le intuizioni ovvie di claudio messora

martedì 23 ottobre 2007

Veltroni, le piace vincere facile?

Alle primarie del PD, Walter Veltroni ha portato a casa il 75% dei voti. Ma il Partito Democratico ha davvero iniziato democraticamente il suo percorso istituzionale?

Le primarie sono un simbolo. Una delle poche occasioni rimaste, in questa democrazia indiretta all'italiana, di rappresentare davvero la volontà dei cittadini. No, anzi: della gente. I cittadini sono roba da polis, fanno tanto antica grecia. La gente invece siamo noi, voi; sei tu e sono io.

Se avete seguito il wiki-video sulla democrazia, Democrazia for dummies, siete consapevoli che tra i princìpi su cui si fonda ogni democrazia moderna ci sono la pluralità e la completezza dell'informazione. Scelte basate su informazioni parziali o falsate, sono scelte sbagliate.

Non è difficile quindi smascherare il meccanismo con cui la macchina mediatica ha distorto l'opinione pubblica attraverso la rappresentazione faziosa, parziale della realtà. Lo spirito del Quarto Potere si è manifestato in tutta la sua potenza manipolatrice.

Basta una semplice considerazione: quante volte avete visto Veltroni in televisione durante la campagna per le primarie? Dieci, venti, cento? E che ne so! direte voi. Però l'avete visto.
Ora ditemi: quante volte avete visto Mario Adinolfi? Come chi é? Ecco, appunto! Stesso discorso vale per Piergiorgio Gawronsky, per Enrico Letta e perfino per Rosy Bindi
Signor Veltroni, potrebbe spiegare agli italiani con quale criterio il PD ha organizzato la tribuna elettorale dei suoi candidati? Distinguiamo tra due possibilità:

  1. Gli slot mediatici sono stati assegnati da logiche interne di partito.
    Allora si può asserire che il PD abbia deliberatamente adombrato quattro candidati su cinque, e che meglio avrebbe fatto dunque a chiamarsi PO, Partito Oligarchico.
  2. Gli spazi pubblici e privati sono stati riempiti da ogni candidato a seconda della capacità delle proprie tasche, in autofinanziamento.
    Allora il risultato di queste primarie non é valido, perché non é frutto di informazione corretta e completa, ma di compravendita mercenaria. Una buona scelta, democratica, non può essere il candidato che può permettersi di pagare gli spazi televisivi, ma il candidato migliore. E per valutare il candidato migliore ho bisogno di raffrontare i contenuti delle proposte, presentati uno per uno in egual misura.

Caro Veltroni, se io vado al mercato della frutta, la mia libertà di scelta é tale quando tutte le mele sono esposte sul bancone. Se invece vedo una mela sola, bella, lucida, e le altre sono finite, o sono nascoste da altre cassette, oppure ancora sono piene di terra, quale scelta sarebbe mai la mia?

Le primarie sono state una farsa mediatica, allestita per cercare di riciclare materiale di scarto facendolo passare per nuovo. il Partito Democratico è solo l'ennesimo tentativo di rimescolare le carte, riproponendo i medesimi burattinai ad orchestrare le stesse marionette di sempre.

Gli italiani, la gente, questa volta vuole cambiare davvero, e questo cambiamento non verrà né da destra né da sinistra.

Il cambiamento che vogliamo verrà da dentro.

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lunedì 15 ottobre 2007

Esiste davvero la Democrazia in Italia?

Si fa un gran parlare di democrazia. Tutti la invocano, a ragione o a sproposito.
Ci sentiamo di buon grado cittadini di una modernità che ha superato vecchie iniquità sociali, perlomeno quelle più vistose. Non esiste più la schiavitù, sono abolite le distinzioni sociali, la nascita ha meno importanza dei meriti...
Ma siamo proprio sicuri? Proviamo a dare un'occhiata sotto al cofano.

Democrazia for dummies




Le origini


aristotele Aristotele diceva che ci sono tre forme sane di governo: la monarchia, l'aristocrazia e la politìa. Ognuna di esse poteva degenerare nella sua equivalente forma corrotta. La monarchia poteva degenerare in tirannide; l'aristocrazia rischiava di scivolare nell'oligarchia, e la politìa (udite udite) poteva finire miseramente in democrazia.
Alt! La nostra cara democrazia sarebbe una forma degenerata di governo? Com'è possibile? Indaghiamo.




La monarchia (governo di uno solo).


La monarchia sappiamo cos'è. Considerata la prima forma di buon governo, la ritroviamo già al tempo degli Assiri, dei Babilonesi e degli Egizi, dove il monarca era considerato una vera e propria divinità, emanazione di una casta superiore, regnante per volontà stessa di Dio, talvolta Dio stesso. I suoi successori venivano scelti in via ereditaria, i suoi poteri erano assoluti e indiscutibili. Insomma il monarca era uno con cui era meglio non mettersi a discutere.


