le intuizioni ovvie di claudio messora

martedì 30 settembre 2008

Le ragioni del no al nucleare.


«Arrivai al reattore alle 6 del mattino. L'esplosione era avvenuta all'1.23. Non ne sapevo niente e all'alba uscii di casa per raggiungere la centrale. Sull'autobus si parlava di un guasto ma nessuno sapeva. Solo quando calpestai la graffite contenuta nei locali dove avviene la reazione capii. Cominciai subito a lavorare con la mia squadra di elettricisti per rimettere in funzione le turbine. Fummo i primi ad arrivare da fuori, fino ad allora erano intervenuti i colleghi di turno e i vigili del fuoco.» [Anatoly Kolyadin, 57 anni]

Anatoly perde la pelle delle gambe tre volte all'anno, soffre di dolori alle articolazioni e fulminanti emicranie. E' uno dei rari sopravvissuti a Chernobyl, anche se in quelle ore assorbì una quantità di radiazioni mai calcolata. Le prime squadre dei pompieri semplicemente si dissolsero nel giro di qualche settimana. Oltre quattromila morti secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, ma la vera cifra non si saprà mai. Il reattore venne chiuso in un sarcofago di cemento, per bloccare la fuga radioattiva. Oggi quel sarcofago sta già cedendo.

Ci sono molte ragioni per dire no al nucleare. Oggi inizieremo a pubblicarne alcune. Nei prossimi giorni completeremo il quadro.


1. Il nucleare non è sicuro, è a rischio di incidenti catastrofici

Nel 1979 ad Harrisburg (Usa) si è sfiorata la “fusione del nocciolo”, che c’è stata a Chernobyl (Ucraina) il 26 aprile 1986, con decine di migliaia di tumori e leucemie nei 20 anni successivi e più di 1000 morti per tumore tra i soldati intervenuti; ha contaminato l'acqua di 30 milioni di ucraini; irradiato 9 milioni di persone. Oggi, nelle regioni confinanti, 2/3 degli adulti e metà dei bambini sono ammalati alla tiroide, c’è il raddoppio delle malformazioni.
Nel 2002 nell’Ohio (Usa) si è sfiorato lo stesso disastro; nel 2004 a Sellafield (GB) c’è stata una fuga 160 kg di velenosissimo plutonio rivelata solo dopo 8 mesi.
Dal 1995 al 2005 c’è stata una serie di incidenti gravi (con 7 morti e centinaia di contaminati gravi) nelle centrali del Giappone: tra cui uno gravissimo a TokaiMura nel 1999 (2 lavoratori morti, 3 gravemente contaminati e 119 esposti a forti dosi di radiazioni) e il più grande impianto nucleare al mondo chiuso il 16 luglio 2007 per i danni da terremoto.
Avere il nucleare vicino casa non è assolutamente lo stesso che a centinaia di chilometri.


2. Dopo 50 anni, non si sa ancora dove mettere le scorie radioattive

Ci sono milioni di tonnellate di scorie (di cui ben 250.000 altamente radioattive) senza smaltimento definitivo. Gli Usa hanno speso 8 miliardi di dollari in 20 anni senza trovare una soluzione.
In Italia, nel 2005, il governo ha dato 674 milioni di euro alla Sogin che, dopo il ridicolo tentativo di Scanzano Jonico (sismico, come gran parte d’Italia), non sa dove mettere le “ecoballe” radioattive: il plutonio resta altamente radioattivo per 200.000 anni! L'uranio 238 per milioni di anni…


3. Non esiste il nucleare “sicuro e pulito” di Quarta generazione

Le centrali di terza generazione, che Berlusconi vuole costruire, dovrebbero durare più di quelle in funzione - seconda generazione -, senza aver risolto il problema delle scorie né della sicurezza intrinseca - spegnimento automatico se c'è un incidente grave.
Le chiama ponte verso una quarta generazione che promette sarà assolutamente sicura, non proliferante, con poche scorie e meno pericolose. Ma i reattori di quarta generazione NON esistono! Sono previsti DOPO il 2030, come se fosse domani; e quanto dopo?
Intanto il governo propone un colossale rilancio del nucleare con reattori che, almeno fino al 2040, aggraverebbero tutti i problemi creati dal nucleare!
Infatti l’Enel ha investito quasi 2 miliardi di euro per completare, in Slovacchia, due reattori di vecchia tecnologia sovietica, addirittura privi di involucro esterno, perchè tanto “la probabilità di un impatto aereo è trascurabile”...


4. E’ favola “solo col nucleare si può fermare il riscaldamento globale”

Per avere una riduzione di gas serra bisognerebbe costruire una centrale nucleare ogni 10 giorni - 35 all'anno - per i prossimi 60 anni! Così, con 2.000 nuove centrali nucleari, si fornirebbe il 20% dell'energia totale. C'è qualcuno, sano di mente, che pensa si potrebbe procedere a questo ritmo?
Nessuno dei top manager dell'energia crede che le centrali esaurite nei prossimi anni saranno rimpiazzate per più della metà. Il trend mondiale del nucleare è verso il basso: solo per mantenere il numero e la potenza delle 435 centrali attuali - ne sono già state chiuse 117 - ce ne vorrebbero 70 nuove entro il 2015. Una ogni mese e mezzo! E altre 192 entro il 2025: una ogni 18 giorni! Tutto per continuare a produrre non il 20%, solo il 6,5% dell'energia totale...
2.000 scienziati dell'IPCC - ONU - lo hanno certificato nel 2007: Il nucleare non potrà fermare la febbre del pianeta.
Inoltre il ciclo completo - estrazione ed arricchimento dell’uranio, smaltimento scorie, costruzione e smantellamento centrale - emette gas serra quanto il ciclo a combustibile fossile.


5. L’uranio, come il petrolio, scarseggia e dobbiamo importarlo

L'Italia non ha uranio, dovrebbe importarlo da Russia, Niger, Namibia, Kazakistan, Australia, Canada.
Secondo l’Agenzia per l'energia Atomica, l'uranio dovrebbe scarseggiare dal 2030, invece già dal 1991 ha raggiunto il picco: se ne consuma più di quanto si estrae. Sono le scorte militari che forniscono metà del combustibile. Senza nuovi reattori, la produzione di uranio è già insufficiente, perciò il suo prezzo si è moltiplicato per 10: dal 2001 al 2007 è salito da 7 a 75 dollari la libbra.


6. Altro che “bassi costi”: il nucleare è fuori mercato

Le stime Usa per i nuovi impianti danno il nucleare a 6,3 cent/ kWh contro 5,5 del gas e 5,6 del carbone. Per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush - 1,8 cent/kWh, oltre il doppio del differenziale di 0,8 cent -, nessuno ci investe più dal 1976.
L’unico reattore in costruzione in Europa è in Finlandia: l’azienda privata ci sta perchè lo Stato paga - fa pagare ai contribuenti.. - lo smaltimento delle scorie e smantellamento finale della centrale, che costa quasi come la costruzione. Lo stato garantisce inoltre l'acquisto di tutta l'energia prodotta per 60 anni: un affare senza rischi per il privato! Ma l’entrata in funzione della centrale, ordinata nel 1996, è slittata dal 2009 al 2011: 15 anni. Così il suo costo finale, da 2,5 miliardi di euro è aumentato a 4 miliardi: più di 4 volte di una centrale a metano della stessa potenza, 1600 MW.
I ritardi nella costruzione sono una costante dell'industria nucleare: negli Usa i costi di 75 reattori, previsti in 45 miliardi di dollari, sono aumentati a 145, tre volte il previsto.
In Italia i tempi sarebbero più lunghi e i costi più alti. Questo è il paese dove un km di Tav costa 4 volte di più rispetto alla Francia. Chi pagherebbe?
L'Enel per le 2 centrali slovacche, spende 2.700 euro/kW, mentre una centrale a gas costa meno di 500 euro/kW. Chi paga?

Per ora, avete di che riflettere. Nei prossimi giorni, approfondiremo anche il resto.

Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.


Video allegati:




Il clima cambiaIl fotovoltaico

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lunedì 29 settembre 2008

L'informazione che verrà


Cara stampa ti scrivo, così mi rilasso un po',
e siccome sei molto corrotta, più forte ti scriverò.
Da quando sei arrivata, c'è una grossa novità:
la cuccagna è finita ormai, ma qualcosa ancora qui non va.

