le intuizioni ovvie di claudio messora

giovedì 4 settembre 2008

Malasanità: moriamo più degli americani.


In america nel 2000 sono morte 2.403.351 persone. Di queste, quasi 98.000 per errori medici ospedalieri. I morti per i cosiddetti preventable errors, gli errori di cui si poteva fare a meno, sono più del doppio rispetto a quelli dovuti agli incidenti stradali (43.458), al tumore al polmone (42.297) o all'AIDS (16.516). Lo dice l'Institute Of Medicine (IOM) in una storica pubblicazione che tenta di rompere il tabù corporativo: "To Err Is Human: Building a Safer Health System" - Errare è umano: costruzione di un sistema sanitario più sicuro.

Esiste un'altra versione. Quella governativa, quella rassicurante. A stilarla è il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), agenzia dell'United States Department of Health and Human Services. Cosa fa il CDC? Prende quegli oltre 90.000 morti e dice che solo 3.291 sono da attribuirsi ai cosiddetti Adverse Effects, ovvero gli errori medici ospedalieri così come classificati dall’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems. Gli altri li spalma tra gli Unintentional Injuries (infortuni accidentali) e li classifica tra le cadute, gli avvelenamenti, i colpi accidentali di arma da fuoco e così via.

Classifica delle cause di morte in america nel 2000. Dati CDC


Accade dunque una cosa curiosa. Da una parte abbiamo l'IOM che dice "98.000 casi di morte imputabili a malasanità". Morti cioè evitabilissime. Dall'altra arriva il CDC e a colpi di machete riduce i casi ad appena 2.391! Fino a 30 volte di meno!
Come mai? E' ragionevole pensare ad un conflitto di interessi? Sul piatto c'è molto di più che una semplice statistica: dove c'è un morto che avrebbe potuto essere ancora vivo, se l'apparato ospedaliero avesse funzionato a dovere, ci sono infatti precise responsabilità legali. Ci sono poltrone e cariche politiche che potrebbero saltare. E soprattuto ci sono pazienti che, se correttamente informati, potrebbero evitare di farsi curare. Meno pazienti: meno ricavi!

E in Italia? Se negli Usa la situazione informativa al riguardo appare quanto meno deficitaria, nel nostro paese - manco a dirlo - è praticamente assente. Negli States il sistema sanitario è privato: se non hai la carta di credito ti lasciano morire. Noi invece curiamo tutti, almeno a parole. Ciononostante, se partiamo dall'assunto che due blasonati paesi occidentali debbano condividere lo stesso know-how medico-scientifico, uno scenario clinico non difforme e una paragonabile qualità in termini di prestazioni, allora con una semplice proporzione potremmo ricavare una stima della nostra situazione. Siamo un quinto degli americani, dunque dovremmo aspettarci un massimo di 20.000 morti all'anno. Ma Porta a Porta del 31 ottobre 2006 titola: "Errori medici: 90 morti al giorno?". Parliamo quindi di 32.850 morti all'anno. Un dato quasi doppio rispetto alle pur già non lusinghiere aspettative. Durante il talk-show, il Ministro della Salute e il suo predecessore Girolamo Sirchia, che passavano di lì per caso, sembravano quasi sollevati dal non avere dati a supporto, piuttosto che dal non averne a smentita. L'AMAMI, l'Associazione Medici Accusati di Malpractice Ingiustamente (un nome e una mission che però la dicono lunga sull'imparzialità dei loro giudizi), prontamente minaccia querele a chi ha diffuso tali statistiche, e in una lettera aperta a Livia Turco auspica che venga istituito un osservatorio del contenzioso e dell'errore medico. Lo scopo di tale osservatorio sembra essere chiaro a Panorama, che il 9 novembre 2007 titola: "Un osservatorio per combattere il business delle denunce ai medici". Alla faccia dell'osservatorio imparziale! Più che altro fa pensare all'ennesimo organo di difesa corporativa.