Anche per i romani l'imperatore regnava per diritto divino, ma il suo successore poteva essere scelto anche in maniera elettiva, a seconda delle convenienze politiche, e in ogni caso il Senato ne controbilanciava i poteri. I barbari, invece, erano molto più pratici e individualisti. Inizialmente il re era tale perchè comandava il corpo millitare; solo in seguito si trasformò anche in una guida politica. Con Carlo Magno ecco tuttavia riapparire il concetto di investitura divina, ma grande potere avevano anche i nobili proprietari terrieri. D'altronde non esiste tetto che non sia sostenuto dalle travi.

Mano a mano che la complessità del tessuto sociale cresceva, ecco che in Francia, in Spagna e in Inghilterra appare la monarchia assoluta, dove il monarca ha pieni poteri ma è anche abile equilibrista nel tutelare gli interessi della nobiltà, della borghesia, dei centri cittadini, dei feudi che ancora regnano nelle campagne. Insomma il re gestisce l'apparato burocratico, fa da arbitro e controlla un forte esercito centrale a tutela dei sudditi. Oggi resistono ancora poche monarchie assolute: in Europa c'è solo il Vaticano (che però è una monarchia assoluta elettiva - il papa viene eletto dai Cardinali), nel vicino medio oriente c'è l'Arabia Saudita. Poco altro.

L'inghilterra è la prima a dotarsi di una carta costituzionale, la Magna Cartha, aprendo così l'era della monarchia costituzionale, dove il potere del re è limitato da quello dei parlamenti.

La monarchia sembra una brutta cosa, ma evita anche molti problemi. Affidando ad una sola persona le decisioni, si evitano infatti discussioni infinite e immobilismi continui (pensate ai sindacati). Ma cosa succede quando il monarca, colto da manie di grandezza, non riesce più a contenersi e vuole fare tutto da solo?
Ce lo spiega Vittorio Alfieri in Della Tirannide: « Tirannide indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.».


La tirannide solitamente è esercitata da una sola persona, altrimenti detta despota, o dittatore. In alcuni casi i tiranni sono più di uno: famoso il governo dei trenta tiranni, che vide la luce ad Atene nel 404 a.c.




L'aristocrazia (governo dei migliori).


Con l'aristocrazia si comincia a ragionare. Il governo non è più affidato ad una sola persona, con il rischio di ritrovarsi un tiranno, ma è suddiviso tra più persone. Chi? Semplice: le persone migliori. Aristos in greco significa nobile, e nobile significa onorevole (vi dice niente?). Quindi la cosa pubblica è affidata ai migliori. Bene. Anzi, ottimo!
Al tempo!
La monarchia costituzionale, che abbiamo visto prima, può essere considerata una forma di aristocrazia: il parlamento che controlla il monarca era infatti composto da soli nobili, i quali avevano dunque il potere di controllare lo stato. La classe nobiliare era quindi il cuore dell'aristocrazia stessa, erano i migliori (i nobili, gli onorevoli) ad avere la possibilità di influenzare le decisioni del governo, di controllare lo stato.


La Costituzione Italiana, nel 1948, ha abrogato il valore civile dei titoli nobiliari, ma questo non significa che la nobilità, con il suo potere di esercitare una fortissima influenza, abbia all'improvviso cessato di esistere.