Si legge poco il giornale, compreso quando è festa.
E c'è chi ha preso la televisione, e l'ha gettata dalla finestra.
E si sta senza veline, per intere settimane,
e quelli che guardavano solo il calcio, del tempo ne rimane.

Gli studi di settore, han detto che questo millennio
porterà una trasformazione, la si vedrà nel prossimo quinquennio.
Ci si potrà informare in modo indipendente,
Scomparirà qualsiasi editore,  qualsiasi filtro con la gente.

Ci saranno filmati dei consigli comunali,
I cittadini potranno vederli, e perfino gli animali.

E si potrà parlare, ognuno come gli va
dire le cose per come stanno, e criticare senza pietà.
E senza grandi disturbi, qualcuno sparirà.
Saranno forse i troppo furbi,
e i giornalisti senza dignità.

Vedi cara stampa, le cose stanno cambiando
e come sono contento,
di essere qui in questo momento,
vedi, vedi, vedi, vedi,
vedi cara stampa, cosa si deve inventare,
per risvegliare la gente,
per ritornare a informare.

E se quest'anno poi passasse in un istante,
vedi cara stampa,
come diventa importante,
che in quest'istante ci sia anch'io.

L'informazione in arrivo, tre due o tre anni sarà qua.
Col blog mi sto preparando, è questa la novità.

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sabato 27 settembre 2008

Byoblu incontra Michele Boato. La decrescita felice

Questo è un lavoro meraviglioso. Se avete voglia di giocarvi la camicia, non esitate: fatelo!
 Proverete l'ebbrezza di prendere ogni giorno un treno diverso. Di andare ad un appuntamento con persone sconosciute, ma sempre interessanti. Di preparare le domande che via email ricevete dai vostri editori - voi - mentre fuori dal finestrino Desenzano sul Garda si specchia, vanitosa, nelle pittoresche acque che la lambiscono. Avrete a che fare con gente vera. Gente che ci crede. Che non si è ancora rassegnata. E soprattutto, tornerete a casa con una storia da raccontare.


La storia di oggi è lunga, tanto da doverla suddividere in più capitoli. Il primo mi è stato suggerito da Paolo Ricci, e si intitola La Decrescita. Felice, aggiungo io.

Felice perchè ne esiste anche una infelice. Molto infelice. Lo sanno bene gli ecosistemi dove le risorse alimentari iniziano improvvisamente a scarseggiare. Le specie che vi abitano iniziano una dieta forzata. La popolazione si riduce, vittima degli stenti. La natura ridimensiona i predatori fino a quando non si trovano di nuovo in un sostenibile rapporto di equilibrio con le prede. Se ciò non avviene, li estingue. La decrescita naturale è molto, molto infelice!

La nostra può essere ancora felice, perchè abbiamo una scelta. Dio ci vuole bene. Possiamo scegliere di limitare gli sprechi, e in questo modo permettere all'ecosistema di ristabilirsi, alle prede di stabilizzarsi. Le nostre prede si chiamano aria, acqua, ambiente. Ma anche uomini. Noi prediamo e deprediamo. Come cavallette, infestiamo un territorio e ne esauriamo la capacità produttiva. Per di più lo rendiamo inutilizzabile. Con il nucleare, addirittura per 200.000 anni! Allo stesso modo facciamo con i nostri simili. Ne esauriamo la carica vitale. Sottraiamo loro la possibilità di apprezzare la bellezza del mondo. Rubiamo loro il tempo, la gioa. E inevitabilmente finiamo per farlo con noi stessi.

Bastano otto R, per decrescere felicemente. Chi ha la erre moscia è esentato dal pronunciarle, ma non dal metterle in pratica. Stanno per:
  1. Rivalutare.
      Rivedere i valori in cui crediamo e in base ai quali organizziamo la nostra vita. Per esempio, è meglio cooperare che competere; è meglio essere altruisti, piuttosto che egoisti. E' meglio lavorare il giusto, piuttosto che lavorare e basta.
  2. Ricontestualizzare.
      Cambiare il sistema di coordinate che ci permette di interpretare il mondo circostante. Capire che se abbiamo questa perenne sensazione di scarsità, è solo perchè è funzionale al sistema. Abbiamo molto di più dei nostri padri e dei nostri nonni, ma crediamo di avere meno. Perchè?
  3. Ristrutturare.
      Cambiare il modo in cui facciamo le cose, il modo in cui viviamo, passiamo le nostre sere, scegliamo le nostre vacanze. Cambiare i modelli per cambiare le azioni.
  4. Rilocalizzare.
      Tornare a consumare quello che produciamo, a livello locale. Non ha senso mangiare le fragole in qualsiasi stagione. Non ha senso bere l'acqua che arriva da oltre 900km. ognuno consumi quel che è in grado di produrre.
  5. Ridistribuire.
      Garantire a tutti gli abitanti del pianeta un equo accesso alle risorse naturali, alla ricchezza.
  6. Ridurre.
      Diminuire i consumi. Usiamo troppe cose. Le usiamo male. E non le facciamo usare a nessun altro.
  7. Riutilizzare.
      Superare la frenesia degli acquisti come metro di misura della felicità. Si è rotto qualcosa? Se si può riparare, aggiustiamolo. Tutto ciò che buttiamo ci impoverisce.
  8. Riciclare.
      Recuperare gli scarti. Gli scarti sono un insuccesso. Una società matura, eco-consapevole, non produce rifiuti. I suoi materiali di risulta sono la materia prima di altri prodotti.
Lo so, sembra tutto molto lontano. Non lo è. Noi siamo il germe del cambiamento. Se non lottiamo noi, nessuno lo farà al posto nostro. Se non cambiamo noi, allora sarà finita.

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martedì 23 settembre 2008

I nuovi mendicanti. Blogger e donazioni


Siamo abituati a vederli sulle panchine. Oppure seduti per terra. O magari in piedi, fuori dai negozi. Hanno la mano tesa, qualcuno porge un cappello. Non parlano, a volte affidano il loro laconico messaggio ad un cartello vergato grossolanamente, con improbabili pennarelli: aiutatemi, ho fame.

In cambio di un'elemosina non offrono nulla, se non quella gradevole e provvisoria sensazione, vagamente natalizia, di essere stati buoni. Racimolano pochi spiccioli. Non bastano a fare niente. Accade, di rado, che qualche ricco mecenate esca di casa e decida che è la giornata della buona azione. Così preleva un barbone, uno a caso, senza particolari meriti, gli fa fare una doccia, lo rifocilla, lo veste a nuovo e gli mette qualche soldo in tasca. Il giorno dopo, puoi scommetterci, lo ritrovi lì, sullo stesso marciapiede, nella stessa stazione della metropolitana. Perchè una società è fatta di interconnessioni, di equilibri, di fiducia e di scambi. Se non hai niente da scambiare, non vali niente.

Eppure, nascosto sotto la giacca sgualcita potresti avere un tesoro inestimabile. Una ricchezza fatta di storie, di visione laterale, di amore, di limpidezza. Magari sei anche disposto a scambiare tutto questo per un tozzo di pane. Ma un tesoro non vale niente se non è convenzionale. All'oro si è attribuito un certo valore di scambio, è un metallo prezioso. Ma chi la stabilisce, questa sua preziosità? Forse il fatto che sia raro? L'onestà e la trasparenza sono doti altrettanto rare, oggi come oggi. Eppure nessuno le accetta come forma di pagamento. Cosa fare?

Beh, ci sono tanti barboni in giro. Forse si potrebbe pensare di appendergli un cartello pubblicitario sulla schiena. Già, ma quale azienda accetterebbe di legare il suo nome a un vagabondo, uno che non ha niente, se non la dignità? Ci vorrebbe qualche giovane pezzente di sesso femminile, che si aggira per le vie del centro con gli abiti strappati, seminuda... Allora ! Si potrebbe tappezzarla di slogan, con la matematica certezza che sarebbero guardati e letti con attenzione, uno ad uno. Già, ma se ci fossero giovani barbone femmine bisognose d'aiuto, i ricchi mecenati se le sarebbero già portate a casa tutte. Anzi, anche i meno abbienti si darebbero da fare. Tutti, a dire il vero! Ci sarebbe un'esplosione di solidarietà, una profusione di volontari. Una gara al benefattore più generoso!

No, l'economia del dono non rende, e tanto meno l'accattonaggio fine a se stesso!

