le intuizioni ovvie di claudio messora

lunedì 9 febbraio 2009

Lo stupro terapeutico

Almodovar: Italia incubo per l'Europa
Comandano Berlusconi e il Papa

 La vita non è un diritto. Non in natura, dove si vive e si muore senza tante cerimonie, e neppure in una società civile, altrimenti morire sarebbe illegale. Tutto ciò che abbiamo è il diritto a non esserne privati arbitrariamente.

 La morte non può a sua volta essere oggetto di alcun diritto. Guardate per terra e scrivete il numero dei sassi che vedete. Se avete scritto zero, siete vittima di un'illusone. O ci sono dei sassi o non ci sono, e se non ci sono non li potete contare. L'assenza è nella percezione di chi confronta il presente con i ricordi. Si può solo morire, ma non essere morti, se non per gli altri.

 La Dichiarazione di Indipendenza americana e la rivoluzione francese sanciscono il diritto alla felicità. Ma una politica così ispirata produce dispotismo, in quanto «prelude al totale controllo paternalistico del governo sulle scelte degli individui» [Kant]. Nell'impossibilità di garantire un diritto, se ne vorrebbe fare un dovere. Il dovere di vivere, che diviene presto il dovere di essere infelici.

 «Su questi casi non penso che sia l'esecutivo a doversene far carico», erano le parole di Silvio Berlusconi solo il 21 dicembre scorso, riferendosi ad Eluana Englaro. E ancora poco tempo fa confessava di «non sapere che cosa fare». La verità è che ci sono ambiti entro i quali giusto e sbagliato divengono vuote categorie morali. Tanto vuote, che a volte accade di assecondare decisioni sofferte, come l'aborto terapeutico al settimo mese di gravidanza di Veronica Berlusconi - oltre i limiti previsti dalla legge -, e di scoprirsi assertori della vita ad ogni costo vent'anni dopo.
 Oggi infatti Berlusconi sa benissimo cosa fare. Come un buon padre di famiglia, o se volete come il despota Kantiano, deve imporre il dovere di vivere. Lui, che si è sempre dichiarato contrario ad uno stato interventista, interviene occupando il Parlamento per promulgare una legge composta di un solo articolo. Una legge contra personam. Contro una donna di 38 anni che morirà tre volte. Una per la sospensione dell'idratazione e dell'alimentazione artificiale, cioè per la cessazione dell'accanimento terapeutico, una per l'inutilità di tale crudeltà quando, ai sensi della nuova legge, si lotterà per restituirla alla sua infelicità, ed una quando finalmente un giorno, come per tutti noi, nessuno potrà più opporsi al suo diritto di morire.

 Che il vero Berlusconi fosse quello che, solo pochi giorni fa, non sapeva cosa fare, lo si deduce anche dalla pochezza delle sue argomentazioni. Qualcuno lo ha sentito dire: «Eluana è in grado di generare un figlio». Come questo potrebbe mai accadere, non lo spiega. Forse ha visto Parla con lei di Pedro Almodovar, e ne è rimasto colpito. Non so se Monsignor Betori sarebbe daccordo con uno stupro terapeutico. Per lui, l'unico atto di vero amore è stato quello delle suore, che «non chiedevano altro che di poter continuare nei gesti dell'amore». L'amore e l'egoismo talvolta si sovrappongono in maniera indefinibile, Monsignor Betori.
 Beppino Englaro, il papà di Eluana, viene dunque esautorato due volte: una dallo stato e una dalla chiesa. O forse, a ben vedere, una volta sola.

 Credevo che la centralità della famiglia fosse uno dei valori fondanti sia per la Costituzione che per la Bibbia. A maggior ragione per questo ibrido da cui siamo governati.

 Avevo capito male.

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