le intuizioni ovvie di claudio messora

sabato 21 febbraio 2009

Le elezioni manipolate

La manipolazione svelata
Ecco le tecniche usate dai TG per dirottare il consenso elettorale
1. Abilitate le annotazioni del player.
Se non le vedete guardate il video direttamente su YouTube

2. questa è una playlist, alla fine del primo video parte il secondo

 I TG e i maggiori quotidiani sono associazioni a delinquere finalizzate al controllo dell'informazione e alla manipolazione dell'opinione pubblica. Fatevene una ragione. Le ultime evidenze arrivano dalle elezioni regionali in Abruzzo e da quelle sarde.
 Il principio è semplice, ed è lo stesso applicato nel marketing. Innanzi tutto: se una cosa la vedi, allora esiste. Bisogna far passare il marchio. La parola d'ordine è: mostrare ovunque il nome del candidato da spingere.
 Inquadrature chiare, definite, nomi e volti ben in evidenza. Di contro, l'identità dell'avversario deve essere sfumata, poco riconoscibile. Le scritte e simboli che lo riguardano devono essere confusi, meglio se parzialmente coperti.
 L'audio gioca un ruolo fondamentale. In un caso chiaro, cristallino, forte, ben equalizzato. Nell'altro distante, difficilmente percepibile, annacquato nel riverbero ambientale per dare l'impressione di scarsa professionalità.
 Anche il contesto è importantissimo. Da un lato si sceglie un palazzetto dello sport ripreso da particolari angolazioni, studiate in modo da farlo sembrare stracolmo - cosa che, dati alla mano, non è - e si montano immagini di sostenitori entusiasti. Dall'altro si mandano registrazioni di luoghi bui, piccole sale claustrofobiche, prediligendo spezzoni di scarso effetto, dove magari l'atmosfera è fiacca.
 Le parole usate da speaker e giornalisti poi sono la ciliegina sulla torta. Accuratamente studiate secondo i dettami della programmazione neuro linguistica (PNL), insegnata nei circoli giovanili di Marcello Dell'Utri da Antonio Meneghetti. Al candidato da sostenere ci si riferisce come al prossimo possibile governatore, all'altro come all'ex governatore, creando un immaginario nel quale il passato e il futuro sono realtà consolidate e incontrovertibili. Ancora, nel primo caso si parla di programmi e potenzialità, nel secondo si sottolineano problemi e si delinea una personalità chiusa, che gioca in difesa.

 E come la mettiamo con la par condicio? Suvvia, ragazzi: siamo italiani. Un po' di creatività, per favore...
 Innanzitutto disponiamo del più formidabile cavallo di troia mai concepito. Il Presidente del Consiglio. Con la scusa del dovere di informare sulle attività di governo, può essere ripreso e mandato in onda costantemente. Specialmente durante il silenzio stampa che precede i giorni del voto. I suoi prestanome godono così di una vetrina pre-elettorale importantissima, dato che le elezioni si vincono proprio negli ultimi giorni.
 Secondariamente, nel mondo degli affari tutto è oggetto di compra-vendita, conseguenza di un'analisi cinica basata sul modello costi-benefici.
 Quanto costa
violare la par condicio? Meno, infinitamente meno rispetto a quello che si perderebbe non piazzando il figlio del commercialista di famiglia in una posizione chiave come quella di governatore della Regione Sardegna. Meglio occupare l'informazione locale, con uno squilibrio di esposizione vicino a percentuali da dittatura sudamericana, e pagare dopo qualche anno un'ammenda ridicola.
 Basta comprare a prezzi da rigattiere interi chilometri di coste non edificabili e rivenderle subito dopo aver deliberato che è possibile costruirvi alberghi e villaggi turistici. Con gli spiccioli delle mance ai camerieri ci si paga la multa e ci si toglie dalle palle l'Autorità Garante per le Telecomunicazioni.

 Non so se Soru sarebbe stato la scelta giusta per la Sardegna. Non so se Cappellacci riuscirà nonostante tutto a fare qualcosa di buono. Tutto quello che so è che i risultati elettorali sono stati alterati con l'inganno, e questo mi basta.

 L'unica Italia possibile è un'Italia libera dai metodi berlusconiani. Dopodichè ben vengano destra, sinistra, comunisti, leghisti, giustizialisti, libertari, democratici e liste civiche. Ma devono giocare tutti ad armi pari.

Diffondere, Divulgare, Diramare.
Le Tre D che salveranno il mondo!

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giovedì 19 febbraio 2009

L'inferno sotto l'Abruzzo

SOS Ortona - Fermate il Centro Oli
Intervista a Mauro Di Mauro, agricoltore di Ortona

 L'idrogeno solforato (H2S) e l'anidride solforosa (SO2) sono sostanze tossiche. L'Idrogeno Solforato è classificato come veleno, i suoi effetti sono simili a quelli del cianuro. A basso dosaggio è causa di disturbi neurologici, respiratori, motori, cardiaci ed è collegato ad una maggiore ricorrenza di aborti spontanei nelle donne. Inoltre, è causa di cancro al colon retto.

 Agli abitanti della Basilicata non serve leggere l'Atto 1-00084 del Senato della Repubblica per capire che l'acido solfidrico fa male. Lo sanno per eseperienza diretta. Muoiono di tumore: loro e i loro animali, sacrificati sugli altari consacrati all'oro nero. Quarantasette pozzi di estrazione petrolifera che producono l'80% del greggio italiano. E producono anche forti esalazioni di idrocarburi policiclici aromatici e idrogeno solforato, derivanti dal processo di idro-desulfurizzazione del petrolio - ma H2S si ottiene anche dall'estrazione di Gas Naturale.

 L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia di tenere le emissioni sotto le 0,005 ppm (parti per milione). Il Governo Federale degli Stati Uniti è più cauto, e raccomanda di tenersi al di sotto di 0,001 ppm. Io sono più cauto ancora: raccomando di non esalare un accidenti di niente.
 In Italia c'è una soglia spensierata di 5 ppm, ma questo non vale per ENI, AGIP e il resto dell'allegra compagnia del tumore. A loro il DM del 12 luglio 1990 permette di esalare per 30 parti per milione, ovvero circa seimila volte quanto fissato dall'OMS.

 Questo una volta era il bel paese. Oggi è uno stivale incatramato. In america l'attività estrattiva del petrolio è vietata sull'85% del territorio, e chi vuole bucherellare in mare deve tenersi a non meno di 160Km dalla costa. In Norvegia bisogna stare almeno a 50Km al largo. In Basilicata, il 70 per cento del territorio è coperto da permessi estrattivi. In Abruzzo siamo ormai al 50%. L'Abruzzo rischia di diventare un groviera, con ricadute di piogge acide in un'area di 60Km da ogni centro di raffinamento.

 Una ricerca dell'Università della California ha studiato gli effetti dell'esposizione a basse quantità di idrogeno solforato sulla vegetazione. Hanno provato prima con 3 ppm. TUTTE le specie analizzate, comprese ovviamente quelle commestibili (spinaci, pomodori, mele, fagioli, legumi, albicocche, piselli, pesche, fagioli, cetrolio, more, broccoli, radicchio, salvia, tabacco, carote, mais, zucche, grano, fragole, peperoni, rose, girasole, melanzane...) soffrivano di danni alle foglie, defoliazione, crescita ridotta e morte. Per chi non avesse dimestichezza con la matematica: noi consentiamo ai petrolieri di esalare veleni dieci volte tanto le concentrazioni alle quali la vegetazione muore.

 Propongo di irrorare una volta per tutte di idrogeno solforato il parlamento, avendo prima cura di sigillare porte e finestre. Subito dopo, trivelliamo mezza Arcore. Forse non ci troveremo il petrolio, ma volete mettere la soddisfazione?

 Mi scrive Maria Rita D'Orsogna, ricercatrice italiana della California State University, Los Angeles.
 Ricevo e pubblico la sua lettera aperta a Gianni Chiodi, governatore della Regione Abruzzo. Quello della Lettera Aperta sulla Grande Balla di Berlusconi, alla quale nè lui nè il suo staff si sono mai degnati di rispondere.
 Ma noi sui giornali ci siamo finiti lo stesso.