Tuttavia, esiste un'altro motivo per mendicare. Accade quando qualcuno fa un lavoro in apparenza non riconosciuto, non codificato, per il quale nessuno potrebbe metterlo a libro paga. Di solito si tratta di scopi nobili. In passato c'erano gli anacoreti, se ne stavano sulla loro colonna a pregare e meditare. In fondo, pregavano anche per noi, quindi meglio passare loro una cesta colma di cibo, di tanto in tanto. Era tutto quello di cui avevano bisogno.
Anche i predicatori e i profeti hanno sempre raccolto qua e là contributi al loro sostentamento. Certo, magari si accontentavano di mangiare cavallette o di parlare con gli uccelli, ma venivano aiutati perchè vendevano una merce che non si trovava in nessun mercato: una mappa per andare alla ricerca di se stessi. Nel tempo, questo concetto si è istituzionalizzato. Ci sono alcune confessioni religiose, privilegiate rispetto a tanti altri, che possono perfino prendere un elemosina di stato, che ognuno può scegliere di devolvere in ragione dell'otto per mille.

Ahh.. se si potesse devolvere l'otto per mille ai blogger. Già, perchè oggi i predicatori e i profeti non stanno più nelle grotte. Non salgono su una cassetta della frutta e non sono costretti a urlare per farsi sentire. Oggi chi ha qualcosa da dire, apre un sito internet.

I blogger stanno diventando giornalisti, e i giornalisti diventano blogger. A differenza di un giornalista, però, un blogger non ha un editore. Un blogger può dire quello che vuole. Senza filtri. Accidenti, questa sì che è una merce preziosa! Certo, nel mondo dei media tradizionali ci sarebbe bisogno di un controllo sulle sue affermazioni, ma è qui che interviene l'autentica magia della rete. Proprio perchè puoi dire quel che vuoi, c'è una maggiore diffidenza. Se ci fosse la stessa diffidenza nei confronti di televisione e giornali, sarebbe un mondo perfetto. Invece la televisione, autoritaria per natura, crea sudditanza psicologica, mentre il blogger ha bisogno di essere autorevole. Deve cioè guadagnare e saper mantenere una ragionevole credibilità. E' la natura distribuita della rete che lo rende possibile. Chi mente o è anche solo impreciso, viene immediatamente distrutto. Qualcuno prende immediatamente la parola e lo sbugiarda. Con la televisione non si può fare.

Entro 3 o 5 anni al massimo, i blog saranno la fonte di informazione più autorevole, saltando ogni intermediazione editoriale. Sarà un'informazione nuova, costruita su un rapporto diretto tra chi scrive e chi legge. E tanto più un blogger sarà autorevole, tanto più la sua informazione si potrà considerare libera e indipendente.

E quanto vale l'informazione libera e indipendente? A parole molto, moltissimo.
E' la base su cui devono fondarsi l'opinione pubblica, la coscienza collettiva e le scelte politiche. Dove l'informazione è controllata, non c'è democrazia. Oggi i grandi gruppi editoriali garantiscono ai loro giornalisti la libertà di parola? Ci sono numerose evidenze che indicano il contrario.

Ora, un blog di informazione non può essere un passatempo. Tanto meno un videoblog. E' un impegno costante, in termini di fatica e di soldi. Un lavoro a tempo pieno. E chiunque lavora, deve poter guadagnare per vivere.
Tuttavia l'informazione è un bene prezioso. Deve essere libera, incondizionatamente! Per questo motivo non può essere pagata da chiunque abbia anche un solo interesse nello strumentalizzarla. Come si può uscire da questa contraddizione?

Molti hanno abbandonato il lavoro, o pensano di farlo, e hanno preso a ...mendicare!

Sì, proprio così! Su alcuni blog potete trovare un cartello, con scritto tengo famiglia. Solo che, a differenza di un barbone o di un profeta, un blogger non vive in una scatola di cartone, e non mangia cavallette. Ha una casa, magari dei figli, deve mantenersi e ha delle spese vive, perchè oggi per fare informazione non basta più salire su una cassetta della frutta. Si potrebbe pensare che un blogger, rispetto a un mendicante di strada, abbia qualcosa in più da offrire in cambio. In realtà non è così: i valori che può offrire sono gli stessi che il barbone non sa come monetizzare: la trasparenza, l'onestà, la sua esperienza di vita. Merce pericolosa. Non va tanto d'accordo con il business. Un'azienda di energie rinnovabili alla quale ho proposto di sponsorizzare il mio canale energia, mi ha risposto che condivideva appieno la mia linea di pensiero. Tuttavia, se un imprenditore cinquantenne avesse visto la loro pubblicità su un sito che a prima vista potrebbe scambiare per un covo di comunisti, avrebbero perso un cliente. E per un'azienda i clienti sono tutto.

Ci sono alcune realtà che hanno già lanciato un disperato grido d'aiuto. Uno su tutti: Ammazzateci tutti. Anche Byoblu.Com è agli sgoccioli. Così, un paio di settimane fa ho lanciato un sondaggio, per capire se e in quale misura i tempi fossero maturi per il cambiamento. Per capire quanto vale, davvero, l'informazione libera e indipendente in Italia.

Avete risposto in tanti, oltre seicento. In discussione c'era la possibilità di ricevere donazioni libere - elemosine! - di inserire qualche annuncio pubblicitario, di vendere libri e dvd tratti dalle attività del blog, e poco altro. Inutile dire che il modo più rapido per uscire dall'emergenza è il primo: il cappellino.. oops: le donazioni. Ed è proprio da lì che inizieremo ad analizzare i risultati.

Faresti una donazione?

Il 13% di voi sarebbe disposto a contribuire con una certa regolarità. La cadenza non era stata specificata ma non ha importanza: le donazioni sono e resteranno libere. Immagino comunque che un mese sia un ragionevole lasso di tempo. Il 39% dichiara di voler contribuire saltuariamente, il che è indubbiamente un ottimo proposito, infonde fiducia. Il 28% potrebbe effettuare una donazione una tantum, mentre per il 20% non se ne parla proprio. Tirando le somme, la campagna donazioni potrebbe aprirsi con un 80% dei lettori più assidui (quelli che hanno partecipato al sondaggio) che mettono mano al portafoglio.

Quale strumento preferiresti per donare?

Quale strumento preferireste usare per effettuare il vostro versamento? Io stesso ne avevo indicati tre, voi ne avete aggiunti altri. Ecco i risultati: il 55% delle contribuzioni arriverebbero tramite PayPal (Carta di Credito online); il 14% di chi è disposto a fare una donazione, preferisce invece il bonifico bancario; al vaglia postale si affiderebbero invece gli aiuti umanitari del 6% del totale; a queste possibilità voi avete aggiunto il versamento su carta Poste Pay (il 2%), il bollettino postale (1%), l'SMS e i contanti consegnati a mano.

E ora la fatidica domanda: quanto sareste davvero disposti a sborsare per avere un'alternativa in più sulla quale informarvi? Il sondaggio indicava delle fasce di contribuzione generali, non perchè la donazione non dovesse essere libera, quanto per elaborare più facilmente i dati.

Quale importo doneresti?

Bene, la maggior parte delle donazioni (il 36%) si attesterebbe su una cifra compresa tra i 6 e i 10€. A seguire, come era logico supporre, le donazioni simboliche, tra 1 e 5€, con il 29% sul totale. Il 21% di voi sarebbe poi disposto a regalare tra gli 11 e i 20€, mentre qualcuno (l'11%) potrebbe anche spendere fino a 50€. Su tutti un manipolo di benemeriti, nella misura del 2%, che potrebbe superere i 50€ ma non il tetto dei 100€, e per finire un illustrissimo 1% che potrebbe contribure con cifre superiori ai 100€.

Curiosamente, tra coloro che donerebbero con regolarità o saltuariamente si annidano anche quelli che spenderebbero di più, mentre chi ha dichiarato di poter effettuare una donazione una tantum è anche quello disposto ad autotassarsi meno. In buona sostanza: chi ci crede davvero è disposto a spendere un po' di più e con costanza. Questi potrebbero essere lo zoccolo duro dell'informazione libera, mentre il contributo degli altri sarebbe fondamentale per affrontare spese extra o situazioni di emergenza.