Ma, se la nobiltà come casta sociale esiste ancora, chi sarebbero allora i nobili di oggi?
Abbiamo detto che nobile significa onorevole e che i nobili siedevano in parlamento, allora i primi indiziati sono i nostri onorevoli. Mastella, D'Alema, Bertinotti, Berlusconi: eccoli qui, i nostri primi esponenti di una classe sociale privilegiata! E non solo loro, ovviamente, ma tutti quei personaggi che siamo abituati a vedere in televisione, di cui leggiamo quotidianamente sui giornali, che indirizzano il pensiero delle masse, che orientano il corso politico della Repubblica con l'esercizio dell'autorevolezza che viene loro dalle apparizioni pubbliche nei salotti del duemila (Porta a Porta, Matrix, il Costanzo Show), che comprano consensi con il potere di scambio che gli viene dall'equilibrio dei poteri forti, dalla difesa degli interessi reciproci. I nobili, gli onorevoli, gli aristocratici di oggi sono i vari Mentana, Sgarbi, Ferrara, Della Valle, Montezemolo, Vespa, Feltri, i criminologhi, gli psicologi con il dono dell'ubiquità, onnipresenti su più talk shows contemporanei ...la lista fatela pure voi. Sono quelli che spesso hanno famiglie facoltose, influenti: pochissimi entrano nell'elite partendo dal nulla.
Del resto anche il retroterra culturale li avvantaggia. Sono quelli che hanno accesso alle feste più esclusive. Quelli che si fanno mandare le cravatte su misura due volte l'anno (poi gliele rubano, come è successo al Presidente della Camera). Quelli con cui per quanti sforzi facciate non riuscite a parlare, se non per un'atto di clemenza e per pochi brevi istanti di cui serberete il ricordo a lungo. Sono quelli che fanno tutto, ricoprono tutti gli incarichi, danno opinioni su qualsiasi cosa, sono esperti di tutto e sembra che abbiano una cultura e una sensibilità illimitate. Sono quelli che prendono i voli di stato con familiari e amici, quelli che ordinano una cassa di pesce fresco e se la fanno recapitare per cena con un'aereo della Guardia di Finanza. Sono quelli che fanno una telefonata e tutti si mettono a disposizione. Insomma, avete capito.
Del resto, è Salvatore Quasimodo, nel suo discorso al Nobel per la letteratura, nel 1959, a dire: "Ma, a sua volta, è libero il politico? No. Infatti, sono le caste che lo assediano che decidono le sorti di una società e agiscono anche sul dittatore. Intorno a questi due protagonisti della storia non liberi e avversari circolano e si avventano le passioni e non c’è quiete che durante una rivoluzione o una guerra: la prima portatrice di ordine e l’altra di confusione."


Si presuppone che un'aristocrazia, visto che governa in quanto composta dagli individui migliori, ovvero i più colti, i più preparati ad affrontare questioni complesse, sia una buona soluzione per la guida di uno stato. Ma quel'è il lato B, la faccia nascosta della luna?
L'Aristocrazia può degenerare in oligarchia, ovvero un governo non dei migliori, ma un governo di una minoranza, di pochi. Nella tradizione del pensiero filosofico greco l'oligarchia è una forma di governo cattiva, perché "quei pochi esercitano il potere indebitamente, o in quanto non ne hanno il diritto o in quanto lo fanno violando le leggi o, infine, in quanto lo esercitano favorendo gli interessi particolaristici a scapito di quelli della comunità".


Seguitemi che siamo quasi alla fine




Politìa (governo di molti).


Ecco che ci avviciniamo alla nostra meta. Ne sento già il profumo. Ma prima bisogna passare alla politìa.
La politìa mette finalmente il potere nelle mani del popolo, ma non proprio di tutto il popolo. Diciamo di un terzo del popolo, ovvero di tutti gli abitanti che non siano schiavi, che non appartengano al sesso femminile e che siano cittadini a tutti gli effetti (nel caso di Atene, che avessero entrambi i genitori ateniesi). Questo perchè per Aristotele non tutti potevano definirsi cittadini completi. Non i lavoratori manuali, come ad esempio gli artigiani o gli operai, nè i forestieri. Tutti coloro che ne avevano diritto, esercitavano il potere mediante meccanismi di sorteggio e di rotazione. Poteva funzionare bene in quanto le città-stato raramente superavano i centomila abitanti.


Oggi, con decine di milioni di persone, sarebbe improponibile. A meno che non la smettessimo di utilizzare internet per cercare le donnine nude ma iniziassimo a sfruttarne l'enorme potenziale. A giudicare dal blog di Mastella, utilizzato esclusivamente per lagnarsi come un triste e moderno Calimero, in Italia di strada da fare ce n'è ancora tanta. Di Pietro timidamente sporge il crapino elettronico su YouTube e su SecondLife.


Ma cosa succederebbe secondo Aristotele se, anzichè scremare i cittadini che hanno diritto a partecipare della vita politica, conferissimo a tutti tale diritto, indiscriminatamente?
Allora la politìa si trasformerebbe nella sua forma degenerata, udite udite: la democrazia!


Bene, ci siamo arrivati! La democrazia non è che una forma corrotta di politìa. E perchè mai? Perchè il potere gestito dalla massa è succube della demagogia: condurre, trascinare il popolo. Demagogia indica un comportamento politico incline ad assecondare le aspettative della gente, sulla base della percezione delle loro necessità. Il demagogo utilizza frasi retoriche per formulare promesse inconsistenti al fine di conquistare consensi, "facendo spesso leva su sentimenti irrazionali, ed alimentando la paura o l'odio nei confronti del nemico o dell'avversario politico. In altri termini, la demagogia è l'attività del politico che, in vista del proprio favore, spinge il popolo a fare qualcosa contro il suo stesso interesse, sviando la percezione delle necessità reali".


