le intuizioni ovvie di claudio messora

martedì 3 febbraio 2009

Il protezionismo degli inglesi.

Sangue, sudore e lacrime
L'incubo degli immigrati nel Golfo (in inglese)

Segnalazioni:

  Dubai è venuta su grazie a un esercito di schiavi provenienti dal Pakistan, dal Nepal, dal Bangladesh, dall'India... Per anni, oltre la metà della produzione mondiale di cemento è stata destinata alla capitale dell'omonimo emirato, per colonizzare una striscia di sabbia dove fino a trent'anni fa c'era solo qualche comunità di beduini pescatori di perle. Lo scopo era farne un luogo elitario, un paradiso fiscale dove gareggiare per la struttura più fantascientifica, la residenza più elitaria. Dietro ai ricchi sceicchi, ben pasciuti ma con scarse conoscenze, la mano degli inglesi colonialisti, che pur avendo formalmente abbandonato la guida del paese in favore degli arabi locali, hanno di fatto sempre esteso la loro longa manu dietro a tutte le scelte strategiche e le manovre economiche.
 Nel Golfo Persico, presidiato dalle portaerei americane, hanno costruito isole a forma di palma, collegate alla costa grazie a tunnel sotterranei e disseminate di ville lungo le fronde artificiali, ognuna con il suo piccolo porto, ognuna con la sua piccola barchetta per andare a lavorare remando. In soli 18 mesi - il tempo che in Italia ci si mette per richiedere una visura catastale -  sorgevano interi quartieri. Vere e proprie mini città composte da decine di grattacieli, attraversate da canali ispirati a Venezia per andare a lavorare in gondola.
 Ora a lavorare non ci si va più neppure là, nè in barchetta nè in gondola. Il prezzo delle case è crollato, gli investimenti hanno perso oltre la metà del loro valore. Chi ha speso un milione di dollari per avere l'ultimo appartamentino dell'ultimo grattacielo nell'ultimo quartiere a tema, oggi non riesce a venderlo neppure per 500.000 miseri dollari.

 Gli schiavi asiatici venivano pagati pochi dirham. Un dirham corrispondeva a circa venti centesimi. Al loro arrivo all'aeroporto, veniva sottratto loro il passaporto e venivano condotti in zone residenziali protette, ai margini della città. Veri e propri ghetti dove si dorme tutti in una stanza, con lunghi ballatoi comuni, dai quali uscire solo per andare a lavorare. Questo, nei depliant delle agenzie di viaggi non ve lo faranno mai vedere. Io invece, ho visto mille volte il sorgere del sole dietro alle dune del deserto, mentre lunghe file di operai pakistani, nepalesi, del Bangladesh in tuta blu ed elmetto giallo, attendevano silenziosamente e ordinatamente l'arrivo del loro autobus. Un autobus con le inferriate alle finestre. Lavoravano 24 ore su 24, divisi in turni massacranti di 12 ore l'uno, a qualsiasi ora della notte e del giorno, anche  sotto un sole spietato che da maggio a novembre porta la temperatura a non meno di 50 - 60 gradi centigradi. Riunirsi in sindacati era illegale. Chi lo faceva, andava in galera. Ogni tanto qualcuno moriva, ucciso da un colpo di calore. Così noi occidentali potevamo andare a lavorare in gondola.
 Era il 2005. Il protettorato inglese sfruttava gli schiavi dell'Asia. Privandoli di ogni diritto. Pagandoli meno di un tozzo di pane.

 Oggi, nel 2009, L'Irem Spa ha vinto un appalto nel Lincolnshire per effettuare dei lavori in una raffineria della Total, la Lindsey Oil Refinery. Ha battuto diversi competitor locali e un paio di sfidanti europee. Per Giovanni Musso, vicepresidente della Irem Spa di Siracusa, si tratta di un piccolo lavoro. 17 milioni di euro per una società con un volume d'affari da 22 milioni. Quattro mesi di tempo per terminare i lavori. Nel contratto, firmato con la Jacobs, è specificato che Irem deve avvalersi del suo personale specializzato.
 