Ho deciso quindi di girare il cappello e lasciarlo in un angolo del blog, nell'attesa che qualcuno decida di buttarci dentro qualche spicciolo. Come si fa all'edicola la mattina. Come si lancia una monetina dentro alla fontana dei desideri. Il mio, che più che un desiderio è ormai una vera speranza, l'ho espresso ormai tanto tempo fa: Byoblu.com, ovvero informazione libera in avanscoperta, un aratro che vorrebbe tracciare una rotta nel cui solco tanti potranno camminare liberi.
Prima o poi le cose andranno esattamente così. Si tratta solo di stabilire quando. Per far sì che sia adesso, entrando a buon diritto nel futuro, basta iniziare a sostenere l'informazione libera, basta fare una donazione.

A chi se la sente, potrei dire che i soldi serviranno a pagare i server web, o l'ampiezza di banda piuttosto che una nuova videocamera, un viaggio in treno verso un convegno a cui nessuno è potuto andare. Potrei ringraziarlo perchè ha contribuito a pagare i computer, l'allacciamento a internet, la bolletta della luce, il mutuo, la scuola di mio figlio. Potrei dare un resoconto dettagliato di quello che farò dei soldi, pochi o tanti che siano, ma credo francamente che non avrebbe senso.

Quello che davvero conta è questo: che chiunque possa venire qui, spesso oppure ogni tanto, frettolosamente oppure nei suoi momenti di relax e trovare informazioni, opinioni, ricostruzioni con la sicurezza che nessun altro le ha pagate, che non servono a nessuno ...se non a voi!
Questo è lo scopo, ed è ciò che continuerò a fare, di più e meglio, se il progetto andrà avanti.

Il futuro, nessuno sa esattamente come sarà. Certamente potrebbe iniziare così, con il tuo sostegno all'informazione indipendente.

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lunedì 22 settembre 2008

La rete dentro.

La rete dentro è la prosecuzione di Isole, pubblicato il 7 settembre.
Leggerlo ti aiuterà a ricollegare il filo di Arianna.


Ogni petalo senza fiore lentamente avvizzisce, poi muore. Ogni lago senza fiume, presto o tardi evapora. Essere vivo significa essere in movimento. Così ogni isola, senza un ponte, non ha nessuna possibilità di sopravvivere al tempo. Non potendo cambiare, è destinata a divenire arida roccia.

I ponti sono necessari. Ognuno di essi è una possibilità, una via di fuga. Un giorno, lontano o vicino, potrebbe fare la differenza tra vivere o morire. Una cellula lo sa istintivamente. Ha una membrana selettivamente permeabile, una frontiera che lascia passare solo ciò che deve. Riceve cose, trasforma cose, rilascia cose che chiama prodotti di scarto. Le stesse cose che altri, là fuori, considerano una vera prelibatezza.

Questo baratto primordiale non si verifica solo nell'infinitamente piccolo. Basta girare al contrario la rotellina del microscopio e dare un'occhiata agli organismi animali. Al loro interno, sofisticati aggregati pluricellulari collaborano inviandosi messaggi, scambiandosi elementi nutritivi, filtrando ciò che non è utile. Instancabili trebbiatrici, i denti, triturano il cibo. Le ghiandole salivari lo reimpastano e, attraverso l'esofago, riempiono la vasca di pretrattamento, lo stomaco. Nel giro di tre o quattro ore un piccolo laboratorio chimico e meccanico separa, sminuzza, discioglie e invia la merce catalogata al centro di smistamento, l'intestino. Da lì, un lunghissimo nastro trasportatore organizza il carico e lo prepara per la grande distribuzione: il sangue. Nella sua corrente transitano miliardi di operosissimi autoarticolati che ogni minuto percorrono a tutta birra una rete autostradale fatta di vene, arterie e capillari. Ecco come i beni di consumo finiscono dritti dritti negli organi, vere e proprie metropoli estremamente specializzate nella lavorazione dei materiali e nell'erogazione di servizi di incalcolabile valore.

E' la rete dentro! Una micro società attenta e sensibile all'ambiente. Non brucia combustibili fossili per produrre energia: funziona ad aria. Usa l'ossigeno per bruciare il carbonio di cui ogni cosa è composta. Poi, come una stufa a legna, rilascia anidride carbonica. Là fuori, le piante ringraziano.

L'interno di un organismo animale non ha strade lastricate di munnezza, a meno che non arrivino troppi container di hamburger, ketchup e patatine, impossibili da smaltire. Alcune Città-organo sono specializzate nel trattamento dei rifiuti: mantengono tutto pulito ed efficiente. Ci sono reni che filtrano, villi intestinali che, villani, accompagnano gli ospiti indesiderati alla porta, e abbiamo perfino la raccolta differenziata. I liquidi da una parte, il solido e l'umido dall'altra, mentre i sali minerali e i feromoni vengono scortati al confine, zone periferiche al limitare del territorio, e da lì espulsi clandestinamente. Una volta fuori, attraggono e irretiscono i turisti.

Tutto è sincronizzato. Tutti danno una mano, specialmente le braccia! Se qualcosa non funziona, le forze dell'ordine hanno anticorpi speciali che in breve tempo riportano l'ordine per le strade. In un organismo animale non si scherza: per gli sbarchi clandestini c'è la pena di morte. Talvolta qualcuno riesce a trovarsi un lavoro utile, e collabora simbioticamente.

Ma non è tutto lì, un'altro giro di rotellina e il nostro microscopio mette a nudo analogie a dir poco impressionanti. Eh sì, ai piani alti della scala evolutiva scopiazzano!
In un termitaio, migliaia di organismi interagiscono a un livello di complessità superiore, replicando lo stesso paradigma organizzativo al fine di garantire la sopravvivenza del gruppo. Visti tutti insieme, essi costituiscono un corpo unico, un vero e proprio esoscheletro che li identifica come un individuo. Le loro città fatte di terra e fango possono arrivare ad essere alte anche 12 metri.

Gli esempi sono infiniti. Potremmo parlare dei formicai, degli alveari, degli stormi di uccelli che mutano direzione di volo all'unisono e apparentemente senza guida. Potremmo perfino parlare dell'uomo, l'Isola per eccellenza, il pontificatore. Potremmo descriverlo minuziosamente, questo insieme topologicamente sconfinato di atolli di varia forma e natura, ognuno con i suoi codici, la sua lingua, che si affanna nell'immane tentativo di entrare in contatto con chi possa non solo acquistare le sue merci e vendergli le proprie, ma anche e soprattutto... comprenderlo.
Ogni uomo è un organismo unico ed irripetibile, eppure è fuor di dubbio che le interazioni con i suoi simili rispondano agli stessi stimoli, alle stesse leggi che governano i rapporti fra le cellule elementari, tra le città-organo, all'interno dei termitai, dei formicai, degli alveari e degli uccelli che volano in formazione.

Sì, adesso potremmo finalmente parlare dell'umanità!
La prossima domenica.


Post collegati
  Isole, pubblicato il 7 settembre.

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sabato 20 settembre 2008

Rossi e Di Pietro - la P2 applicata più della Costituzione.


Ancora non riesco a capacitarmi di questo silenzio. Questo è un mondo capovolto. Uno può tranquillamente avere aderito ad un progetto sovversivo, e riproporne seraficamente i punti essenziali. Anzi, può addirittura diventare premier elevando quegli stessi punti a programma di governo. Questo non solleva la benchè minima eccezione nella stampa, nella televisione e nell'opinione pubblica.
La P2 non è mai stata estirpata. E' solo venuta alla luce. Venendo alla luce è diventata più forte, si è istituzionalizzata. Oggi governa, come un unico polipo che estende i suoi tentacoli su entrambi i settori del parlamento.

I politici sono macchine perfette. Professionisti dello slogan. Studiano ogni espressione del volto, dosano sapientemente le pause e rilanciano con repentini affondi verbali. Con estrema prudenza. Quel tanto che basta a dire senza esporsi. Sui temi caldi, dove si gioca il consenso, il linguaggio del loro corpo esprime tensione, misurata volontà di calibrare messaggi precisi ed efficaci. Tuttavia, i più raffinati di voi noteranno che quando un politico si accosta al tema della P2, assume un atteggiamento più disteso. L'intelaiatura demagogica si affievolisce e l'uomo sembra quasi uscire dall'armatura ideologica che lo comprime.