Insomma, ecco svelata la natura antica delle accuse che l'aristocrazia di oggi muove al cosiddetto movimento qualunquista di questi ultimi tempi. Sarebbe insito nella definizione stessa di democrazia aberrare; allontanarsi errando; cadere preda di forme persuasive già previste alcuni millenni orsono.
E, cosa peggiore di tutte, lo sapete qual'è l'happy end della demagogia secondo Aristotele? Non c'è scampo: o la tirannide, o l'anarchia!


Come se ne esce? Domanda interessante.
I Democratici Diretti sostengono che il popolo deve avere la prima parola ed anche l'ultima. In Italia, movimenti di democrazia diretta stanno formando liste di candidati fra tutti gli iscritti che si vogliono proporre. Quelli che usciranno vincitori alle primarie e dovessero andare in parlamento, sarebbero vincolati a votare in base alla volontà popolare, di volta in volta espressa via sms. Interessante. Ma che cosa accadrebbe se lasciassimo che una parte dell'elettorato, presa tra quegli individui che non hanno un'alta concezione della moralità nè una preparazione di base sufficiente, fosse chiamata ad esprimersi in merito a questioni etiche dai risvolti complessi e delicati? Un esempio su tutti: la questione degli embrioni. Così, sui due piedi, personalmente ho delle forti perplessità.
In Svizzera una forma di democrazia diretta è già vigente. Il popolo ha il potere non solo di presentare una proposta di legge, ma anche di porre il veto ad una legge promulgata dal governo. Se in Italia ci avessero chiesto cosa pensavamo dell'indulto, forse oggi non avremmo buttato tanti soldi per riacciuffare gente che era già dentro. Previti però sarebbe in galera, e questo Aristotele non poteva prevederlo.


Da noi, in ogni caso, vige la democrazia indiretta.
Ma cosa c'è sotto al cofano di una democrazia? Perchè mai adesso dovrebbe funzionare meglio?
Vediamo cos'hanno escogitato i nostri padri.



La democrazia moderna


Le democrazie liberali si fondano sulla competizione tra candidati e sul meccanismo della delega tramite elezioni. Il principio della rappresentanza, alla base di tutto il marchingegno democratico, fu proposto tra i primi da John Stuart Mill.
La nostra è dunque una democrazia indiretta: deleghiamo qualcuno a rappresentarci e poi non abbiamo più potere su come egli ci rappresenti. Se vuole fare una leggina per aumentarsi lo stipendio, può farlo. Come dite? Chi mai sarebbe così opportunista? Ah.. era sarcastico, scusate.


Per cercare di limitare i danni, si è cercato nel tempo di stabilire alcuni princìpi. Innanzitutto chiunque ha diritto al voto, tanto poi perde subito questo diritto subito dopo la scelta dei candidati iniziali (e i partiti hanno lavorato sodo per ridurre anche questa scelta a una mera forma priva di effetti concreti: tu metti la X, il nome lo mettiamo noi). Poi abbiamo il primato della costituzione, e la separazione dei poteri.
Chi fa le leggi (potere legislativo) non può essere la stessa persona che le fa rispettare (potere esecutivo), e ci dev'essere un terzo ancora a interpretare la legge per dirimere le contese nei casi concreti (potere giudiziario).


Oltre a questi assunti di base, nel tempo si è visto che uno stato laico dava poi migliori garanzie di libertà. Aiutava giusto ad evitare di essere inquisiti, torurati, bruciati. Sembra poco, ma anche quello serve! All'estremo opposto del principio di laicità dello stato si trovano le teocrazie, posticini non raccomandabili dove la legge è legge e non si discute, anche perchè una battaglia dialettica con Dio è persa in partenza.


C'è poi un altro potere, dal quale in Italia per fortuna siamo completamente scevri: il cosiddetto quarto potere. La stampa, la radio, la televisione, i media insomma. Garantire un'informazione libera sembra essere determinante per una democrazia con i fiocchi e i controfiocchi. Perchè? Perchè in caso contrario i cittadini non avrebbero la possibilità di formarsi un'opinione basata su fatti concreti e non su manipolazioni degli stessi. Decisioni prese grazie a informazioni manipolate sono quasi sempre decisioni sbagliate, e in ogni caso frutto di una truffa, di propaganda.
In Italia, come dicevo, per fortuna abbiamo alfieri della democrazia che tengono alla lontana i fantasmi del quarto potere. Emilio Fede (TG4), per esempio, o Mauro Mazza (TG2); ma l'elenco potrebbe continuare.
Sarà per questo che l'Italia, nella classifica mondiale dei paesi ordinati secondo il grado di libertà di stampa, dal più libero al meno libero, si classifica quarantesima, dopo Panama, Mali, Francia, Bulgaria, Jamaica, Lituania etc etc?
A proposito... lo sapete che nel nostro paese c'è una televisione fantasma che, nonostante abbia tutte le carte in regola, le autorizzazioni e le sentenze della Corte Costituzionale a suo favore, continua a non poter accendere i suoi ripetitori? Si chiama Europa7, e dovrebbe utilizzare le frequenze di Rete4, che dal 1999 non ha la concessione per trasmettere.