 Per chi volesse inoltrare a Chiodi la lettera di Maria Rita, ecco i suoi indirizzi email: presidente@giannichiodi.com, stampa@giannichiodi.com, comunicazione@giannichiodi.com.

Lettera aperta a Gianni Chiodi

Presidente Chiodi,

le scriviamo perche' la deriva petrolifera della nostra regione procede senza alcun segnale di contrasto da parte della sua amministrazione regionale. Questo e' molto grave perche' non c'e' assolutamente tempo da perdere vista l'urgenza e i pericoli a cui andiamo incontro.

Ad oggi, la META' del nostro territorio e' interessata da permessi estrattivi di vario genere. Su quel territorio vive l'80% della popolazione abruzzese.
Ci sono i nostri mari, i nostri campi, le nostre vite a cui non vogliamo rinunciare per fare arricchire ditte petrolifere straniere e multinazionali senza scrupoli.

Lei in campagna elettorale ha promesso di contrastare la petrolizzazione della citta' di Ortona. Bene, questo e' il momento di mantenere quella promessa, fatta per Ortona, ma che in realta' riguarda tutto l'Abruzzo. LA NOSTRA REGIONE NON DEVE FARE LA FINE DELLA BASILICATA.
Chiediamo una moratoria immediata di almeno 30 anni contro qualsiasi tipo di opera di raffinamento e di estrazione del petrolio sul nostro territorio.

Lei porta sulle spalle una responsabilita' enorme. Sara' il coraggio che lei avra' o non avra', saranno le azioni che lei prendera' o non prendera', sara' la statura morale a cui lei decidera' di elevarsi o meno che decideranno il futuro delle generazioni d'Abruzzo.
Scelga di salvarci da decenni di malattie, territori stuprati, agricoltura defunta, poverta' diffusa ed emigrazione di massa. Scelga di stare dalla parte dei cittadini e non del potere dei forti.

Abbiamo bisogno di atti concreti di cui la popolazione sia partecipe ed informata. Adesso e' il tempo di agire.

Los Angeles, CA (USA)
19 Febbraio 2009


In rappresentanza dei rispettivi movimenti-associazioni-bloggers:

Maria Rita D'Orsogna - No al centro petroli dalla California (Los Angeles)
Enrico Gagliano - Impronte (Giulianova)
Attilio Di Mattia - Abruzzo Sostenibile (Montesilvano)
Fabio Di Stefano - Associazione Medici per l'Ambiente (Ortona)
Antonello Tiracchia - Nuovo Senso Civico (Lanciano)
Catia Giovina Mattioli - Comitato Miglianico contro il centro oli (Miglianico)
Andrea Iezzi - Comitato Abruzzese del Paesaggio (Pescara)
Luca Fanaro - Vastesi.com (Vasto)
Tiziano Frezza - Facebook contro il centro oli (L'Aquila)
Marco Giangrande - Abruzzo in Movimento (Ortona)
Pasquale Morone - Libera Associazione Barbarica (Vasto)
Giusto Di Fabio, Lino Olivastri - Comitato Natura Verde (Tollo)
Mauro Vanni - Liberta di Parola (Ortona)
Nino Di Bucchianico - Abruzzo Rinnovabile (Francavilla)
Tommaso Palermo - Proposte Per Chieti (Chieti)
Domenico Zenobio - Italia Nostra (Atri)
Claudio Censoni - Comitato Abruzzese per i Beni Comuni (Giulianova)

recapiti telefonici: 001 310 570 5591, 329 0604187, 339 1697748, 0872 717014

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Ucci...Ucci.. Sta arrivando la Carlucci!

L'onorevole Carlucci vuole rompere la telecamera
Sarà mica che vuole restare anonima?

 Stiamo ancora osservando con apprensione il temporale D'Alia addensarsi minaccioso sull'orizzonte dell'informazione libera, che già la tempesta Carlucci si leva da sud e minaccia di spazzare via la rete per come la conosciamo.
 Ormai il cyberspazio è accerchiato. Deputati e Senatori affetti da Controllatio Precox calano dal Parlamento a fiotte. Sono come cavallette. Sciamano sulle libertà digitali e cercano di inaridirle. Ogni tanto, qualcuno di loro fa obiezione di coscienza. Perfino nel PDL. E' il caso di Roberto Cassinelli, che ha presentato a sua volta un controemendamento per contenere i deliri della macelleria D'Alia. Non ce lo siamo fatti scappare: Roberto Cassinelli interverrà presto sulle pagine di Byoblu.Com.

 Di rete ormai legifera chiunque. Mi meraviglio che calciatori e veline ancora non abbiano scritto un progetto o un disegno di legge al riguardo. Gabriella Carlucci lo ha fatto. E' perfettamente qualificata. Ha presentato le più importanti manifestazioni canore italiane: Azzurro, Festivalbar, Cantagiro, due volte il Festival di Sanremo, e poi Cocco, Giallo, Luna di Miele, Piccolo Grande Amore, Buona Domenica, Mela Verde... Con un tale curriculum, era la candidata ideale ad affrontare la delicata questione delle libertà digitali. Del resto Berlusconi ha conquistato gli italiani a colpi di soubrettes. Il Parlamento non è che la naturale prosecuzione degli studi Mediaset, tanto che avrebbe proposto di cambiare nome alla XVI Legislatura e chiamarla Fantastico 16.

 Il Progetto di Legge numero 2195, presentato dall'Onorevole Carlucci, cerca di assicurare la legalità nella rete internet. Ne sono trapelati in rete solo quattro commi dell'articolo II. Ecco il primo: «E' fatto divieto di effettuare o agevolare l'immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima».
 Se scriverete un commento a questo post, dovrò chiedervi la carta d'identità.
 
 Gabriella, ...Gabriella! Berlusconi è nero: come farà D'Alia ad inserire commenti clandestini inquadrabili nell'Apologia di Reato, al fine di filtrare i blogger dissidenti, se lo costringi a cacciare la carta d'identità? Ma parlatevi almeno tra di voi, no? Cribbio!

 Con il secondo comma si estende la responsabilità di qualsiasi cosa avviene in rete a chiunque: «I soggetti che, anche in concorso con altri operatori non presenti sul territorio italiano, ovvero non identificati o indentificabilì, rendano possibili i comportamenti di cui al comma 1. sono da ritenersi responsabili - in solido con coloro che hanno effettuato le pubblicazioni anonime - di ogni e qualsiasi reato, danno o violazione amministrativa cagionati ai danni di terzi o dello Stato».

 Se scrivete psiconano su un commento di YouTube, nella bacheca di Facebook, o nei commenti di questo post, siete perseguibili voi, YouTube, Facebook, io, la Telecom che vi ha portato a casa il doppino, chi vi ha venduto il computer, Intel o Amd che hanno prodotto processori senza Identificativo univoco, il vostro provider, il vostro datore di lavoro che non ha controllato che uso facevate di internet, la mamma che vi ha comprato la cameretta e una scrivania dove appoggiare il computer, papà che vi ha insegnato ad usarlo, la Microsoft o gli sviluppatori della distribuzione Linux che utilizzate, e perfino gli eredi di John Von Neumann dalle cui teorie si è sviluppata tutta l'informatica.
 Tra l'altro, detta così, dovete pagare per ogni e qualsiasi reato, danno o violazione amministrativa. Qualsiasi cosa, anche commessa al di fuori della rete. Qualcuno dovrebbe spiegare alle nostre soubrette parlamentari la differenza tra un testo di legge e una sceneggiatura di una trasmissione televisiva.