Sì, quando un uomo politico parla di Licio Gelli e del suo piano di occupazione dello stato, abbassa le difese. I suoi lineamenti esprimono uno strano mix di compiaciuta o amara rassegnazione. Ne parla come si racconta di una cosa inevitabile. Ti guarda con gli occhi di un amico che incontri per strada. Come se non dipendesse da lui. Come se non dipendesse da nessuno. Un politico che parla della P2, diventa un'altra persona.

Ho letto qualche passaggio del Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli ad Antonio Di Pietro e a Fernando Rossi. Guardate il video. Fatevi anche voi abili osservatori. Trovate l'impercettibile smorfia di rassegnazione, la sfumatura amara nella piega di un sorriso.
Cercate qualsiasi indizio.

Di Pietro: «Ma io credo che siamo andati oltre Licio Gelli.»

Rossi: «Tanto di quel programma è stato realizzato!»

Di Pietro: «Licio Gelli, quando ha posto in essere tutto questo, aveva posto come obiettivo quello di riuscire un giorno a occupare lo stato. Chi l'ha succeduto ci è riuscito, proprio perchè non ha avuto bisogno di una forza violenta per realizzarlo. Gli è bastato il sistema dell'informazione

Rossi: «Era una massoneria deviata? E' un caso.. Calvi a Londra? Io credo che gran parte della massoneria sia deviata. Quella era la più deviata delle deviate, ma.. molti hanno partecipato a questo progetto.»

Di Pietro: «Oggi come oggi abbiamo una situazione per cui il progetto Rinascita ha raggiunto il suo obiettivo.»

Rossi: «Purtroppo, nonostante la Costituzione sia molto più longeva, è stato più applicato il piano di Propaganda 2 della nostra bellissima Costituzione

Di Pietro: «Credo che debba nascere adesso il Progetto Resistenza. Io rispondo a chi utilizza il manualetto di Rinascita di Licio Gelli con Resistere Resistere Resistere di Borrelli


video allegati

Il Discepolo 1816Rossi sulle bancheDi Pietro sui blog

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venerdì 19 settembre 2008

Le parole che non ti ho detto


Quando avere fretta prende il sopravvento sul tempo, il nostro tempo, è un brutto segno. Quando una civiltà perde il rispetto per il sacro, è un brutto segno. Un bruttissimo segno. Quando neppure a un bambino è concesso di sognare, perchè non c'è tempo, allora è proprio finita.

Che cosa stiamo diventando, se non abbiamo più rispetto neppure per i bambini? I bambini sono il nostro passato. Sono quello che eravamo e che non siamo più capaci di essere. Ciò che abbiamo perduto. I bambini sono il futuro. Sono il solo scopo per cui esistiamo: continuare ad esistere. I bambini sono la speranza, la speranza di cambiare. Sono forse il solo motivo valido per cui di fronte al giudizio universale potremmo avere una sola chance di non essere sterminati tutti, di valere ancora qualcosa. I bambini sono sacri.

Chi non ha rispetto neppure per un bambino, non è più un uomo. E non è più una donna.
Non è più niente.

Oggi, internet non gli lascia scampo.

Barbara è la mamma di un angelo biondo. Alexander ha quattro anni e mezzo. E' un tipo taciturno. I dottori lo chiamano autismo, ma le parole sono illusioni. Confondono. Talvolta sarebbe meglio non usarle. A volte ci si capisce meglio e forse anche di più. Alexander ha fame d'amore. E' come un buco nero, assorbe tutto e lo custodisce dentro di sè. E' come una cassaforte: i nostri pensieri, affidati a lui, sono al sicuro. Bisogna fare attenzione a ciò che gli si lascia in custodia, Va selezionato, poichè vi resterà per molto tempo. Questa società ha perso il valore e l'importanza di uno sguardo. E' una società cieca ma ahimè non sorda... nè muta! Le parole di chi non sa guardare nè guardarsi dentro sono vane, inutili, vuote. Vuote di pensieri, vuote di amore, senz'anima. E le parole che si ascoltano non sono niente, solo rumore. E il rumore fa male.

Alexander porta con sè una grande lezione: se non sai bene cosa dire, meglio tacere. Meglio un sorriso. Meglio, piuttosto che tutto questo frastornante vaniloquio.

Per una giornata, per un giorno solo.. vorrei che fossimo tutti autistici. Per tornare, finalmente, a guardarci. Senza parole. Perchè le parole che non ti ho detto, sono sempre quelle giuste.

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martedì 16 settembre 2008

Byoblu incontra Di Pietro - Cossiga: IDV tutti cretini


Venerdì sera ero un ectoplasma. Dopo due ore di sonno in due giorni e un digiuno di 16 ore, mi aggiravo alla ricerca di ristoro sotto il giogo di atrezzature audiovideo, computer e bagagli. A piedi. I taxi da quelle parti sono una diavoleria del futuro.
Per fortuna, dietro Palazzo D'Avalos Vasto offre una delle viste più incantevoli d'Italia: una terrazza che si getta quasi a picco sul mare Adriatico e su tutto il litorale di Vasto Marina. Alcuni ristorantini vi si affacciano. Un tavolino su quello scorcio non ha prezzo, anche se con poco più di 20 euro ho potuto cenare con un ottimo piatto di spaghetti agli scampi - cotti al dente in maniera esemplare -, patate al forno e un paio di bicchieri di Pecorino. No, non il formaggio, ma il tipico vino bianco da vitigno autoctono che si coltiva nella provincia di Ascoli Piceno. Nella piazza centrale, Edoardo Bennato cantava e intratteneva il pubblico con discorsi anti-colonialismo americano che emanavano un intenso profumo di solidarietà umana e sociale. Chissà se avrà usato le stesse parole anche alla Festa di Atreju, quella dei giovani di AN dove era appena stato gradito ospite.
Al ritorno, l'autobus era rotto. Mi sono addormentato su una panchina, svegliandomi ogni tanto di soprassalto per il terrore di perderlo, qualora fossero riusciti a riparare il motore...

Ecco la seconda parte dell'intervento di Antonio Di Pietro davanti all'obiettivo di Byoblu.Com.

Byoblu: «Grillo dice che Napolitano è Morfeo, cioè che è qualcuno che dorme, e subito viene fatto oggetto di un'immediata aggressione mediatica. Nello scorso luglio Francesco Cossiga a Viva Voce dice che tutti gli elettori IDV sono dei cretini, e che è giusto che abbiano un cretino a rappresentarli, ma non se ne fa notizia su nessun organo di stampa.
Come mai questa differenza nell'esposizione mediatica, cioè come mai un comico non può permettersi di dare un titolo mitologico a un Presidente, mentre un ex Presidente, che dovrebbe far suo lo spirito di quell'equilibrio che viene naturale dall'essere stato attore delle istituzioni, può permettersi di instultare l'8% - o il 9% o il 10% - dell'elettorato italiano senza per questo venire criticato dalla stampa? Come mai questo accade e cosa si sente di rispondere eventualmente a Cossiga, se merita una risposta?
»

Di Pietro: «Andiamo con ordine. Vede: l'Italia dei Valori è un partito che da fastidio. Tanti di quelli che fanno parte dell'establishment vorrebbero che non ci fosse. Anche all'interno di coloro che dovrebbero essere alleati con noi, poichè noi siamo dall'altra parte di Berlusconi, devono fare gli alleati nostri perchè non ne possono fare a meno, perchè fanno i conti della serva, però a tutti quanti da fastidio che noi siamo rimasti e resteremo sempre un partito libero, e che quindi non facciamo sconti a nessuno.
Quando arriverà in parlamento la richiesta di autorizzazione all'uso delle intercettazioni telefoniche di qualche parlamentare della sinistra, mica diremo "di che partito è?", diremo "vai, corri dal tuo giudice come è giusto che ci vadano tutti quanti". Allora questa nostra libertà indubbiamente da fastidio.
Per quanto riguarda le accuse a Grillo poi alla fine, come avete visto, è soltanto questo tentativo di uno stato che non ha neanche l'altezza di fare il fascista, perchè grazie a Dio diventa una caricatura. L'archiviazione che ne è seguita immediatamente ha dimostrato come il diritto di potersi esprimere come si vuole è un diritto sacrosanto.
»

Byoblu: «Mentre non c'è ancora il diritto di satira...»