Eppure quel dato, quei novanta morti al giorno, qualcuno l'avrà pure calcolato. A lanciare la notizia fu il Corriere Della Sera, in un articolo del 24 ottobre 2006. Assinform stimava che i pazienti diversamente curati fossero addirittura 137. L'otto per cento dei decessi! Del resto Marco Venturini, primario oncologo all'ospedale di Negrara (Verona) ricordava che «su 4 milioni di atti terapeutici, il San Raffaele di Milano ha dichiarato 80 errori. Un numero troppo basso. Non bisogna avere paura nel segnalare questi episodi, perchè dagli errori si impara a beneficio dei medici e dei malati».
Il dato fu discusso approfonditamente, sempre il 24 ottobre 2006, in un convegno organizzato dall'Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), e tenutosi alla Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano, in collaborazione con la Dompè Biotec. Sfortunatamente ebbe una risonanza superiore alle aspettative, pare in seguito a dissapori in seno agli stessi vertici della AIOM.
Claudio Solarino, di Rihoir, chiese immediatamente gli atti del convegno. Bajetta, presidente di AIOM, fu molto evasivo, sostenendo di non esserne in possesso e di non sapere neppure dove cercarli. Decisamente fuori dal comune per chi quel convegno l'aveva patrocinato pochi giorni prima. Stessa attenzione fu riservata a Rihoir da Raiclick, cui Solarino chiese la registrazione della fatidica puntata di Porta a Porta. Analoga risposta dall'Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri (AAROI), che ha recentemente ritrattato anche la sua stima sul numero di decessi (14.000 casi all'anno), erroneamente diffusa dall'Associazione Nazionale dei Medici Cardiologi Ospedalieri, ma ha affermato che sta conducendo uno studio che presenterà a settembre. L'AMAMI, sempre quelli dei medici accusati ingiustamente di praticare male, ha subito rilasciato un velenosissimo comunicato stampa in cui sostanzialmente diffida gli anestesisti dal tirare fuori una qualunque stima dei dati cui saranno nel frattempo pervenuti, perchè non sarebbero attendibili a priori, essendo di difficile estrazione, e auspicando invece il famoso osservatorio. Quell'osservatorio che secondo Panorama serve a combattere il business delle denunce ai medici. Secondo Rihoir invece è non solo possibile incrociare i dati dei tribunali e delle assicurazioni al fine di ottenere dati attendibili fin da subito, ma non ha fondamento anche l'affermazione dell'AMAMI secondo cui l'errore medico non è contemplato tra le cause di morte ICD - International Classification of Diseases. Dice infatti Solarino: «a quanto ci risulta, oltre che in altre parti (X40-X49), esse sono invece specificamente codificate, all’interno del capitolo XX - External causes of morbidity and mortality (codici da Y40 a Y84: Complications of medical and surgical care) perfino con riguardo al caso di disavventura non menzionata durante la procedura (codici Y83 e Y84: Surgical and other medical procedures as the cause of abnormal reaction of the patient, or of later complication, without mention of misadventure at the time of the procedure); siccome l’evitabilità dell’errore va accertata, il codice ICD non ci sembra un ostacolo, ma anzi un’ottima base da cui partire per la codifica dei casi da analizzare successivamente».

Tutti contro tutti, insomma. All'italiana: pizza e spaghetti. Abbiamo un'associazione per qualsiasi cosa, ma nessuna sa niente, salvo fare lo scaricabarile sull'altra. L'unica cosa certa è che c'è della gente che muore, e che continua a morire senza sapere perchè. Qualcun altro invece il perchè lo sa, anche se non so quanto possa rallegrarsene. In Italia ogni anno muoiono 7000 persone per infenzioni ospedaliere. L' Istituto Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani ha condotto una ricerca finanziata dalla multinazionale farmaceutica GlaxoSmithKline. L’indagine, condotta su 300 reparti di medicina, chirurgia e terapia intensiva di 40 ospedali italiani, per un totale di circa 13.000 pazienti, ha evidenziato che In Italia le infezioni contratte in ospedale possono essere stimate ogni anno in un numero oscillante tra 450 e 700 mila, con una mortalità di circa l’1% e un costo che si aggira intorno ai 100 milioni di euro. Quanti di questi morti si potrebbero evitare? Qualcuno sì, basti pensare che uno studio condotto dal prestigioso New England Journal of Medicine (NEJM) ha rilevato come sia bastato lavarsi le mani (ebbene sì!) e l'aver indossato maschere e guanti per ridurre in alcuni reparti di rianimazione del Michigan il tasso di infezione del 66%!


