della tua pazienza… tu continua, dato che sei ora un modello per molti che ti seguono.

Ti prego di non pubblicare la mia mail, o almeno di emendarla dalle parti che mi possano “identificare”. E se hai letto fino qui, ti ringrazio, è già molto.

Stefania P.



Video allegati

Amara Terra Mia - Domenico Modugno

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