Di Pietro: «Mentre non c'è ancora il diritto di satira! Per quanto riguarda invece la questione di Cossiga, vede: ci sono delle persone che invecchiando diventano padri della patria. Ci sono persone che invecchiando diventano padri, nonni, mentalmente vecchi. Io ho rispetto delle persone anziane e quindi non intendo infierire. Il problema di fondo è che a me pare egli approfitti molto di questa sua sostanziale impunità. Nessuno gli può dire niente perchè tanto oggi in parlamento, poichè parlamentare, uno può dire tutte le stupidaggini del mondo che vuole, perchè poi per poterle utilizzare nei casi di diffamazione, ingiuria e calunnia ci vuole l'autorizzazione a procedere, che non viene mai data. Addirittura, se viene richiesta nei confronti di uno del centrosinistra, il primo ad alzarsi in piedi è quello del centrodestra che dice "no, noi siamo per la tutela.." e viceversa.»

Byoblu: «Come è stato nel caso Fassino, D'Alema...»

Di Pietro: «Come è stato nel caso Fassino, D'Alema, e come è stato da ultimo nel caso Prodi. Cioè Prodi ha dovuto dire "usate pure le telefonate" perchè quegli altri già avevano detto "ma no, no, non bisogna autorizzare". Ma neanche gliel'avevano ancora chiesto, al Parlamento. Cioè, non si deve autorizzare neanche una cosa che non è ancora stata chiesta. Quindi come vedete è una difesa della casta che noi contestiamo decisamente.»

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lunedì 15 settembre 2008

Byoblu incontra Di Pietro - I blog e la legge sull'editoria


Vasto 2008 è iniziata in maniera febbrile. Di Pietro, da buon padrone di casa, si occupava personalmente di qualsiasi cosa, dalle previsioni del tempo al pranzo. Anna, sua figlia, sembrava un messaggio di posta elettronica: imperversava in lungo e in largo, attraversando Palazzo d'Avalos a velocità quantiche, trasportando allegati di varia natura ora all'organizzazione, ora agli ospiti, ora al suo adorato papà.
Tutti estremamente gentili e disponibili. Tutti anche estremamente indaffarati. Non era francamente il luogo adatto per affrontare le decine di questioni che avete posto qui sul blog. Così ho concordato con il suo ufficio stampa una giornata a Roma interamente dedicata a fare chiarezza sulle vostre perplessità. Tempi brevi. Vi tengo aggiornati.

Una bella chiacchierata informale con il Presidente dell'Italia dei Valori è comunque servita a sciogliere il ghiaccio. Nella prima parte abbiamo parlato di blog e di editoria. Ecco cosa ci siamo detti.

Byoblu: «Dott. Di pietro, innanzitutto la ringrazio perchè avvicinarsi in questo modo al mondo dei blogger è un segnale di trasparenza e di quell'essere diretti di cui in questo momento il paese ha bisogno.»

Di Pietro: «Io su questo vorrei ribadire il mio impegno non solo nelle feste di partito che può anche fare comodo, ma in sede istituzionale. Abbiamo lanciato infatti, in questa assemblea programmatica dell'Italia dei Valori, l'idea del comune trasparente. Ogni consigliere comunale, assessore, sindaco, assessore provinciale e così via, ogni eletto dell'Italia dei Valori, ogni amministratore dell'Italia dei Valori ha ricevuto l'ordine di mettersi a disposizione di coloro che con una videocamera vogliono andare a videoregistrare ciò che accade nelle sale dove si decide, e quindi in questo modo facendo sì che tutti i cittadini possono sapere quel che accade. So che alcuni comuni già lo fanno direttamente in streaming, alcuni comuni lo sopportano, alcuni comuni chiamano i carabinieri, li fanno sloggiare. Noi dell'Italia dei Valori vogliamo avocare a noi questa responsabilità. Laddove noi siamo presenti voglio vedere come fanno a dire al consigliere comunale, provinciale, regionale non fare entrare la telecamera del tuo collaboratore.»

Byoblu: «Dott. DiPietro, quando l'Italia dei Valori mi ha invitato qui a Vasto, io ho lanciato l'iniziativa sul blog, ai miei lettori, tra i quali vi sono molti elettori IDV, di porle direttamente delle domande. Ne ho ricevuto tantissime, e ho ricevuto anche l'assicurazione dal suo ufficio stampa che troveremo il tempo nel prossimo futuro per evaderle tutte. Per ora gliene faccio tre. La prima è questa.
Il mondo dei blog è scosso per la sentenza che di recente ha condannato lo storico Carlo Ruta per il reato di stampa clandestina. L'Italia dei Valori ha presentato una interrogazione parlamentare con Giuseppe Giulietti, definendo la cosa un attacco alla libertà di espressione. Qualcuno ha fatto osservare, in rete, che Giulietti era la stessa persona che nel 2001, probabilmente non con l'Italia dei Valori, è stato relatore di questa legge, ed assicurava che non sarebbe mai stata strumentalizzata per attaccare la libera informazione in rete. Prima di tutto volevo sapere se una tiratina d'orecchie a Giulietti gliela diamo, e secondariamente qual'è l'impegno di Italia dei Valori per consentire che questa legge possa essere riveduta perchè anche in Italia, come avviene nel resto del mondo a parte certi paesi che non vogliamo nominare, si arrivi ad una effettiva libertà di espressione sul web.
»

Di Pietro: «Andiamo con ordine. Innanzitutto io ricordo quando Giulietti disse, nel 2001, che tutto sommato è una norma che attiene ad avere il riconoscimento, lo storico di chi svolge una certa attività di informazione ed è bene che ci sia. Già allora noi abbiamo avuto modo di dire guarda che in un paese normale è così. In un paese anormale finisce per diventare tutta una censura. Finisce per impedire al cittadino di informare e di essere informato. E infatti adesso si è ricreduto e l'ha dovuto porre.
Ma non è tanto questa la questione quanto il fatto che l'Italia dei Valori ha assunto direttamente come proprio onere, come proprio impegno di lavoro quello di portare all'interno del parlamento questo impegno di libertà e di trasparenza, il diritto alla stampa, questa evoluzione del diritto alla stampa. Non solo con l'interrogazione parlamentare di sostegno a quello che è stato condannato - la colpa non è del giudice, la colpa è della norma -, ma noi abbiamo anche messo insieme una proposta  - i nostri uffici legislativi su questo stanno lavorando. Stiamo facendo pressione presso i presidenti dei gruppi parlamentari affinchè sia messa all'ordine del giorno una proposta che abroga quella norma. E' una norma senza senso, senza logica, fuori storia, anacronistica. E' una cosa senza nè capo nè coda, è stata fatta quando non c'era tutta questa possibilità di comunicare, quando bisognava andare in giro con il megafono.
Seconda questione è che l'Italia dei Valori ha preso posizione nei confronti del blogger che è rimasto imbrigliato in questa vicenda. Noi prendiamo occasione da questa vicenda per lanciare questo allarme, tanto che noi assisteremo cammin facendo la vicenda personal giudiziaria di questa persona perchè riteniamo che il giudice, con un'interpretazione secundum legem ma anche secondo il buon senso della legge, senza forzare la legge, possa arrivare lo stesso ad un proscioglimento, ad una assoluzione perchè deve rendersi conto che siamo in un mondo completamente diverso. Non ha senso assimilare la carta stampata all'autoinformazione cui ogni cittadino ha diritto. Io ho diritto, grazie a Dio ho la parola. Allora quello che è sordomuto cosa fa? Avrà un suo altro modo, e quando l'evoluzione tecnologica mi da la possibilità di parlare attraverso un blog, perchè a voce posso dirlo e col blog no? Io, oggi, nessuno mi può impedire qui, in mezzo a questo giardino, o sul marciapiede, di mettermi in piedi e di cominciare a urlare a tutti che il mondo è quadrato. Il problema è cosa dico, se sono credibile o meno. Non ho capito perchè lo posso dire in mezzo a una piazza, e non lo posso dire in una piazza virtuale. Cosa c'entra questo con l'organizzazione di una filiera di stampa e quindi con la necessità di registrarsi in tribunale? Per andare a parlare in mezzo alla strada e dire il mondo è quadro non ho bisogno di nessuna autorizzazione.
»

Byoblu: «E' un po' come lo Speakers' Corner a Londra.»

Di Pietro: «Ma questo è uno Speakers' Corner. Il blog è come uno Speakers' Corner mondiale e virtuale.»

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venerdì 12 settembre 2008

Berlusconi - Carfagna, la coppia spazzina

Sono sul treno, in viaggio per Vasto.