I cittadini di una democrazia liberale hanno inoltre alcuni diritti, i cosiddetti diritti di cittadinanza. Dovreste conoscerli, visto che ce li avete (confermate?), ma ricordiamoli pure qui:



  • Diritti civili (dal XVIII secolo): libertà della persona, libertà di parola, pensiero e fede, diritto alla proprietà, diritto di concludere contratti, diritto alla giustizia;


  • Diritti politici (dal XIX secolo): diritto a partecipare al processo politico come membro di un corpo investito di autorità politica o come un elettore dei membri di tale corpo;


  • Diritti sociali (dal XX secolo): diritto a un minimo di benessere economico e sicurezza, diritto di vivere secondo gli standard prevalenti nella società;

Bastano tutte queste clausole a garantirci dai furbacchioni? Manco a dirlo, qualcuno sostiene di no! E non è solo Beppe Grillo, prima di lui qualcun altro ha manifestato una lieve insofferenza nei confronti dei partiti politici, e non solo.



L'anarchia (senza governo)


Pierre Joseph Proudhon Parliamo di Pierre-Joseph Proudhon, che durante la prima metà dell'ottocento ha iniziato per primo a parlare dell'anarchia non solo in termini dispregiativi, ma conferendole lo status e la dignità di una vera forma di convivenza civile.


Anarchia significa letteralmente senza e governo, o più appropriatamente: senza dominio.
Diceva Proudhon: « L’anarchia è una forma di governo o di costituzione nella quale la coscienza pubblica e privata, formata dallo sviluppo della scienza e del diritto, basta da sola a mantenere l’ordine ed a garantire tutte le libertà. »



Ecco cosa pensava Proudhon dei partiti: « Tutti i partiti senza eccezione, nella misura in cui si propongono la conquista del potere, sono varietà dell'assolutismo ». Vi ricorda qualcosa, o qualcuno???
Qualche altra sua massima: « Il governo sull'uomo da parte dell'uomo è la schiavitù »; « Chiunque mi metta le mani addosso per governarmi è un usurpatore e un tiranno: io lo proclamo mio nemico ».


Se state pensando che avete risolto tutti i vostri problemi, perchè l'anarchia fa al caso vostro, state attenti. Il suo pensiero fu considerato inapplicabile e per questo quello che ipotizzò fu definito "socialismo utopistico", ovvero che non esiste in alcun luogo.




Conclusioni parziali


Per esaminare più a fondo la complessità della materia, non basterebbe un corso universitario. Pensate che ci sono addirittura teoremi che dimostrano come non sia possibile un sistema di votazione elettorale che garantisca di rispettare tutti i requisiti necessari che ci attenderemmo. Per colpa di un certo Jean-Antoine-Nicolas Caritat, marchese di Condorcet, matematico, economista, filosofo e uomo politico francese del settecento, per esempio ora sappaiamo che il sistema di voto preferenziale con doppio turno si presta ad essere abilmente adulterato. Come? Se vi interessa il cosiddetto Paradosso di Condorcet, fatevi un giro su Wikipedia, oppure scrivetemi che ci facciamo un bel videopost.


Per l'intanto, libertà di stampa o meno, mi sento di farvi doverosamente osservare che per ottenere che chiunque abbia la possibilità di esprimersi senza essere bruciato sul rogo (come per esempio io in questo momento), milioni di persone nella storia hanno dato la vita. Fiumi di sangue hanno attraversato campagne, pianure e città prima di asciugarsi al sole di una nuova alba.
Forse, anzi indubbiamente, non abbiamo ancora raggiunto la perfezione, ma non lamentiamoci troppo, perchè c'è chi sta peggio.


Rimbocchiamoci piuttosto le maniche, perchè è giunto anche per noi il momento di raccogliere l'eredità di Aristotele e aggiungere nuovi capitoli, anch'essi non definitivi, a questa affascinante storia.

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domenica 14 ottobre 2007

Vietiamo per legge le lacrime in televisione!

Lo stupro di Montalto di Castro diventa occasione per l'ennesima riedizione di Carramba, che sorpresa!



Domenica 14 ottobre 2007. Circa le dieci del mattino. Cerco di riprendere i sensi davanti ad un buon caffellatte bollente.

Accendo la televisione. Appare RAI uno: c'è un talkshow sullo stupro di Montalto di Castro.