A questo punto, mentre le associazioni di categoria litigano fra di loro, noi uomini di buona volontà e apparentemente ancora dotati di buon senso possiamo fare quattro conti.
In Italia muoiono una media di 5750 persone per infezioni ospedaliere. Di queste, uno studio in un paese dalle caratteristiche simili al nostro ha dimostrato che circa il 66% sono evitabili con semplici precauzioni. Dunque il numero medio dei morti per la sola frazione di errore medico ospedaliero connessa alle infezioni, nel nostro paese, può ragionevolmente essere considerato in 3765 casi l'anno, ovvero 10,4 al giorno! Quanti casi analoghi (codice E872 - Failure of sterile precautions during procedure) sono riportati negli Stati Uniti dal CDC? Quattro. Quattro casi all'anno. Ma se guardiamo meglio emerge di più, molto di più!
Quanti sono, in tutto, i casi che il CDC attribuisce genericamente ad errori medici in un anno, negli states? 3291! Dunque, solo per infezioni evitabili, in un anno morirebbero quasi 500 italiani in più rispetto al complessivo dei casi di tutti gli errori medici degli americani. E, se Euclide non scherzava sostenendo che la parte è minore del tutto, il numero medio dei decessi per errore medico evitabile in ospedale deve supporsi significativamente maggiore di 10,4 morti al giorno. Più precisamente, per l’incidenza ufficialmente riscontrata negli Stati Uniti, deve supporsi maggiore del precedente in misura almeno pari al 10%.


Ha ragione l'AMAMI ad arrabbiarsi: non sappiamo esattamente quanti morti abbiamo causati da errori medici evitabili.
Sappiamo solamente che da noi si muore di più rispetto all'america, che detiene un numero di abitanti 5 volte superiore al nostro. Cioè, in definitiva, abbiamo un numero di morti evitabili più che cinque volte superiore a quello, tanto criticato, degli Stati Uniti.
Fonte:

Claudio Solarino

Leggi il resto...

lunedì 1 settembre 2008

La guerra in Georgia


Nel corso degli ultimi milioni di anni siamo passati dall'utilizzo dell'energia umana a quella meccanica ed elastica, attraversando quella animale, quella lignea, per arrivare al carbone. L'era del carbone è iniziata alla fine del '700 e si è conclusa nei primi anni '60, con l'avvento dell'Era del Petrolio. E adesso?
Sono entrato in possesso delle previsioni energetiche per i prossimi 150 anni.

L'utilizzo del petrolio andrà scemando, passando dal 38% del 2010 al 30% nel 2050. Il nucleare non farà molta strada: dall'attuale 5/6% forse salirà al 7%. Le energie rinnovabili come il solare, le biomasse, l'eolico, il geotermico.. Beh, non illudetevi: dall'8% attuale si guadagneranno circa il 12% che, intendiamoci, rappresenta pur sempre un incremento di oltre il 200% in termini di consumi globali soddisfatti, che nel frattempo saranno aumentati dagli 11 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio attuali - TEP- a quasi 20.
Ma c'è una fonta, una sola, della quale abbiamo ancora riserve per almeno 200 anni, e che tra gli anni '30 e gli anni '40 prenderà il sopravvento su tutte le altre. Sto parlando dell'Era del Gas Naturale. E da dove arriva quasi tutto il gas naturale che consumiamo in Europa? Ma dalla Russia, naturalmente! A meno che... non si costruiscano gasdotti che passano al di fuori del territorio sovietico. Diciamo, dalle parti della Georgia?

E allora parliamo della Georgia! In Italia arriva solamente una parte della storia. Arrivano immagini dei morti causati dalla Russia, a volte palesemente false come quelle della Reuters, ma nessuno parla dei 1600 morti caduti sotto il fuoco georgiano. Del resto, almeno tre quarti dei profughi censiti dalla Croce Rossa sono osseti, mica georgiani! Eppure non li vedete spesso in tv, vero? Come mai? Forse è meglio fare un passo indietro.

L'anno scorso, il presidente della Georgia ha ordinato ad alcune compagnie israeliane specializzate nella sicurezza circa un migliaio di consulenti militari, per addestrare le forze armate georgiane in tattiche da combattimento. Da Israele arrivano a Tbilisi anche soluzioni sull'intelligence militare e sulla sicurezza. Quindi dietro all'attacco georgiano in Ossezia si muove l'intelligence israeliana. Mosca aveva ripetutamente chiesto a Gerusalemme di cessare l'assistenza militare alla Georgia, cosa che ha messo in crisi le relazioni diplomatiche tra la Russia e Israele. Ma quali interessi può avere Israele da quelle parti?