 Con il terzo comma la Carlucci prende tutti gli sforzi dell'Onorevole Cassinelli per l'abrogazione del reato di stampa clandestina e ne fa carta straccia: «Per quanto riguarda i reati dì diffamazione si applicano, senza alcuna eccezione, tutte le norme relative alla Stampa».
  Cassinelli e la Carlucci stanno nella stessa squadra. Ma internet è una puttana su cui tutti possono mettere le mani senza doverla per forza sposare. Le toccano le tette dal DDL 1415, il Disegno di Legge sulle Intercettazioni. Le palpano il culo dal DDL 733, il pacchetto sicurezza. Ora la Carlucci la carica in auto per una cosuccia a tre con Cassinelli. E' uno stupro collettivo, una pornografia legislativa. I testi dei DDL in materia dovrebbero essere vietati ai minori.
 On.Carlucci, si legga questo post sul Diritto di Rettifica nel web 2.0. C'è anche un video. Chissà che non le susciti un improvviso, breve afflato d'amore per il web che possa magari spingerla a ripensare il suo terzo comma.

 Con il quarto comma si iniziano ad intuire i mandanti del progetto di legge 2195: «In relazione alle violazioni concernenti norme a tutela del Diritto d'Autore, dei Diritti Connessi e dei Sistemi ad Accesso Condizionato si applicano, senza alcuna eccezione le norme previste dalla Legge 633/41 e successive modificazioni».
 In Svezia si celebra il processo delle lobby contro ThePirateBay, per il quale sono già cadute la metà delle accuse. IFPI - International Federation of the Phonographic Industry - che difende interessi privati a scapito della trasformazione dei modelli culturali, si frega le mani di fronte all'abolizione dell'anonimato di cui al primo comma del progetto di legge 2195. Gabriella Carlucci, che dopo anni di Festivalbar e San Remo qualche discografico deve averlo per forza conosciuto, apre così la porte di casa degli italiani agli avvocati dell'industria musicale. Ma nessuno ravvisa in questo un conflitto di interessi.

 Vi prego, qualcuno dica tra l'altro all'Onorevole che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha istituito un comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale, il quale ha aperto un forum pubblico per raccogliere le proposte e i suggerimenti della rete.

 O devo fare tutto io?

On Carlucci,

  perchè anzichè stuprare la rete con provvedimenti appartenenti ai Disegni di Legge più disparati, spesso in contrasto tra loro, perfino ignorando l'istituzione di un forum antipirateria ad opera della stessa Presidenza del Consiglio, non vi fermate, vi sedete tutti intorno a un tavolo, magari invitando chi la rete la costruisce e la vive davvero, e si ragiona tutti insieme con una visione finalmente unitaria e collettiva?
  Lei fa parte del Comitato per i Beni Artistici della Camera dei Deputati. Bene: la rete è un'opera d'arte, non è possibile farne continuamente scempio.

 Un cittadino della rete
 [mettete nome e cognome, se no la Carlucci si inquieta


 Invia questo messaggio all'Onorevole Carlucci.

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martedì 17 febbraio 2009

La civiltà della mente

D'Alia censura internet
la parte finale dell'appello di Leonardo Facco Editore

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 L'Abruzzo è andato. La Sardegna... andata! La rete farà presto la stessa fine.

  Quante volte da queste stesse pagine abbiamo ripetuto «La Cina è vicina». Forse solo una maniera di esorcizzare le nostre paure, ma non ci credevamo veramente. Se passa l'emendamento D'Alia alla Camera, invece, questa volta l'Art. 21 della Costituzione diventerà un cimelio da collezionisti, e l'Italia sarà il primo paese occidentale ad allinearsi alla Cina e alla Birmania in quanto a libertà di espressione. Dopo la censura dei siti di scommesse, dopo il caso ThePirateBay - rientrato temporaneamente solo per un vizio di forma - il Governo potrà oscurare su indicazione del Ministro degli Interni i blogger che non si allineano a Mediaset, alla Rai e ai maggiori quotidiani nazionali.
 
 Farlo sarà di una banalità sconcertante: basterà incaricare servizi segreti, lobby, logge massoniche o semplici attivisti di nascondere tra le pagine di un blog commenti realizzati ad arte che possano ricadere in qualche modo nei casi previsti dall'Apologia di Reato. Lo si fa di notte. La mattina seguente si fa una segnalazione formale al Ministero degli Interni, e Maroni dirama agli internet provider il dictat: filtrare l'indirizzo IP e il nome di dominio del blog incriminato. Non importa se avete i server alla Casa Bianca, nell'ufficio di Obama, o in Bielorussia. Il filtraggio avviene in Italia, sui DNS - i domain name servers - del vostro fornitore di connettività. A meno che non sappiate impostarvi un proxy anonimo, o sappiate come puntare a domain name server alternativi, dite addio alle voci indipendenti della rete. Data la cultura digitale degli italiani, gli esiti sarebbero certi.

 In Italia la guerra dell'informazione ha due soli schieramenti: il duopolio RaiSet, governato dal PDL-PDmenoElle voluto da Gelli nel suo Piano di Rinascita Democratica, e la Rete. Davide contro Golia. Chi ha provato a fare l'Obama de noi artri, a fare campagna elettorale su internet, ha perso. Ha perso Carlo Costantini in Abruzzo. Ha perso Renato Soru in Sardegna.
 Il motivo è semplice. Negli USA l'80% della popolazione è online. Quasi la metà degli americani tra 12 e i 40 anni legge un blog, e in rete si informa perfino un quarto dei settantenni. Sto dicendo che un quarto dei nonni americani legge un blog! Mio padre non sa usare neppure il mouse...

Percentuale degli americani online per età anagrafica
percentuale di popolazione USA online in base all'età anagrafica.

 In Italia, i navigatori sono poco meno di 28 milioni, ovvero il 58,5% della popolazione (dati audiweb). Solo il 12% legge un blog (fonte eurostat): parliamo del 7% degli italiani, 3.360.000 persone. Negli states invece l'informazione indipendente in rete viene letta da un americano su tre. Ecco perché Obama ha vinto.
 Da noi c'è ancora troppo squilibrio. Nel solo mese di gennaio, la media degli ascolti in prima serata di tutte le reti Rai è stata di 11.505.638 telespettatori. Mediaset ha fatto meglio: 11.087.401. Più di 22 milioni di persone divise tra Vespa e Mentana (fonte Auditel), il quale si è licenziato perchè non trovava giusto non poter fare la maratona Englaro. Io, diversamente, me ne sarei invece andato perchè non si può parlare del conflitto di interessi o del Discepolo 1816, ma sono opinioni.
 
 Se stai leggendo, sei uno di quei fortunati 3.360.000 italiani che si informano anche sui blog. Sei la nostra speranza. Puoi ancora raccontarlo agli altri. Se l'emendamento del Senatore D'Alia dovesse passare anche alla Camera, digitando www.byoblu.com potresti ritrovarti a leggere un messaggio del tuo provider, che ti informa che il sito è stato oscurato perchè non rispetta la normativa italiana in materia di libertà di espressione.

 La strada della libertà è lunga, ma possibile. Dove possa condurre non è ancora così ovvio, tuttavia è chiaro da dove deve partire: dallo stralcio dell'Art.50 bis. Se passa, un giorno racconterete ai vostri figli cosa poteva essere internet, che non è mai diventato.

 Questa è l'ultima frase della Dichiarazione di Indipendenza del Cyberspazio, di John Perry Barlow, che Leonardo Facco cita molto opportunamente nel suo contributo video di apertura del post.

 «Noi creeremo  una  civiltà della Mente nel Ciberspazio.
   Possa essa essere più umana e onesta del mondo che
   i vostri governi hanno prodotto in precedenza
»

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lunedì 16 febbraio 2009

Il Sen. D'Alia tutta la rete si porta via!

Il Sen. D'Alia tutta la rete si porta via!
A cena con Monia Benini

 Il Parlamento ha un nuovo eroe. Un partigiano della resistenza analogica. Un combattente, uno stratega della guerra all'informazione libera. Nome in codice: Gianpiero D'Alia. Copertura: avvocato cassazionista. Ruolo: guastatore. Anzi, cassatore, data la sua qualifica: Sta cercando di cassare la rete.
 Fa parte dei corpi speciali della XVI legislatura. Marciano a suon di emendamenti. Come le reclute di Full Metal Jacket, quando incontrano un blogger cantano tutti in coro: "Senatori siamo noi! E chi cazzo siete voi??". Ne hanno anche una seconda versione, la usano in presenza dei nani e degli psiconani parlamentari, per non metterli a disagio. Si mettono in fila ordinata, uno dietro l'altro, scendono dalle aule brandendo la scure del codice penale e cantano felici: "Senatori noi siam. La RETE disboschiam!". Così Brunetta non si spaventa...