Gli ospiti si alternano nell'usuale carosello di opinioni, come di tradizione orchestrato un tanto al chilo dal mediatore di turno. Si parla solo se interrogati e, soprattutto, vietato approfondire! Non importa cosa si abbia da dire, l'importante è che lo si dica in fretta.
Sui trasgressori si abbatte la mannaia del censore mediatico: via il microfono e avanti la prossima mini-riflessione confezionata, possibilmente conformista e politically correct. Del resto per le situazioni che sfuggono di mano, quelle in cui un ospite vuole a tutti i costi terminare l'esposizione del suo pensiero magari esprimendo opinioni personali, non predigerite, che mettono a rischio l'establishment e fanno tremare le poltrone, c'è pur sempre un'arma finale che all'occorrenza toglie d'impaccio: la dissociazione immediata. Basta dire fermamente: mi dissocio dalle dichiarazioni del signor Pinco Pallo.


In questo quadretto idilliaco, ove si muovono generalmente i talk show nostrani, ecco dunque che si dibatte amabilmente di questa ignobile vicenda. Un giovanotto, in occasione dei festeggiamenti per il suo diciottesimo anno d'età, invita una sedicenne di Tarquinia a fare una passeggiata nella vicina pineta. La sventurata risponde, parafrasando Manzoni, e si inoltra tra gli aghi di pino con il suo galante cavaliere. I due discorrono del più e del meno, quand'ecco sette compari, in combutta con il festeggiato, appalesarsi dal nulla e realizzare quella che a tutti gli effetti può definirsi un'imboscata. La vittima viene stuprata collettivamente, a turno, per ore ed ore.


Di per sè niente di strano: la cronaca nera di questo paese ci ha ormai abituato a episodi simili, anche più efferati.
In questo caso però, spicca il fatto che la simpatica comunità di Montalto di Castro sembra esprimersi a favore degli otto piccoli birichini: la maggioranza dei cittadini intervistati dichiara infatti che si sa, gli uomini queste cose le fanno, la colpa è della ragazzina che non è stata capace di farli smettere.

Montalto di Castro

Un caso di povertà estrema e di isolamento culturale in un paesino appartenente al profondo sud? Niente affatto: la ridente località si trova nel lazio, in provincia di Viterbo. E' dotata di un sito web che eroga servizi evoluti quali pagamenti online, distribuzione di modulistica e iscrizione via RSS agli aggiornamenti su bandi e concorsi. C'è persino un apposito spazio dove si accettano proposte e suggerimenti.
Sul sito manca però - ho controllato - una pagina informativa su come accedere ai fondi per ottenere tutela legale dopo avere stuprato una forestiera.
Si sa: queste cose succedono. Così almeno la pensa il sindaco (tale Salvatore Carai, dei DS) il quale, imbeccato dai servizi sociali, ha messo a disposizione degli otto simpaticoni denaro pubblico perchè potessero difendersi nelle opportune sedi.


Ma andiamo, suvvia! Son ragazzi! (due dei quali, pare, siano imparentati con un qualche membro della giunta comunale) sembrano pensare gli abitanti dell'amena cittadina. Con che cuore si è potuto denunciarli? E così, in questo clima da caccia alle streghe, per la giovane vittima meglio l'esilio, inflittole dalla madre per tutelarla. Oltre al danno, la beffa!



Cittadini di Montalto di Castro. Vi sentite davvero rappresentati da queste dichiarazioni? Se c'è qualcuno che si dissocia, lo faccia adesso o taccia per sempre.


Perchè siamo qui a parlarne? Perchè nel talk show di questa mattina, dal titolo apparente de 'Il Dolce e l'Amaro' (così perlomeno recitava il logo in basso a sinistra), la madre era ospite della trasmissione, voltata di spalle per tutelarne la privacy. La carrellata di opinioni, condotta con la consueta stitichezza, si svolge tutto sommato senza infamia e senza lode, quand'ecco sul finire il coup de théatre. In collegamento telefonico da Roma: la figlia!


Lei: il clou dello show! La protagonista indiscussa. Colei a cui, in un lasso di tempo doverosamente ampio, si sarebbero potute fare cento, mille domande rivelatrici sui come e sui perchè. E che cosa le viene chiesto?


Vuoi dire qualcosa a tua madre?


Come? Ma perchè.. una madre ed una figlia non hanno altra occasione di parlarsi se non davanti ad una telecamera accesa? A quale scopo? Non staremo mica cercando di provocare un'emozione artificiale, dosando sapientemente ingredienti testati secondo un antica ricetta?


La figlia dice che vuole tornare a vivere con la mamma, a Montalto di Castro, e non a Roma. Tutte cose che avrà avuto molte altre occasioni di dirle. Siamo in fondo nel ventunesimo secolo, abbiamo a disposizione auto veloci, telefoni e telefonini, videotelefonini, email, chat, videochat... Senza contare che, a voler guardare il pelo nell'uovo, ci sono serie probabilità che la registrazione della puntata sia avvenuta a Roma. Ragion per cui è plausibile che la figlia non fosse poi così distante: a voler essere benevoli sarà stata al più nel baretto degli studi televisivi, se non addirittura in regia con un paio di cuffie e un microfono a collare.