Dal Mar Caspio parte il secondo oleodotto più lungo al mondo, chiamato BTC - Baku-Tbilisi-Ceyhan. Nel maggio 2005 da Baku ha cominciato a pompare petrolio che, dopo un viaggio di oltre un anno, lungo 1768 km, ha cominciato ad affluire in un porto a sudest della costa mediterranea turca. Da lì ad Haifa, l'oro nero è separato da un breve tratto di mare. Dopo che, in precedenza, Putin aveva rifiutato di portare gas nei porti israeliani,l'indipendenza della Georgia è una chiave fondamentale nella sopravvivenza in sicurezza dell'oleodotto, che bypassa completamente i territori russi.
Inoltre, la Russia ha bisogno di mantenere il controllo totale sul Mar Nero, per continuare ad esercitare il ruolo di monopolista del gas naturale nei confronti dell'Europa, liberandosi della scomoda Ucraina, e diventare così il nuovo OPEC del secolo a venire.

E l'Italia? Beh: mentre l'Europa sta finanziando Nabucco, un tubo lungo 3.400 Km che a partire dal 2010 porterò il gas naturale dal Mar Caspio fin nel vecchio continente, saltando a piè pari Russa e Ucraina allo scopo di affrancarsi così dal monopolio sovietico, l'Italia va in controtendenza. Il 18 gennaio 2008 l'ENI e Gazprom, sua omologa russa, hanno registrato in Svizzera la joint venture South Stream per la costruzione di un omonimo gasdotto che dalla Russia porterà il gas naturale direttamente in Italia. Questo rafforzerà la leadership sovietica nel campo energetico proprio mentre il resto del mondo cerca di indebolirla.

Chissà: sarà di questo che parlavano Berlusconi e Putin a Villa Certosa?

Video allegati:

Effetto serra for dummiesEnergia solare for dummies
Effetto Serra for DummiesEnergia solare for dummies


Alcune fonti:

Israel backs Georgia in Caspian Oil Pipeline Battle with Russia
International Energy Agency
i falsi della Reuters
L'oleodotto Nabucco
Comunicato dell'ENI sulla Joint Venture 'South Stream AG', 50% ENI e 50% Gazprom

Leggi il resto...

giovedì 28 agosto 2008

Il caffè rende schiavi

Bambini nelle piantagioni di caffè in Kenia, 1936

Dal 1980 al 2002 il prezzo del caffè crudo è diminuito del 70%. Nei primi anni '90, il valore commerciale globale del caffè era di circa 30 miliardi di dollari, di cui 12 miliardi rimanevano ai paesi d'origine. Tra il 2000 e il 2001 era arrivato a 65 miliardi, di cui solo 5,5 miliardi restavano ai paesi produttori: 25 milioni di piccole aziende familiari che devono vivere con una media di 220 dollari all'anno.
Nel 2003, il prezzo della qualità arabica sul mercato internazionale era di 40 dollari per cento libbre, meno della metà dei costi medi di produzione, circa 90 dollari. Il Commercio equo-solidale nello stesso anno lo pagava più di tre volte tanto, 141 dollari per 100 libbre.

Il caffè è l’alimento per il quale maggiore è il deficit tra energia impiegata per ottenere la bevanda medesima, ed energia assunta dal consumatore.
Per ottenere una tazzina di caffè si deve coltivare la pianta e procedere al raccolto, dopodiché si deve tostare il chicco. Il procedimento è lento ed estremamente dispendioso dal punto di vista energetico, perché lo si deve scaldare parecchio e per parecchio tempo. Poi si passa alla macinazione dei chicchi, per ottenere l’equivalente di una farina. Le normali farine come il frumento vengono però utilizzate al 100% nella preparazione di pietanze, e cioè vengono ingerite completamente dal consumatore. La farina di caffè invece si sfrutta pochissimo: solo una minima parte di sostanze viene asportata dall’acqua calda. Il resto, il cosiddetto fondo di caffè, viene gettato nell’immondizia.

Tuttavia, essendo il costo di un kg di caffè molto basso, tutti possono permetterselo. Peccato sia così basso perché le multinazionali che lo coltivavano hanno sempre utilizzato mano d’opera pagata praticamente zero, in gran parte costituita da bambini schiavi.
 