 E qui casca l'asino. Per fare manutenzione nell'aeroporto di Dubai, sulle piste infuocate di asfalto che raggiungono temperature da altoforno, ci si manda un operaio indiano, dopo avergli fatto firmare un contratto dove egli dichiara sotto la sua responsabilità di rischiare la pelle per sua scelta. Nessuno, in fondo, gli chiederebbe mai di andare a riparare un flap sotto l'ala di un aereo con una temperatura di 60° all'ombra. Se lo fa, se l'è cercata! Se invece bisogna lavorare in una moderna raffineria nel Lincolnshire, con tutte le tutele del caso, allora si diventa improvvisamente protezionisti e non si vogliono extracomunitari intorno. Gli extracomunitari siamo noi. Chiunque sia stato in Inghilterra anche solo in vacanza sa di quale reputazione godiamo. Una volta, in un Mac Donald all'aeroporto di Stansted, dimenticai di lasciare una lauta mancia. Il cameriere se ne andò stizzito, bofonchiando italiano bastardo. Secondo alcuni operai inglesi, gli italiani "fanno errori e ignorano le norme di sicurezza". Siamo i terroni d'Europa, e non solo per gli inglesi.

 Da noi invece c'è chi fa il protezionista con i nordafricani: i pomodori vogliamo raccoglierceli da soli. Roberto Cota, capogruppo della Lega alla Camera, non ha dubbi nel merito: «Hanno ragione gli operai inglesi a scioperare contro gli italiani, è solo questione di tempo e poi accadrà anche in Veneto».
 Dopo le dichiarazioni di Cota, negli empori da Mestre a Pordenone hanno già iniziato a vendere il kit per bruciare extracomunitari sulle panchine. Sta negli scaffali insieme agli insetticidi e al veleno per topi.
 Lo slogan è: Nettuno ti può giudicare.

Ricevo e pubblico la lettera di Franco, dall'Inghilterra.

Caro Claudio,

io sono un italiano che vive in Inghilterra e vorrei spiegare qualcosa circa ciò che sta avvenendo qui in questi giorni. I lavoratori inglesi protestano (e la cosa si sta diffondendo parecchio) contro il fatto che alcuni lavoratori italiani verranno a lavorare per la Total togliendo il lavoro agli inglesi. Vorrei spiegare come secondo me i media (sia qui ma sopratutto in Italia) stiano alimentando una guerra tra i poveri (i lavoratori) nascondendo il vero problema: IL LAVORO SOTTOPAGATO IN ITALIA! Questa è infatti la mia esperienza; io ho dovuto venire a lavorare qui in quanto nel mio lavoro in Italia (sono un tecnico impiegato) guadagnavo LA META' (con tutte le compensazioni ed il cambio attuale con la sterlina) di quanto guadagnassi qui per fare lo stesso lavoro!!
Questo è il vero problema: gli inglesi sono pagati il giusto, ma alla Total trovando manodopera come minimo dello stesso livello pagata molto meno, faranno lavorare gli italiani. Così gli inglesi protestano e fanno scioperi (adeguatamente appoggiati dai loro sindacati al contrario di quanto avviene in Italia). Certo il loro slogan è “british job for british workers” (slogan che piacerebbe tanto a bossi and company) ma il problema vero è che I LAVORATORI ITALIANI DOVREBBERO GUADAGNARE COME QUELLI INGLESI (e non viceversa come preferirebbero le multinazionali tipo la Tolal…). Il problema al contrario di quanto pensano i lavoratori inglesi è in Italia (grazie a mafia, istituzioni mafiosizzatesi, casta politica ecc. ecc.) e noi lo stiamo esportando in maniera tale che anche gli inglesi non arrivino alla quarta (o terza) settimana. Bisognerebbe che qualche migliaio di questi lavoratori che scioperano, incazzati e consapevoli, vadano in Italia ed insegnino (o rinfreschino la memoria) ai nostri sindacalisti.
Ma soprattutto bisognerebbe risvegliare gli italiani dalla loro ipnosi media(se)tica; e siccome è provato essere impossibile dall’Italia propongo di RIPRISTINARE “RADIO LONDRA”; come durante la guerra la BBC dovrebbe insinuarsi tra le frequenze, stavolta televisive, italiane e dare un pò di informazione libera (facendo per esempio vedere come si fa uno sciopero).

Franco

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