Nel frattempo, a ricreare il senso di un'apparizione fugace cui dedicare la massima attenzione prima che tutto sia perduto per sempre, dalla regia mandano i titoli di coda. Quel tipo di titoli che scorrono veloci radenti al fondo dello schermo, tanto veloci che per leggerli bisogna mettersi i pattini.


L'ansia sale. Il tempo stringe. Ed è a questo punto che la conduttrice interrompre la ragazzina.


Tua madre queste cose le sa già.


Ci è arrivata anche lei! E cosa avrebbe mai potuto dire, che probabilmente sua madre non sapesse già? Ma forse l'interruzione nasconde un altro motivo.


In questo momento sta piangendo. (ndr: la donna è voltata di spalle)


Ohhh.. finalmente comprendiamo il motivo di quest'intervista e di quella domanda apparentemente priva di senso. E' l'effetto Carramba che sopresa! il nostro obiettivo: la mamma piange! Ora sì che il dibattito si fa interessante, mica prima, con tutte quelle opinioni profondamente noiose di psicologi e magistrati. Ma il meglio deve ancora venire.


Scusami per la domanda che ti farò, ma è il mio dovere di giornalista che me lo impone.
Hai qualcosa da dire ai tuoi aggressori?


Dovere di giornalista? Io credevo che i giornalisti servissero a fare delle inchieste, a riportare dei fatti. Non credevo che facessero anche da ambasciatori di missive. La prossima volta che avete qualcosa da dire a qualcuno e non avete tempo, o non avete voglia, o non ci volete parlare, chiamate un giornalista della RAI e mandateci lui!


La ragazzina ovviamente dichiara che non se la sente di dire loro niente, perchè dovrebbero già essere consapevoli del male che le hanno fatto; non c'è niente da aggiungere.
La conduttrice però insiste. C'è bisogno di qualcosa di forte per chiudere la trasmissione che sta inesorabimente scivolando a nero.


Capisco. Ma dì loro almeno una frase, una sola parola!


Dì soltanto una parola, e io (l'incasso) sarò salvato! Ma niente, non c'è niente da fare. La ragazzina ribadisce quanto saggiamente detto poco prima.
Se solo avesse detto, che so 'Animali!', oppure 'Bastardi!", allora sì: quanto se ne sarebbe parlato!
Invece la puntata è condannata a restare in un anonimato mediatico senza scalpore, preda di un oblio giornalistico che avvolge i suoi protagonisti non appena il video sfuma. Che disdetta!


Come dite? Non credete che le cose in televisione vadano così? Non credete che i conduttori televisivi, e in misura minore anche quelli radiofonici, scatenino guerre per cinque secondi in più o in meno di popolarità? Restate sintonizzati: prossimamente ve ne racconterò delle belle!


Nel frattempo vorrei lanciare una proposta di legge popolare.


Vietiamo le lacrime in televisione!


E se si verificano, che sia vietato sottolinearle. Fanno parte della sfera intima, non vanno nè reclamizzate nè strumentalizzate.


Tra l'altro, potremmo avvalerci di un precedente legislativo più che mai attuale. Infatti, una lacrima che velasse una pupilla su cui fosse applicata una lente a contatto, equivarrebbe a detergere la lente stessa. Un simile atto, già se dovesse avvenire entro i confini del comune di Firenze, potrebbe essere interpretato come la pulizia di un cristallo, e quindi ricadere nella famigerata ordinanza che vieta di lavare i vetri. Nella prima versione di tale ordinanza, infatti, non era specificato esattamente in quali frangenti fosse legittimo lavare un vetro, nè cosa si intendesse di preciso per vetro.

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lunedì 8 ottobre 2007

Veltroni, lasci stare Veronica Lario: prenda mia suocera!

Dopo la chiamata alle armi di Walter Veltroni, Miriam Bartolini in Berlusconi - nome in codice Veronica Lario - intervistata dalla biografa ufficiale di famiglia, l'onnipresente Maria Latella, dichiara:

veronicalario
Forse [Veltroni] ha pensato alla valorizzazione di un ruolo, quello di chi per oltre vent'anni ha fatto solo la moglie e la madre. Forse Veltroni vorrebbe dare rilievo all'esperienza di una madre di famiglia, sia pure molto privilegiata. È un ruolo che per tante donne è ancora il più importante».