 L'ultimo grido in fatto di armi non convenzionali liberticide è l'emendamento n° 50.0.100 al DDL n. 733 presentato dal Senatore D'Alia.
 «Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato [...] il Ministro dell'interno [...] può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine».

 L'Apologia di reato, ovvero l'esaltare o difendere pubblicamente un'azione riconosciuta come reato dalla legge, si divide in Apologia del Fascismo e Apologia di Delitto, previsto dall'Art 414 del codice penale: «Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o piu' reati e' punito, per il solo fatto dell'istigazione: 1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti. 2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a lire quattrocentomila, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni. [...]».

 Quindi chi manifesta ed esalta pubblicamente la correttezza di atti ritenuti illeciti viene punito. Il solo affermare – o non riconoscere – la validità di talune scelte legislative potrebbe rilevare penalmente quale apologia del delitto.
 Se questo disegno di legge passasse così com'è anche alla Camera, basterebbe che Maroni si infiltrasse tra i commenti di questo post e scrivesse che la pubblicazione delle intercettazioni sui quotidiani è utile e necessaria, per poi diramare l'ordine di oscurare il blog direttamente da Palazzo Chigi dieci minuti dopo, senza nessuna processo preventivo.

 Se al Sen. D'Alia importasse davvero di condannare la mafia, potrebbe redigere un emendamento contro Salvatore Cuffaro, in arte Totò, condannato nel 2008 per favoreggiamento semplice a cosa nostra - un favoreggiamento troppo complicato sarebbe stato difficile anche per lui - a 5 anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici.
 Come premio, oggi fa il senatore della XVI legislatura, nel gruppo UDC dello stesso D'Alia. Tutto regolare: il parlamento non ha pubblici uffici, ma tante piccole comode celle dove i detenuti vip vengono mandati a scontare la pena in virtù del sovraffollamento delle carceri. Lo conferma la durata di una legislatura: cinque anni giusti giusti. Se poi si comportano bene, si fa cadere il governo ed escono tutti prima.

 Nonostante lavori fianco a fianco con chi la mafia l'ha sostenuta fattivamente, D'Alia è preoccupato per i gruppi su Facebook.
 Noi, invece, siamo preoccupati per lui. Se passa il suo emendamento, non saranno virtuali i gruppi di persone che gli manifesteranno simpatia e stima davanti alla casa di reclusione dove lavora.

 Intanto, iniziate a inviargli la lettera aperta di Enzo Di Frenna. Così comincia a schiarirsi le idee.

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giovedì 12 febbraio 2009

La politica del cut&paste

L'oligopolio mediatico in Sardegna
Inchiesta di Eleonora Cipollina sull'informazione in Sardegna

 Il nostro è uno stato sociale, e questa è una società. La stessa parola utilizzata anche per le imprese commerciali. Non a caso...

 In fondo abbiamo un imprenditore brianzolo - uno di Arcore - che si sente a capo dell'azienda di famiglia - cosa nostra - e va emanando Decreti Legge come se fossero circolari. Abbiamo un ufficio del personale che si occupa delle assunzioni e che organizza i colloqui nelle piazze, nei palazzetti, perfino su internet. Come spesso capita, i candidati mentono spudoratamente sulle loro capacità professionali e fingono di poter risolvere qualsiasi cosa. Una volta ottenuto lo stipendio, passano il tempo alle macchinette del caffè, o peggio ancora a scrivere canzoni.
 I contratti, curiosamente, si firmano a Porta a Porta. Ma a differenza di quelli aziendali, quelli elettorali non hanno alcun valore legale. Tanto che nessuno si mette più nemmeno a scriverli. Il programma è una formalità, una seccatura che bisogna fingere di saper redigere, magari facendosi fare il tema dal compagno di banco, quello bravo. Quello che avrebbe dovuto essere assunto al nostro posto se noi non fossimo il solito amico dell'amico, per esempio il figlio del commercialista del capo.

 E dire che mi ero lamentato dell'incapacità dei nostri politici di svolgere semplici operazioni come il drag&drop, o il cut&paste. Mi dovevo stare zitto, maledizione... Mi hanno preso in parola!

 Il programma di Ugo Cappellacci per la Regione Sardegna è un raffinato lavoro d'artigianato locale, intarsiato com'è di perle del pensiero altrui, tra cui si incastonano alla perfezione interi periodi fraseologici. Un mosaico bizantino al confronto pare un collage delle elementari. E' un falso d'autore talmente somigliante ad un'opera originale da meritare di essere collezionata.
 Così l'abbiamo recuperata e resa disponibile esattamente com'era prima che venisse inspiegabilmente sottratta dalla teca originaria dove veniva custodita, ad opera di una squadra di veri professionisti del furto.

 Al fortunato che se ne aggiudicherà una copia, potrà capitare di imbattersi a pagina 46, sotto la voce Agricoltura, nel seguente periodo: «Aumento della dimensione economica delle aziende, contenimento dei costi di produzione, rapporto con il mercato, sburocratizzazione: sono questi gli obiettivi primari da perseguire - che richiedono l'azione forte del prossimo governo - per superare le debolezze strutturali ed organizzative che condizionano il settore e per migliorare l'efficienza aziendale e recuperare competitività».
 Un omaggio che onora e commuove Confagricoltura, che al forum Il Futuro Fertile di Taormina, utilizzava le stesse parole in questo documento.

 Di più, il mosaico omaggia anche la Regione Piemonte, quando a pagina 44, nel capitolo che riguarda la promozione delle reti tecnologiche, si esprime così: «Elaborare un programma pluriennale regionale per dotare la Sardegna di un sistema di connettività a banda larga ampiamente diffuso e combinato a strumenti tecnologici d’avanguardia, che coinvolga pubbliche amministrazioni locali, imprese (in particolare medie e piccole) e cittadini».
 Da apprezzare il lavoro di ricerca del Cappellacci, che non solo ha restaurato un secolare capolavoro semantico dell'alta Padania, ma ha dovuto perfino registrarsi clandestinamente per leggere tutte le informazioni di cui a questo indirizzo è disponibile solo un breve incipit. Per evitarvi di indossare guanti ed elmetto, l'accurattezza della riproduzione cappellacciana si può verificare a questo indirizzo.

 Ma il bello deve ancora venire. A pagina 19 dell'opera integrale del figlio del commercialista di Arcore, il connubio tra visione strategica e prospettiva storica tocca il suo culmine in queste ispirate riflessioni: «Le città infatti sono viste sempre più come: porte dell’internazionalizzazione dei territori; luoghi ove nasce la società della conoscenza (compresenza di università, centri di ricerca e imprese avanzate); luoghi della modernità, dell’innovazione e della creatività (i luoghi in cui il passato incontra il futuro, le competenze e le identità storiche divengono progetto); luoghi ove si rinnova la democrazia, attraverso forme rinnovate di partecipazione».
 Qui l'autore dimostra di conoscere perfino gli atti della prima Conferenza Strategica di una città della sua stessa regione, Cagliari. Roberto Camagni, nel suo intervento sullo scenario nazionale ed internazionale del 2007, si esibiva in un'acrobazia intellettuale di cui si può ammirare la perfetta corrispondenza alla terza slide di questa presentazione.

