Il caffè rende schiavi
Dal 1980 al 2002 il prezzo del caffè crudo è diminuito del 70%. Nei primi anni '90, il valore commerciale globale del caffè era di circa 30 miliardi di dollari, di cui 12 miliardi rimanevano ai paesi d'origine. Tra il 2000 e il 2001 era arrivato a 65 miliardi, di cui solo 5,5 miliardi restavano ai paesi produttori: 25 milioni di piccole aziende familiari che devono vivere con una media di 220 dollari all'anno.
Nel 2003, il prezzo della qualità arabica sul mercato internazionale era di 40 dollari per cento libbre, meno della metà dei costi medi di produzione, circa 90 dollari. Il Commercio equo-solidale nello stesso anno lo pagava più di tre volte tanto, 141 dollari per 100 libbre.
Il caffè è l’alimento per il quale maggiore è il deficit tra energia impiegata per ottenere la bevanda medesima, ed energia assunta dal consumatore.
Per ottenere una tazzina di caffè si deve coltivare la pianta e procedere al raccolto, dopodiché si deve tostare il chicco. Il procedimento è lento ed estremamente dispendioso dal punto di vista energetico, perché lo si deve scaldare parecchio e per parecchio tempo. Poi si passa alla macinazione dei chicchi, per ottenere l’equivalente di una farina. Le normali farine come il frumento vengono però utilizzate al 100% nella preparazione di pietanze, e cioè vengono ingerite completamente dal consumatore. La farina di caffè invece si sfrutta pochissimo: solo una minima parte di sostanze viene asportata dall’acqua calda. Il resto, il cosiddetto fondo di caffè, viene gettato nell’immondizia.
Tuttavia, essendo il costo di un kg di caffè molto basso, tutti possono permetterselo. Peccato sia così basso perché le multinazionali che lo coltivavano hanno sempre utilizzato mano d’opera pagata praticamente zero, in gran parte costituita da bambini schiavi.
Mi scrive Gianni Girotto, 40 anni, una laurea in Giurisprudenza, impiegato in una normale azienda privata. Da più di 20 anni è iscritto ad Amnesty, Mani Tese, all'Avis, Aido, Admo.. E' socio Altroconsumo, di Banca Etica e di AFI famiglie, di Altreconomia e della Cooperativa Pace e Sviluppo. Un tipino informato, difficile da prendere per il culo.
Ha realizzato un piccolo libro descrivendo i gironi di questo inferno globale in cui ci dibattiamo istericamente. Nel tentativo di bucare le coscienze e avvicinare i giovani, l'ha fatto in stile avventuroso e stimolante, con linguaggio fresco, che descrive le avventure di un ragazzino delle favelas, Josè, che si trova invischiato in una storia che parla di clima, ambiente, tecnologie, realtà virtuale, inquinamento, credito etico, diritti umani, sfruttamento, multinazionali, e-goverment ed altre amenità globali.
"E' solo un pretesto, un modo di veicolare quelle informazioni che ritengo ognuno di noi dovrebbe conoscere, almeno a grandi linee.
Tale scritto non è pubblicato, ma gira solo in formato digitale, e personalmente non mi interessa affatto sfruttarlo commercialmente, anzi è Open Source: chiunque lo può modificare come meglio crede. L'ho realizzato solo per scopi informativi, perchè vorrei che i giovani (ma non solo loro ovviamente), capiscano in che situazione ci troviamo e cosa presumibilmente ci aspetta se le cose non dovessero cambiare.
Glielo invio nella speranza che Lei o naturalmente qualcuno di Sua fiducia possa trovare il tempo di leggerlo, e se lo ritenete opportuno, utilizzarlo pure come meglio credete."
Gianni Girotto. Un modo per essere cellula operosa e metabolizzare il mondo circostante.
Lo metto a disposizione per le cellule che lo volessero scaricare, leggere, divulgare e diffondere. Se vi è piaciuto, venite a tirare una riga qui sotto.
Parla anche di caffè.
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