Signora Bartolini, o Lario, o Berlusconi: contesto questa versione.
Infatti, se Veltroni avesse voluto in squadra una esperta madre di famiglia, avrebbe chiamato mia suocera!

Mia suocera ha tirato su quattro figli da sola, in una città (Milano) che non conosceva, andando a raccogliere fragole alle sei del mattino, per continuare poi la giornata all'asilo nido dove in vent'anni ha accumulato un'impareggiabile esperienza sulle tipologie esistenti di sederini sporchi e loro modalità di trattamento.

Con mia suocera, inoltre, Veltroni avrebbe anche acquisito competenze finanziarie di comprovata efficacia nel contenimento della spesa pubblica. Mia suocera infatti conosce tutte le offerte delle catene di supermercati, e sa dove e quando andare a comprare un chilo di patate a meno del 50% del loro valore di mercato.

Veltroni, gliela presento?

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giovedì 4 ottobre 2007

Veltroni manda un biglietto omaggio per il PD a Veronica Lario, in Berlusconi.

Lo dico? Lo dico! Sono antico.
Pensate che sono ancora convinto che per fare politica sia necessario partire dal basso, conoscere la realtà, avere competenze, avere la capacità di formulare proposte convincenti. Le proposte si comunicano; se hanno senso ci si candida; se la gente le vota, si cerca di attuarle.

veronicalario A me non risulta che la signora Miriam Raffaella Bartolini in Berlusconi, nome d'arte Veronica Lario, abbia mai tenuto comizi, si sia fatta portavoce di proposte concrete, abbia mai manifestato autentica passione politica o si sia distinta per competenze chiave insostituibili. (Sa recitare, certo, e questo nella politica di oggi effettivamente è un gran bel valore! Ma il PD non era l'occasione di invertire il senso di marcia?)

E Veltroni che fa? Delira: vuole costruirsi il primo harem di stato, giacchè uno dei vanti del nuovo PD sarebbe quello di essere il partito politico con più donne al suo interno. Forse, dopo aver dichiarato che non potrebbe mai essere una donna perchè passerebbe tutto il giorno a toccarsi le tette, vuole semplicemente aumentare la probabilità di riuscire a toccare almeno quelle altrui. Non vedo infatti discriminazione peggiore di quella di stabilire a priori una certa percentuale di rappresentati del sesso femminile, come se le donne fossero una minoranza etnica, come se non avessero altra possibilità di farsi strada se non un aiutino, una spintarella, come se non fosse la forza delle idee a dover premiare una candidatura piuttosto che un'altra.
E allora perchè non pensare anche ad avere il più alto numero di lavavetri mai rappresentati politicamente? O, magari, il più alto rapporto incensurati/politici mai espresso in un governo della Repubblica Italiana? Eh sì, perchè mettere le persone giuste al posto giusto sarebbe chiedere troppo: un  laureato in medicina come Ministro della Sanità, un vigile urbano al Ministero dei Trasporti, un professore a sistemare l'Istruzione.

VeltroniE invece no. Il cruccio di Veltroni è: «Ci sarebbe una donna che non so come collocare nel nostro panorama politico, e di cui conosco le curiosità culturali...».
Anch'io ho delle curiosità culturali, sindaco, vuole candidare anche me? No, scusi, dimenticavo: io non ho le tette. Però conosco una donna che ce l'ha, e non sono rifatte. Anche lei è curiosa, legge molto. E' mia madre. Gliela presento?
Veltroni però insiste: «Non c'è nulla di strano, è una persona che stimo, con la quale ho avuto modo di discutere, è una persona con grandi curiosità culturali ed intellettuali».

Basta questo? Signor Veltroni.. secondo lei abbiamo bisogno di persone curiose, o di persone capaci?

In verità mi pare che lei stia cercando di imbastire un governo di facciata, costruendo consensi basati sulla notorietà dovuta ai rotocalchi, cercando di riciclare legami e parentele consolidati, rassicuranti, perchè il nuovo viceversa è imprevedibile. Con il nuovo si rischia di cambiare davvero!

Stiamo cercando di liberarci faticosamente di un Ministro di Giustizia testimone di nozze di un mafioso, di senatori a vita prescritti, mai assolti, e lei ci vuole propinare la moglie di Berlusconi?

E' ora di voltare pagina. Gli italiani non credono più agli spot televisivi, alle interviste concordate, alle frasi fatte e alle inquadrature Mediaset di soubrette cerebrolese.

Gli italiani oggi leggono i blog, si informano in rete, i servizi video se li fanno da soli.
Se con il PD vuole davvero cambiare, lo dimostri. Vada a cercare i premi Nobel; candidi loro; ci metta menti illuminate e competenti nella sua squadra di governo, non i membri di un'aristocrazia patinata a ricoprire di belle immagini un vuoto abissale di contenuti.

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