 Sempre sorretto da invidiabile lungimiraza, in fondo a pagina 16 il nostro così auspicava: «Al fondo dell’intesa tra Regione, Provincia e Comune c’è l’idea che di fronte alla complessità dei temi e dei problemi posti dalla nuova realtà globalizzata e dal governo delle aree urbane complesse, si debbano mettere in campo forme nuove di governo allargato, di interazione tra i soggetti istituzionali e quelli del mondo economico, sociale, culturale e associativo locale. Al fondo di questa proposta c’è l’idea che - di fronte alla complessità dei temi e dei problemi posti dalla nuova realtà globalizzata e dal governo delle aree urbane complesse - si debbano mettere in campo forme nuove di governo allargato, di interazione tra i soggetti istituzionali e quelli del mondo economico, sociale, culturale e associativo locale».
 Dopo il Piemonte, questa volta è il centro Italia ad essere profondamente grato al Cappellacci, per avere fissato ad imperitura memoria le parole, risalenti al 2001, del Protocollo d’intesa tra regione toscana, provincia di firenze e comune di Firenze.

 Tale è il fascino sprigionato dalla Toscana, forse perché culla primordiale della nostra stessa lingua, che l'autore non ha resistito, ed a pagina 15 ha voluto consegnare ai posteri un'altra appropriatissima combinazione grammaticale tratta sempre dallo stesso documento: «La convergenza dei diversi attori locali diventa sempre più uno degli elementi di forza di un territorio. E’ la forma capace di generare quel processo di coagulo delle risorse indispensabile per la competitività strategica nel sistema europeo ed è uno degli strumenti in grado di creare quel tessuto virtuoso essenziale per attrarre risorse e interessi internazionali».

 Del resto, la natura generosa dell'opera cappellacciana può desumersi fin dalle sue prime battute, quando illustrando gli stessi presupposti della sua Proposta di Programma, egli molto argutamente opera una dissezione che lo porta ad identificare tre momenti nella persecuzione della sua personale strategia: «La costruzione di tale strategia di sviluppo poggia su tre momenti principali: il momento identitario, quello del modello di sviluppo e quello istituzionale. La contemporaneità dei tre momenti (identitario, economico ed istituzionale), tuttavia, non deve fare velo sulla necessità che tra essi debba esistere una relazione ordinatrice, per non correre il rischio di sovrapporli e di non capirne appieno la portata e le implicazioni logiche e temporali».
 Gianfranco Sabattini, autore di Capitale Sociale, Crescita e Sviluppo della Sardegna, ha fatto sapere di sentirsi profondamente grato per l'essere stato incluso in un minestrone di plagi talmente omnicomprensivo che il non esservi incluso sarebbe stato giudicato alla stregua di un sopruso.

 E l'ambiente? Già.. l'ambiente. E chi ci aveva pensato, all'ambiente!? Fatemi pensare... Per fortuna avanzano alcune pagine verso la fine. Stamparle o meno non comporta aggravi di costi, e quindi tanto vale dire qualcosina anche su quello. Per esempio a pagina 54 si può iniziare così: «La politica ambientale è caratterizzata da una pervasività particolarmente accentuata che si ripercuote sul piano sociale, economico e politico. Risulta difficile individuare un settore o aspetto, che non sia ricollegabile in qualche modo all’ambiente, proprio perché è all’interno dell’ecosistema che accadono le azioni umane: salute umana, sicurezza, estetica, produzione di alimenti, risorse naturali, sopravvivenza di specie biologiche, attività produttive, occupazione, trasporti, energia, ricerca scientifica, relazioni internazionali, ...»
 Da dove poteva venire un'attenzione così delicata, perspicace ed avveduta? Dal Cappellacci medesimo? Ma nemmeno per sogno. Poteva essere solo una giovane laureanda dell'Università di Bologna, Alessandra Canali, che nell'Anno Accademico 1997/1998 si laureava con la tesi LA POLITICA PER LE AREE PROTETTE IN ITALIA: IL PARCO NAZIONALE DELLE FORESTE CASENTINESI MONTE FALTERONA E CAMPIGNA. E dal capitolo 1.2 - caratteristiche della politica ambientale - , come per magia, ecco saltare fuori il coniglio dal cappello. Anzi dal Cappellaccio!


 Quando ho scritto CTRL-ALT-CANC avevo chiesto ai politici di imparare a fare un cut&paste.
 Qualcuno di loro evidentemente mi ha ascoltato, ma è stato come dare un Kalašnikov in mano a un bambino.

 Ora stanno imparando sulla loro pelle la lezione n°2: la rete non perdona!

Diffondere, Divulgare, Diramare.
Le Tre D che salveranno il mondo!


 P.S. Grazie al nodo della rete regana81 per il suo fondamentale contributo.
 Ringraziatela anche voi iscrivendovi al suo canale YouTube.

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lunedì 9 febbraio 2009

Lo stupro terapeutico

Almodovar: Italia incubo per l'Europa
Comandano Berlusconi e il Papa

 La vita non è un diritto. Non in natura, dove si vive e si muore senza tante cerimonie, e neppure in una società civile, altrimenti morire sarebbe illegale. Tutto ciò che abbiamo è il diritto a non esserne privati arbitrariamente.

 La morte non può a sua volta essere oggetto di alcun diritto. Guardate per terra e scrivete il numero dei sassi che vedete. Se avete scritto zero, siete vittima di un'illusone. O ci sono dei sassi o non ci sono, e se non ci sono non li potete contare. L'assenza è nella percezione di chi confronta il presente con i ricordi. Si può solo morire, ma non essere morti, se non per gli altri.

 La Dichiarazione di Indipendenza americana e la rivoluzione francese sanciscono il diritto alla felicità. Ma una politica così ispirata produce dispotismo, in quanto «prelude al totale controllo paternalistico del governo sulle scelte degli individui» [Kant]. Nell'impossibilità di garantire un diritto, se ne vorrebbe fare un dovere. Il dovere di vivere, che diviene presto il dovere di essere infelici.

 «Su questi casi non penso che sia l'esecutivo a doversene far carico», erano le parole di Silvio Berlusconi solo il 21 dicembre scorso, riferendosi ad Eluana Englaro. E ancora poco tempo fa confessava di «non sapere che cosa fare». La verità è che ci sono ambiti entro i quali giusto e sbagliato divengono vuote categorie morali. Tanto vuote, che a volte accade di assecondare decisioni sofferte, come l'aborto terapeutico al settimo mese di gravidanza di Veronica Berlusconi - oltre i limiti previsti dalla legge -, e di scoprirsi assertori della vita ad ogni costo vent'anni dopo.
 Oggi infatti Berlusconi sa benissimo cosa fare. Come un buon padre di famiglia, o se volete come il despota Kantiano, deve imporre il dovere di vivere. Lui, che si è sempre dichiarato contrario ad uno stato interventista, interviene occupando il Parlamento per promulgare una legge composta di un solo articolo. Una legge contra personam. Contro una donna di 38 anni che morirà tre volte. Una per la sospensione dell'idratazione e dell'alimentazione artificiale, cioè per la cessazione dell'accanimento terapeutico, una per l'inutilità di tale crudeltà quando, ai sensi della nuova legge, si lotterà per restituirla alla sua infelicità, ed una quando finalmente un giorno, come per tutti noi, nessuno potrà più opporsi al suo diritto di morire.

 Che il vero Berlusconi fosse quello che, solo pochi giorni fa, non sapeva cosa fare, lo si deduce anche dalla pochezza delle sue argomentazioni. Qualcuno lo ha sentito dire: «Eluana è in grado di generare un figlio». Come questo potrebbe mai accadere, non lo spiega. Forse ha visto Parla con lei di Pedro Almodovar, e ne è rimasto colpito. Non so se Monsignor Betori sarebbe daccordo con uno stupro terapeutico. Per lui, l'unico atto di vero amore è stato quello delle suore, che «non chiedevano altro che di poter continuare nei gesti dell'amore». L'amore e l'egoismo talvolta si sovrappongono in maniera indefinibile, Monsignor Betori.
 Beppino Englaro, il papà di Eluana, viene dunque esautorato due volte: una dallo stato e una dalla chiesa. O forse, a ben vedere, una volta sola.

 Credevo che la centralità della famiglia fosse uno dei valori fondanti sia per la Costituzione che per la Bibbia. A maggior ragione per questo ibrido da cui siamo governati.

 Avevo capito male.

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sabato 7 febbraio 2009

Google Latitude: stiamo venendo a prenderti!

Google Latitude Big Brother
Stiamo venendo a prenderti!