Silvio Berlusconi ha marciato sui primi cento giorni del suo governo al grido "Via la spazzatura dalle strade". Sebbene non abbia mai spiegato che in realtà intendeva toglierla da alcune strade per spostarla in altre strade, lo slogan, sì come malattia venerea, deve avere contagiato anche la sua presunta compagna: Mara Carfagna. Anche il Ministro delle Pari Opportunità vuole togliere la spazzatura dalle strade. Unica differenza: Berlusconi parla di rifiuti inorganici, la Carfagna di quelli umani. "Mi fa orrore chi vende il proprio corpo", ha dichiarato rispetto al fenomeno della prostituzione. Vendersi per la strada sarà dunque reato, tanto per la lucciola quanto per il cliente. Da cinque a dieci giorni di galera, tuttavia in piena sintonia con il suo premier, la Carfagna non ha spiegato dove intenderebbe metterle, queste signorine di cui lei ha orrore, ovvero cosa vorrebbe farne di questi rifiuti. Spero non voglia termovalorizzarle!

A spiegarlo ci pensa Tosi, sindaco leghista di Verona, il quale con una logica inoppugnabile aggiunge: "Via le prostitute dai condomini abitati da rispettabili nuclei familiari" (n.d.: se sono nuclei familiari un po' sfigati invece ok), "quindi vengano spostate dove non danno fastidio a nessuno. Un ente locale indicherà le zone adatte. A Verona, per esempio, vedo bene l'area industriale, per esercitare il sesso a pagamento. Intendiamoci, non sto parlando di quartieri a luci rosse, basta che si trasferiscano in immobili di periferia". E io che pensavo che i quartieri a luci rosse fossero zone adatte indicate da un qualche ente nelle quali concentrare il sesso a pagamento. Pensate come ero ingenuo. Chissà se per Tosi una zona adatta potrebbe essere considerata il Parlamento, visto che di fatto è una periferia della moralità, e che le prostitute entrano ed escono in un simpatico andirivieni.

Mi chiedo infine cosa abbia da dire il Ministro delle Pari Opportunità rispetto all'investitura divina di Renzo Bossi alla guida della Lega Lombada. Credevo che le dinastie faraoniche e quelle degli imperatori romani fossero roba da libri di storia. Invece no, perchè è evidente che il figlio del Senatur ha avuto pari opportunità rispetto a migliaia di altri cittadini italiani. Tant'è vero che Silvio Berlusconi, il quale più che di opportunità è esperto di opportunismo, ha subito chiesto che Renzo partecipasse ai grandi vertici del Palazzo.

Anche qui, pensato come ero ingenuo.

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mercoledì 10 settembre 2008

Quanto vale l'informazione libera?

Attenzione:

  L'Italia Dei Valori mi ha invitato a Vasto, da venerdì 12 a domenica 14 settembre, al terzo incontro nazionale.
  Ritengono "fondamentale la presenza di blogger che garantiscano un’informazione vera e trasparente".
  Internet sta cambiando le cose. Se avete domande, suggerimenti o critiche da avanzare a IDV, scrivetele tra i commenti, le girerò ai miei intervistati.


Quanto vale l'informazione libera e indipendente? A parole è un bene inestimabile. E' la base sulla quale si fonda la capacità di scelta dei cittadini, ovvero degli elettori. Dunque è inalienabile presupposto per una democrazia reale.
Proprio per questo, tuttavia, ha grandi implicazioni etiche. Se la democrazia fosse una religione, un'informazione non controllata sarebbe il primo comandamento. Per questo motivo viene spesso percepita come una missione. E come per una missione, si deve fare per spirito di servizio. E' volontariato.

Questo ragionamento conduce in fretta a un paradosso: chi fa della disinformazione ha un lauto stipendio, perchè assolve ad una funzione criminosa, sovvenzionata dai malfattori stessi che se ne avvantaggiano. Chi invece cerca di informare correttamente deve fare la fame.
Quanto vale quindi l'informazione libera e indipendente? Non si sa, ma economicamente parlando vale meno della disinformazione coordinata e continuativa.

Così, il mestiere di libero informatore è un lavoro che può fare solo chi non ha problemi di soldi, oppure chi è disposto a farsi controllare.

Io non ricado in nessuna delle due categorie. Quindi, con estrema trasparenza vi rinnovo la domanda: quanto vale per voi un'informazione libera e indipendente? E' possibile trovare forme di monetizzazione alternative, per non lasciare un'attività così delicata nelle mani di chi non si fa scrupolo a servirsene in maniera strumentale?

Vi chiedo di compilare un breve questionario. Non sono che una decina di domande, si risponde in due minuti. E' molto importante che siate sinceri.

Pubblicherò i risultati online e li discuteremo insieme.

AVVIA IL SONDAGGIO

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lunedì 8 settembre 2008

Irlanda e Trattato di Lisbona: le ragioni del no.

Le proteste al parlamento europeo per l'assenza di un referendum sul Trattato di Lisbona

Il Trattato di Lisbona: 70 articoli per riscrivere la Costituzione Europea.
In questo post avevamo sollevato il cofano e iniziato a gettare uno sguardo su puleggie e rotelle. Doveva entrare in vigore dal 1° gennaio 2009, senonchè qualcuno aveva fatto i conti senza l'oste. L'oste in questo caso è l'Irlanda, che in un referendum del 12 giugno 2008 ha detto un secco no alla riforma. Così i 24 paesi che hanno già ratificato il trattato (oltre all'Irlanda mancano ancora la Svezia e la Repubblica Ceca) dovranno aspettare, almeno fino a quando l'Europa non avrà deciso come affrontare il risultato referendario. Se l'oste è l'Irlanda, i conti in questo caso li ha fatti The Gallup Organization, una società che da più di 70 anni studia la natura e il comportamento dell'essere umano. Alla Gallup hanno fatto un po' di telefonate, e hanno pubblicato i risultati di un sondaggio post-referendario, nel quale sostanzialmente si chiedeva conto ai pel di carota della loro posizione.

Alla domanda "per favore, mi dica le ragioni del suo voto contrario al Trattato", ecco come gli irlandesi hanno risposto.

%risposta
22%Perchè non ne so abbastanza e non voglio votare qualcosa di cui ho scarsa conoscenza
12%Per proteggere l'identità irlandese
6%Per salvaguardare la neutralità irlandese in materia di sicurezza e difesa
6%Non mi fido dei nostri politici
6%Perderemo il nostro diritto di avere un commissario irlandese in ogni commissione
6%Per proteggere il nostro sistema di tassazione
5%Sono contro all'idea di un'Europa unificata
4%In segno di protesta contro le politiche del governo
4%Per evitare che l'Europa si pronunci all'unisono su questioni globali
4%Perchè i grossi stati membri decidono le politiche europee
3%Per proteggere l'influenza dei piccoli stati
2%Porterebbe all'introduzione anche in Irlanda della legislazione europea in materia di matrimoni gay, aborto, eutanasia
1%Per evitare il flusso immigratorio
1%Perchè l'Europa va bene così, non ha bisogno di alcun aggiustamento
14%Altro
3%Non sa - non risponde


Da notare che sono soprattutto i giovani ad essersi espressi in maniera contraria. Nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni hanno detto no ben il 61.2% dei votanti, e lo stesso hanno fatto il 54,6% degli adulti tra i 25 e i 39 anni. E' una coincidenza che i no siano maturati soprattutto tra coloro che presumibilmente usano internet come mezzo di informazione integrativa?

In ogni caso, agli irlandesi essere consultati piace, tanto è vero che quasi il 66% risponde di volere ulteriori referendum sulle questioni di un certo rilievo nazionale.
Agli italiani invece sarebbe stato inutile fare qualsiasi domanda, perchè a decidere la ratifica ci hanno pensato le camere, senza che il minimo risalto venisse dato alla faccenda, tra il 23 e il 31 luglio scorsi, con piena unanimità - 837 voti favorevoli su 837.