Istruzioni per l'uso:
   1. guardare il video
   2. sincronizzare l'ascolto con la lettura del testo sottostante.


 Google Latitude Big Brother è una nuova funzionalità di Google Maps del Nuovo Ordine Mondiale che puoi attivare solo su richiesta, e ti consente di condividere la tua posizione con amici e parenti, oltre naturalmente ai server di Mountain View che all'occorrenza potrebbero essere consultati dalla CIA, o magari fornire preziose indicazioni sui tuoi spostamenti, a fini statistici, politici o commerciali (Facebook docet).

 Per iniziare, manda un invito a
metti sotto controllo un amico, o accetta fatti tracciare se vieni invitato. Anche dopo avere accettato gli inviti, continuerai a mantenere il pieno controllo della tua privacy., che non esclude tuttavia la registrazione di tutti i tuoi movimenti nella banca dati del più grande colosso della rete, lo stesso che intercetta tutte le conversazioni di posta elettronica scambiate da e verso gli utenti di Gmail, analizzandone il contenuto a fini commerciali, e conservando tutto in eterno. Al confronto, i tabulati di Genchi sono album di figurine della Panini.

 Vediamo come funziona Google Latitude
Big Brother.
 Accedo al mio account Voi iniziate a pedinarmi, e aggiungo qualche amico dai contatti di Gmail e io inizio a comportarmi come un virus liberticida, cercando di infettare chi mi considerava un amico. Quando i tuoi ex amici accettano l'invito, potrai vederli sul tuo cellulare. E noi inizieremo finalmente a pedinare anche loro.

 Ad esempio: questo è Ali Abdul Karim Nabil Suleiman. A quanto pare, è andato a trovare la sua famiglia al Cairo è andato a bloggare in un parco del Cairo, definendo il Presidente Mubarak un faraone dell'Antico Egitto. Per fortuna, grazie a Google Latitude Big Brother, sapendo dov'era la polizia lo ha arrestato ed è stato condannato a quattro anni di prigione, dopo un processo di soli cinque minuti.

 Alice invece è in Australia, a fare surf come al solito, beata lei!
è andata a trovare tre ragazzi che conosceva da un sacco. In seguito, è venuta a sapere che la MIPI - Music Industry Piracy Investigations - li accusava di scambiare illegalmente brani musicali sulle reti P2P. Siccome erano tra gli amici di Alice su Facebook, e le avevano da poco scritto un messaggio in bacheca invitandola a venirli a trovare, grazie al fatto che Alice aveva installato Google Big Brother sul suo perafonino, la MIPI ha potuto seguire i suoi spostamenti ed è riuscita finalmente ad arrestare i tre delinquenti, con un'operazione di polizia digitale agile e indolore. In punta di click.

 Mamma e papà devono essere finalmente rientrati dalle vacanze. Li avevo sentiti da poco, grazie a GMail. Pensate: mi avevano scritto lamentandosi del fatto che nel villaggio turistico non si vedeva il TG4. Mamma in special modo confessava di non vedere l'ora di sprofondarsi in poltrona e accendere la televisione...
Forse per questo non gli succederà niente, e continueranno in tutta tranquillità la loro vita di sempre, senza alcun fastidio.

 E loro... sono andati a giocare a tennis qui vicino a giocare a "brucia l'indiano" alle panchine della stazione. Magari dopo li raggiungo. Così, mentre informo i miei amici in tempo reale su Twitter, potrei accompagnare all'ospedale gli extracomunitari superstiti - tocca sempre a me rimettere a posto i giocattoli.
 Tra l'altro non so perché, ma è già la seconda volta che mi capita una strana coincidenza. Il medico non fa a tempo a spegnere il clandestino ancora avvolto dalle fiamme, prima di denunciarlo, che già arriva Maroni con un bel decreto di espulsione - come se qualcuno lo avesse già informato. Che faccia parte della nuova politica di riduzione dei consumi energetici? Mettono l'immigrato incandescente alla testa della carovana così non devono accendere le torce per illuminare il sentiero che attraversa il confine...

 Resta in contatto con i tuoi amici Consegna anche tu le ultime informazioni che ancora mancano al sistema sul tuo conto, grazie a Google Latitude Big Brother.

 Per iniziare ad utilizzare il servizio a farti tracciare, visita la pagina google.it/latitude dal browser del tuo telefono, o dal tuo computer.

 Google Latitude Big Brother.
Stiamo venendo a prenderti!

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venerdì 6 febbraio 2009

Sardegna: Candidato regionali oscurato da Facebook

Attenzione:
  In data 7 febbraio, il giorno dopo questo articolo, Facebook ha riattivato l'account di Giovanni Panunzio.
  Sono soddisfatto per il lieto epilogo.

La censura sui Social Network

 Siamo abituati a considerare il web come il più grande spazio di libertà mai apparso dopo l'invenzione del passaparola. Inneggiamo ai grossi social network come YouTube, Facebook, MySpace e alla nuova lampada di Aladino, che non manchiamo di sfregare quotidianamente nella speranza che la nostra chiave di ricerca apra la porta dei nostri desideri: Google. In realtà ci consegniamo mani e piedi ai giganti della rete.

 Quello che non passa in televisione, non esiste. Anche quello che l'azienda di Mountain View non riporta tra i risultati non esiste. Quando Google decide che il tuo sito web non è conforme e smette di indicizzarti, le tue visite crollano. Lo stesso ordinamento dei risultati risponde a precisi algoritmi. Gli algoritmi alzano o abbassano il tuo page rank, e gli algoritmi li fanno gli uomini. I navigatori sono pigri: molti non scrivono neanche più l'indirizzo di un sito nella barra di navigazione. Lo scrivono nel campo di ricerca di Google. Di recente, Google è stato irraggiungibile per buona parte della giornata. Nessuno trovava più niente. E' stato il panico: sembrava fosse scoppiata la terza guerra mondiale.
 Dimmi dove navighi e ti dirò chi sei. Google sa!

 YouTube è il simbolo della rivoluzione mediatica. Siamo passati dall'avere ognuno la propria televisione al fare ognuno la propria televisione. Ci sfidiamo a colpi di visualizzazioni, fieri dello sforzo e della fatica necessari a raggiungere cento, duecento, mille iscritti.
 YouTube siamo noi
. Il contenitore non è niente senza il contenuto. Eppure i canali svaniscono nel nulla, all'improvviso. Spesso senza una spiegazione. Ti colleghi e... puff! Cucù: il tuo profilo non c'è più! Un laconico messaggio ti informa che il tuo canale è stato sospeso per una generica violazione dei termini contrattuali. Se provi a contattare qualcuno, rimbalzi contro un muro di gomma. Non importa quanto lavoro, quanto tempo e quanti soldi ti siano stati necessari per riempire di contenuti il tuo spazio. Non importa quanto valore hai conferito al portale che ti ha ospitato, permettendogli di crescere, di acquisire popolarità e mercato. Non importa quanto sia importante per te la rete di contatti che hai sviluppato grazie al moltiplicarsi di iscritti ed amici. Il tuo asset non vale più niente. Non c'è nessuno con cui tu possa parlare. Hai perso tutto. E' come un videogame: ti fanno fuori e devi ricominciare da zero.

 Facebook è, secondo il Guardian, l'anagrafe della CIA. Firmiamo quotidianamente tonnellate di carta per garantire i nostri dati personali, in piena conformità con la legge sulla privacy. Poi ci consegniamo spontaneamente al più grande sistema di schedatura collettiva mai concepito. Non solo conferiamo tutti i nostri dati anagrafici senza battere ciglio, ma redigiamo una precisa mappa di tutti i nostri amici e di tutti i nostri parenti sparsi ai quattro angoli della Terra. Se un giorno ci venisse mai in mente di scappare, non ci sarà più una sola porta alla quale bussare senza trovare un lampeggiante pronto ad accoglierci. Al confronto, il marchio a fuoco sulla pelle degli ebrei era solo un maldestro esperimento. La Rai sarà costretta a cambiare nome a Chi l'ha visto, che si chiamerà Chi l'ha Taggato! Mi diverto sempre molto quando qualcuno crea un gruppo contro la schedatura di massa... E lo crea su Facebook!
 Ancora una volta, anche qui, il contenitore non è niente senza il contenuto. E ancora una volta, anche qui, il contenuto sparisce senza lasciare traccia. Mesi, anni di lavoro e dedizione per costruire la tua community... Un solo click per vanificare tutto. Nessuno con cui parlare. Porte e finestre sigillate. Se ti agiti, sbatti contro pareti imbottite di materassi.

 I grossi social network sono giocattoli divertenti, ma non affidategli la vostra vita. La libertà, quella vera, passa dai blog, dai nomi di dominio acquistati individualmente, dalle piccole piattaforme di blogging, meglio se gestite autonomamente. Libertà significa potersi gestire in maniera indipendente la propria lista di contatti, significa iscriversi alle newsletter, rispolverare la cara vecchia rubrica, importare gli indirizzi email.

 Dobbiamo imparare a mettere il blog al centro. Per chiudere un blog bisogna metterlo sotto sequestro. Sequestrare un blog fa notizia!
Invece da YouTube, da Facebook, perfino da Google si sparisce troppo facilmente, come sparivano i desaparecidos dalle madri e dalle mogli argentine, cilene, sudamericane.
 Come è sparito l'account di Facebook di Giovanni Panunzio, candidato Italia Dei Valori alle Elezioni Regionali della Sardegna, per la provincia di Cagliari.

  Riporto la lettera che mi ha inviato.

Lettera di Giovanni Panunzio a Byoblu.Com

Caro Messora,

 sono Giovanni Panunzio, fondatore di Telefono Antiplagio, comitato di volontariato che da 15 anni denuncia le truffe dei sedicenti operatori dell'occulto. Sono candidato in Sardegna, nella provincia di Cagliari, con Italia dei Valori.
 
 Fino a lunedi' 2 febbraio ero regolarmente iscritto su Facebook, dove avevo stabilito una serie di contatti molto utili per la mia campagna elettorale, tanto impegnativa quanto parsimoniosa. Credo che in una vera democrazia sia importante la forza delle idee, non del denaro. Ma quando ho pubblicato questo videomessaggio di 2 minuti http://www.youtube.com/watch?v=kSWiuReLN7A, sono stato letteralmente cancellato, senza alcuna spiegazione: non ho svolto alcuna attivita' di spam, ne' ho violato il regolamento di FB. Ho provato a chiedere delucidazioni, ma mi e' arrivata una risposta preconfezionata.

 Non so se e' una coincidenza o se qualcuno si e' attivato per censurarmi; fatto sta che ora, a pochi giorni dalle elezioni, mi ritrovo senza account e senza 600 contatti.
 Questo dovrebbe essere attualmente il mio spazio: www.facebook.com/people/Giovanni-Panunzio/1421304087. Ma, come vedi, appare ''pagina non trovata''. Questa invece e' la mail che ho inviato a Facebook il 2 febbraio, ai recapiti: disabled@facebook.com e warning@facebook.com.

Dear Facebook,
 you have blocked my account for a violation of your rules, indeed i have sent simply some messages to groups where i'm registered.
I did not know that this was not allowed. The system, maybe, has wrongly registered a spam activity. I'm really sorry for this trouble, and i ask you kindly the reactivation of my account.

Giovanni Panunzio telefono@antiplagio.org.


Per chi non sa l'inglese: "Caro Facebook, hai bloccato il mio account per una violazione delle vostre regole. A dire il vero, avevo semplicemente inviato qualche messaggio sui gruppi nei quali ero registrato. Non sapevo che non fosse permesso. Il sistema, forse, ha registrato per errore un'attività di spam. Sono molto dispiaciuto per questo problema, e vi chiedo gentilmente la riattivazione del mio account."

La loro replica non si e' fatta attendere. Ma, visto che mi chiedono di tradurre la mia lettera - gia' in inglese - in inglese, francese, tedesco, spagnolo e turco, e' evidente che e' una risposta automatica:

Hi,
 Unfortunately, at this time Facebook only provides customer support in English, French, German, Spanish, and Turkish.
 Please respond to this email with a translation of your question in one of our supported languages, and we'll respond as soon as possible.
 For security reasons, we also need you to write to us from the login email address associated with your account before we can assist you with your inquiry. We apologize for any inconvenience.
 Thanks for contacting Facebook,
 Fred
 User Operations
 Facebook


 Sarebbe questa la tanto decantata liberta' del web e dei social network? Permettimi di avere seri dubbi.
 Piu' che altro sembra tutto un grande tranello... che ti tiene d'occhio fino a quando non fai qualcosa di scomodo, che e' sempre meglio tagliare: non si sa mai che il manovratore si inalberi!
 LA RETE sta diventando sempre piu' una rete da pesca per chi esprime le proprie opinioni e sempre meno una rete per imbrigliare chi commette reati gravissimi.

 Ti ringrazio e ti faccio i miei complimenti.
 Giovanni Panunzio

panunzio@email.it
338.8385999

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giovedì 5 febbraio 2009

Il Diritto di Rettifica nel Web 2.0: trackback e blog reactions

Il diritto di rettifica nel Web 2.0
Contro il DDL 1415: trackbacks e blog reactions


 Non capisco più se lo fanno apposta o se davvero sono ignoranti. Inizio a propendere per la seconda ipotesi. Mentre Facebook e i social networks hanno ormai più iscritti delle anagrafi comunali, i nostri legislatori ragionano come se Garibaldi fosse appena salpato dallo scoglio di Quarto.

 Nel DDL 1415, al secolo il Disegno Di Legge sulle Intercettazioni, non bastava fare in modo che i delinquenti potessero parlare indisturbati, no. Serviva anche chiudere la bocca alle persone per bene.
 Alfano non ci ha dormito la notte: questa rete non s'ha da fare! Per fortuna ne sa una più del diavolo e così, fatto l'inganno trovata la legge! Per la precisione, basta che all'Art.15 si inserisca anche per i siti informatici l'obbligo di Rettifica entro 48 ore. Pena: una sanzione pari a 25 milioni delle vecchie lire.
 Ecco nel dettaglio la pensata geniale: «Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono».

 Il Diritto di Rettifica è una norma che impone alla stampa di dare spazio a una smentita o ad una precisazione se qualcuno ritiene lesive o scorrette le informazioni pubblicate in un articolo. Sacrosanto. Qualcuno dovrebbe però farsi carico di prendere Alfano e i suoi consiglieri, sequestrarli e condannarli al blogging forzato per almeno sei mesi. Devono partire dall'ABC. Imparare come si attacca un cavo di rete, imparare a cliccare col tasto destro. Poi, quando saranno più maturi, potranno installare un feed reader e magari, ma solo i più meritevoli, aprire un piccolo blog per bambini. Magari con funzioni limitate per non fare danni.

 A corso ultimato, capirebbero che un blog non è un giornale. Che un blogger sano di mente - a parte me - non può stare davanti al computer 24 ore al giorno, e che non ha uno staff che legga le email al posto suo e curi la redazione quando lui va in vacanza oppure deve lavorare. Se un blogger rischia di prendersi 13.000 euro di multa solo per essersi fatto un week-end con la sua fidanzata, non avendo lo stipendio di un parlamentare e neppure gli introiti del Corriere Della Sera, chiude il blog e spegne il monitor.
 Cari onorevoli, quando fate una legge che impatta sulla rete, chiedete a noi. Non c'è bisogno di parlare con un'associazione di hacker: anche un bambino delle elementari ormai al confronto di un legislatore è un vero esperto. Lo pagate quattro caramelle e lui vi spiega che il Diritto di Rettifica sul Web 2.0 non ha più nessun significato.

 Forza, ragazzi, tutti insieme: proviamo a spiegarglielo.

 Il resto dell'articolo sarà disponibile a breve.
Intanto guardatevi il video.


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martedì 3 febbraio 2009

Il protezionismo degli inglesi.