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domenica 7 settembre 2008

Isole

Isole


Siamo isole, lo siamo sempre stati. Piccoli atolli brulicanti di singolari forme di vita, i nostri pensieri. Neppure noi sappiamo bene da dove vengano, nè dove siano diretti. Però li capiamo. In quell'attimo splendente in cui ci attraversano come un dono, essi ci rivelano tutti i loro segreti. Anzi, per l'esattezza noi siamo i nostri pensieri. E' il loro continuo avvicendarsi come le onde del mare, o come le foglie nei mulinelli creati dal vento... è questo che noi chiamiamo coscienza. Un sapere inaccessibile che nessuna interfaccia potrà trasferire, nessun motore di ricerca potrà catalogare, nessun hacker potrà duplicare. E che sfortunatamente morirà con noi.

Sì, siamo isole! Abbiamo uno statuto autonomo, anzi perfino una costituzione interamente scritta da noi. Abbiamo leggi immutabili e altre che siamo disposti a cambiare, dopo essere state comprese e approvate dal buon senso. Siamo re e regine, abbiamo in noi musici, poeti e scrittori che ogni giorno inventano per noi personalità nuove, che invariabilmente sfoggiamo per sorprendere gli amici. Abbiamo perfino un esercito ben addestrato che chiamiamo orgoglio. Ci aiuta a metterci sulla difensiva quando venti di cambiamento si avvicinano minacciosi. Combatte per la nostra sovranità affinchè nessuno, di questa nostra isola, possa mai dire colpita e affondata. Abbiamo la nostra fede, simile ad una religione di stato perchè nel nostro mondo niente è laico. Ogni cosa è rivelata, scritta in un vangelo che racconta della nostra infanzia, dei nostri primi miracoli, quando mille trasformazioni prodigiose ci hanno fatto sentire onnipotenti e immortali. Una bibbia che narra della nostra passione, la sofferenza giornaliera di essere isole e non vedere mai un albero maestro comparire all'orizzonte. Il testo sacro dei nostri miti e dei nostri tabù, che ogni domenica recitiamo professando il nostro credo, dopo esserci confessati e quasi sempre autoassolti in cerca di un segno di pace. Ed è inseguendo le sue antiche profezie che ogni giorno scriviamo il nostro messaggio d'amore, lo chiudiamo nell'ennesima bottiglia di birra ormai vuota e lo affidiamo alle correnti del mare. Non perchè qualcuno lo possa davvero leggere,  ma perchè è un'ottima ragione per continuare a bere.

Siamo isole, sì! Ed è per questo che ci affanniamo tanto a costruire ponti.

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venerdì 5 settembre 2008

Intercettazioni telefoniche for dummies.

intercettazioni telefoniche

Gianluigi Nuzzi, sul numero di Panorama del quattro settembre 2008, pubblica un articolo (per vedere il link è necessaria una registrazione anche anonima) il cui intento è mostrare che Romano Prodi non è diverso da Silvio Berlusconi. Se la tesi è dimostrare che entrambi utilizzano il telefono, Nuzzi riesce sicuramente nel suo intento. Per il resto, finora niente di paragonabile alle esplicite raccomandazioni di attrici e soubrette fatta da un Presidente del Consiglio a un alto funzionario di un'azienda statale: la Rai. Staremo a vedere, visto che la rilevanza penale di tali conversazioni è al vaglio della Procura di Roma, che per il momento non ha ancora iscritto nessuno al registro degli indagati.
Quando si cerca la polvere, di solito basta alzare il tappeto. Sotto al cofano dell'articolo di Nuzzi si cela il suo vero scopo, o meglio lo scopo di Panorama, o ancor meglio quello di Silvio Berlusconi che poi è la stessa cosa.
Ecco il tappeto: "Intercettazioni che sono destinate comunque a sollevare nuove polemiche: da una parte sugli antichi vezzi della casta, a iniziare da quelli finora sconosciuti di Prodi, dall’altra su uno strumento investigativo che ormai entra nel quotidiano di chiunque."
Ecco la polvere: "che ormai entra nel quotidiano di chiunque." Spazziamola via!

Nuzzi fa da sponda al suo editore, che dai tempi di Licio Gelli ha dichiarato guerra aperta all'ultimo potere realmente indipendente che è rimasto alla nostra Costituzione: la magistratura. L'obiettivo è costruire un'opinione pubblica che si senta minacciata dalle intercettazioni telefoniche. La tecnica è sempre la stessa usata per la spazzatura: si crea l'allarme e poi si allevia la tensione somministrando la soluzione. E la soluzione si chiama: impedire le intercettazioni.
Inizia Angelino Alfano: appena entrato in carica produce dati empirici in cui calcola che gli italiani intercettati siano ben tre milioni. Questo fa il paio con le dichiarazioni di quel buontempone alla guida del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Luca Zaia, il quale ad agosto dichiara che "ha degli amici pastai a cui chiederà quanto costa effettivamente fare il pane, così potrà capire quale possa essere un prezzo equo al pubblico". Nel caso aveste ancora un'idea prestigiosa delle cariche ministeriali, sono costretto a deludervi. In italia non è necessario avere competenze profonde in materia, nè saper guidare una segreteria scientifica che svolga indagini accurate con metodologie precise: basta un foglietto dove scarabocchiare quattro calcoli empirici o avere qualche amico pastaio, et voilà: la legge è servita! Talvolta basta perfino avere dimostrato di saper ricoprire in maniera estremamente professionale la carica di soubrette.
Come arriva, empiricamente, ai tre milioni di italiani intercettati Alfano? Il ragionamente non fa una grinza: prende i 100.000 decreti di intercettazione, poi prende una media di 30 telefonate al giorno, e sostiene che ci siano 3.000.000 di italiani sotto controllo. Siccome il suo è un ministero empirico e non scientifico, può permettersi di trascurare che:
  1. Il magistrato deve fare un decreto per ogni telefono usato dall'utente.
  2. Il decreto vale 15 giorni
  3. Trenta telefonate non significano trenta persone diverse
Solamente Moggi aveva circa 20 utenze, tra cellulari, linee private e linee ascritte ai suoi uffici. Se consideriamo 1 decreto per ogni utenza, emesso ogni 15 giorni arriviamo alla modica cifra di 480 decreti complessivi che ci siamo giocati per intercettare una persona sola, seppure diabolica e tentacolare come Moggi. Se Moggi chiamava dieci volte al giorno la moglie, poi, non significa che gli vada ascritto anche il reato di poligamia! Una larga parte di telefonate coinvolgono sempre le stesse persone. In realtà in Italia ci sono circa 20.000 persone scarse intercettate ogni anno. Una cifra pari al dato francese. Rispetto al dato americano siamo a dieci volte tanto, ma solo perchè in Italia tutte le intercettazioni devono passare dalla magistratura, mentre negli states ogni servizio segreto fa da sè.

Quindi, caro Nuzzi, perchè nel tuo articolo scrivi che le intercettazioni sono "uno strumento investigativo che ormai entra nel quotidiano di chiunque"? Gli italiani sono sessanta milioni. Quelli intercettati sono poco meno di ventimila. Considerato che trenta telefonate al giorno sono tantine, e che con tutta probabilità le numerazioni telefoniche in larga parte si sovrappongono, arriviamo ad una cifra ragionevole di 600.000 persone coinvolte all'anno.  L'1% non è esattamente "il quotidiano di chiunque". Diciamo che è il quotidiano di chi svolge alti incarichi pubblici, che in quanto tali devono essere resi espliciti e consultabili anche in quanto a modalità di svolgimento. Le trattative private nella sfera pubblica sono un controsenso.
Alfano, che da piccolo evidentemente amava giocare al piccolo chimico, tira fuori un altro dato empirico. Le intercettazioni costano, e costano ben il 33% della spesa pubblica destinata al funzionamento della giustizia. Come faccia a fare il Ministro uno che non sa neanche far di conto è una faccenda che mi perplime, e talvolta perfino mi innervosice. Il bilancio della giustizia per il 2007 è stato di 7, 7 miliardi di euro. La spesa per lo stesso anno per la sola quota delle intercettazioni telefoniche è stata di 224 milioni di euro.

Non voglio insultare la vostra intelligenza matematica più di quanto Alfano non offenda gli italiani fornendo dati falsi a supporto delle convenienze di pochi. Tuttavia, tra il 33% e il 2,9% vi è pur sempre una innegabile differenza. Sapreste trovare quale?

Per i fortunati solutori del quiz, in regalo una carica ministeriale.

Video allegati

Il Discepolo 1816



Fonti

Costi per intercettazioni telefoniche 2006/2007
Decreti di autorizzazione e convalida delle intercettazioni telefoniche rilevati presso la Procura della Repubblica

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