Sangue, sudore e lacrime
L'incubo degli immigrati nel Golfo (in inglese)

Segnalazioni:

  Dubai è venuta su grazie a un esercito di schiavi provenienti dal Pakistan, dal Nepal, dal Bangladesh, dall'India... Per anni, oltre la metà della produzione mondiale di cemento è stata destinata alla capitale dell'omonimo emirato, per colonizzare una striscia di sabbia dove fino a trent'anni fa c'era solo qualche comunità di beduini pescatori di perle. Lo scopo era farne un luogo elitario, un paradiso fiscale dove gareggiare per la struttura più fantascientifica, la residenza più elitaria. Dietro ai ricchi sceicchi, ben pasciuti ma con scarse conoscenze, la mano degli inglesi colonialisti, che pur avendo formalmente abbandonato la guida del paese in favore degli arabi locali, hanno di fatto sempre esteso la loro longa manu dietro a tutte le scelte strategiche e le manovre economiche.
 Nel Golfo Persico, presidiato dalle portaerei americane, hanno costruito isole a forma di palma, collegate alla costa grazie a tunnel sotterranei e disseminate di ville lungo le fronde artificiali, ognuna con il suo piccolo porto, ognuna con la sua piccola barchetta per andare a lavorare remando. In soli 18 mesi - il tempo che in Italia ci si mette per richiedere una visura catastale -  sorgevano interi quartieri. Vere e proprie mini città composte da decine di grattacieli, attraversate da canali ispirati a Venezia per andare a lavorare in gondola.
 Ora a lavorare non ci si va più neppure là, nè in barchetta nè in gondola. Il prezzo delle case è crollato, gli investimenti hanno perso oltre la metà del loro valore. Chi ha speso un milione di dollari per avere l'ultimo appartamentino dell'ultimo grattacielo nell'ultimo quartiere a tema, oggi non riesce a venderlo neppure per 500.000 miseri dollari.

 Gli schiavi asiatici venivano pagati pochi dirham. Un dirham corrispondeva a circa venti centesimi. Al loro arrivo all'aeroporto, veniva sottratto loro il passaporto e venivano condotti in zone residenziali protette, ai margini della città. Veri e propri ghetti dove si dorme tutti in una stanza, con lunghi ballatoi comuni, dai quali uscire solo per andare a lavorare. Questo, nei depliant delle agenzie di viaggi non ve lo faranno mai vedere. Io invece, ho visto mille volte il sorgere del sole dietro alle dune del deserto, mentre lunghe file di operai pakistani, nepalesi, del Bangladesh in tuta blu ed elmetto giallo, attendevano silenziosamente e ordinatamente l'arrivo del loro autobus. Un autobus con le inferriate alle finestre. Lavoravano 24 ore su 24, divisi in turni massacranti di 12 ore l'uno, a qualsiasi ora della notte e del giorno, anche  sotto un sole spietato che da maggio a novembre porta la temperatura a non meno di 50 - 60 gradi centigradi. Riunirsi in sindacati era illegale. Chi lo faceva, andava in galera. Ogni tanto qualcuno moriva, ucciso da un colpo di calore. Così noi occidentali potevamo andare a lavorare in gondola.
 Era il 2005. Il protettorato inglese sfruttava gli schiavi dell'Asia. Privandoli di ogni diritto. Pagandoli meno di un tozzo di pane.

 Oggi, nel 2009, L'Irem Spa ha vinto un appalto nel Lincolnshire per effettuare dei lavori in una raffineria della Total, la Lindsey Oil Refinery. Ha battuto diversi competitor locali e un paio di sfidanti europee. Per Giovanni Musso, vicepresidente della Irem Spa di Siracusa, si tratta di un piccolo lavoro. 17 milioni di euro per una società con un volume d'affari da 22 milioni. Quattro mesi di tempo per terminare i lavori. Nel contratto, firmato con la Jacobs, è specificato che Irem deve avvalersi del suo personale specializzato.
 
 E qui casca l'asino. Per fare manutenzione nell'aeroporto di Dubai, sulle piste infuocate di asfalto che raggiungono temperature da altoforno, ci si manda un operaio indiano, dopo avergli fatto firmare un contratto dove egli dichiara sotto la sua responsabilità di rischiare la pelle per sua scelta. Nessuno, in fondo, gli chiederebbe mai di andare a riparare un flap sotto l'ala di un aereo con una temperatura di 60° all'ombra. Se lo fa, se l'è cercata! Se invece bisogna lavorare in una moderna raffineria nel Lincolnshire, con tutte le tutele del caso, allora si diventa improvvisamente protezionisti e non si vogliono extracomunitari intorno. Gli extracomunitari siamo noi. Chiunque sia stato in Inghilterra anche solo in vacanza sa di quale reputazione godiamo. Una volta, in un Mac Donald all'aeroporto di Stansted, dimenticai di lasciare una lauta mancia. Il cameriere se ne andò stizzito, bofonchiando italiano bastardo. Secondo alcuni operai inglesi, gli italiani "fanno errori e ignorano le norme di sicurezza". Siamo i terroni d'Europa, e non solo per gli inglesi.

 Da noi invece c'è chi fa il protezionista con i nordafricani: i pomodori vogliamo raccoglierceli da soli. Roberto Cota, capogruppo della Lega alla Camera, non ha dubbi nel merito: «Hanno ragione gli operai inglesi a scioperare contro gli italiani, è solo questione di tempo e poi accadrà anche in Veneto».
 Dopo le dichiarazioni di Cota, negli empori da Mestre a Pordenone hanno già iniziato a vendere il kit per bruciare extracomunitari sulle panchine. Sta negli scaffali insieme agli insetticidi e al veleno per topi.
 Lo slogan è: Nettuno ti può giudicare.

Ricevo e pubblico la lettera di Franco, dall'Inghilterra.

Caro Claudio,

io sono un italiano che vive in Inghilterra e vorrei spiegare qualcosa circa ciò che sta avvenendo qui in questi giorni. I lavoratori inglesi protestano (e la cosa si sta diffondendo parecchio) contro il fatto che alcuni lavoratori italiani verranno a lavorare per la Total togliendo il lavoro agli inglesi. Vorrei spiegare come secondo me i media (sia qui ma sopratutto in Italia) stiano alimentando una guerra tra i poveri (i lavoratori) nascondendo il vero problema: IL LAVORO SOTTOPAGATO IN ITALIA! Questa è infatti la mia esperienza; io ho dovuto venire a lavorare qui in quanto nel mio lavoro in Italia (sono un tecnico impiegato) guadagnavo LA META' (con tutte le compensazioni ed il cambio attuale con la sterlina) di quanto guadagnassi qui per fare lo stesso lavoro!!
Questo è il vero problema: gli inglesi sono pagati il giusto, ma alla Total trovando manodopera come minimo dello stesso livello pagata molto meno, faranno lavorare gli italiani. Così gli inglesi protestano e fanno scioperi (adeguatamente appoggiati dai loro sindacati al contrario di quanto avviene in Italia). Certo il loro slogan è “british job for british workers” (slogan che piacerebbe tanto a bossi and company) ma il problema vero è che I LAVORATORI ITALIANI DOVREBBERO GUADAGNARE COME QUELLI INGLESI (e non viceversa come preferirebbero le multinazionali tipo la Tolal…). Il problema al contrario di quanto pensano i lavoratori inglesi è in Italia (grazie a mafia, istituzioni mafiosizzatesi, casta politica ecc. ecc.) e noi lo stiamo esportando in maniera tale che anche gli inglesi non arrivino alla quarta (o terza) settimana. Bisognerebbe che qualche migliaio di questi lavoratori che scioperano, incazzati e consapevoli, vadano in Italia ed insegnino (o rinfreschino la memoria) ai nostri sindacalisti.
Ma soprattutto bisognerebbe risvegliare gli italiani dalla loro ipnosi media(se)tica; e siccome è provato essere impossibile dall’Italia propongo di RIPRISTINARE “RADIO LONDRA”; come durante la guerra la BBC dovrebbe insinuarsi tra le frequenze, stavolta televisive, italiane e dare un pò di informazione libera (facendo per esempio vedere come si fa uno sciopero).

Franco

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