Mi scrive Gianni Girotto, 40 anni, una laurea in Giurisprudenza, impiegato in una normale azienda privata. Da più di 20 anni è iscritto ad Amnesty, Mani Tese, all'Avis, Aido, Admo.. E' socio Altroconsumo, di Banca Etica e di AFI famiglie, di Altreconomia e della Cooperativa Pace e Sviluppo. Un tipino informato, difficile da prendere per il culo.

Ha realizzato un piccolo libro descrivendo i gironi di questo inferno globale in cui ci dibattiamo istericamente. Nel tentativo di bucare le coscienze e avvicinare i giovani, l'ha fatto in stile avventuroso e stimolante, con linguaggio fresco, che descrive le avventure di un ragazzino delle favelas, Josè, che si trova invischiato in una storia che parla di clima, ambiente, tecnologie, realtà virtuale, inquinamento, credito etico, diritti umani, sfruttamento, multinazionali, e-goverment ed altre amenità globali.

"E' solo un pretesto, un modo di veicolare quelle informazioni che ritengo ognuno di noi dovrebbe conoscere, almeno a grandi linee.
Tale scritto non è pubblicato, ma gira solo in formato digitale, e personalmente non mi interessa affatto sfruttarlo commercialmente, anzi è Open Source: chiunque lo può modificare come meglio crede. L'ho realizzato solo per scopi informativi, perchè vorrei che i giovani (ma non solo loro ovviamente), capiscano in che situazione ci troviamo e cosa presumibilmente ci aspetta se le cose non dovessero cambiare.

Glielo invio nella speranza che Lei o naturalmente qualcuno di Sua fiducia possa trovare il tempo di leggerlo, e se lo ritenete opportuno, utilizzarlo pure come meglio credete.
"

Gianni Girotto. Un modo per essere cellula operosa e metabolizzare il mondo circostante.

Lo metto a disposizione per le cellule che lo volessero scaricare, leggere, divulgare e diffondere. Se vi è piaciuto, venite a tirare una riga qui sotto.

Parla anche di caffè.

Allegati

Leggi il resto...

sabato 23 agosto 2008

La verità sul falso in bilancio di Prodi & compagni


Il deficit è ciò che manca nelle casse una volta pagati i conti. Da solo può voler dire poco. Se al posto dello scooter io compro un furgoncino, indebitandomi, è pur vero che potrò decuplicare il mio giro d'affari, e quindi sarò in grado di pagare il mio debito più in fretta. Così, per avere un'idea dell'andamento delle mie finanze, è meglio usare il rapporto debiti / volume d'affari. In economia lo chiamano deficit/PIL (Prodotto Interno Lordo). La UE stabilisce che per non incorrere in una procedura di infrazione, questo rapporto non deve superare il valore assoluto 3.
Come si può vedere da questa tabella l'Eurostat (l'Ufficio Statistiche delle Comunità Europee) per il 2006 assegna all'Italia un bel 3,4. Dunque abbiamo sforato. Il 2006 era in carico al governo Berlusconi, dato che la finanziaria 2006 era una sua creatura, ma non è questo il punto. Chi ricorda i bilanci a consuntivo del 2006, realizzati dal subentrante governo Prodi, sa che gli strilloni avevano dato il rapporto deficit/PIL al suo picco storico negativo: un bel 4,4% secco. Ora tuttavia, come abbiamo visto, l'Eurostat lo ridimensiona al 3,4. Come mai?

Secondo Il Giornale, il bigliettino da visita di Silvio Berlusconi stampato dal fratello Paolo dopo avere costretto Indro Montanelli alla fuga, per ritrovarsi con articoli firmati da penne interessanti come quelle della Brambilla o di Filippo Facci, non ci sono dubbi: L'UE smaschera Prodi & compagni: bilanci falsi per 30 miliardi di euro.

Mi è venuta voglia di vederci chiaro. Così ho fatto qualche indagine

Claudio Borghi, autorevole firma de Il Giornale per le faccende economiche, parla di un falso in bilancio che sarebbe stato accertato dall'Eurostat, per complessivi quindici miliardi. Di che si tratta? Semplice: era noto ormai da tempo che il regime italiano di indetraibilità del'IVA per i veicoli aziendali non piaceva all'Europa. Così, con sentenza del 14 settembre 2006 (C-228/05), la Corte di Giustizia Europea condannava l'Italia a restituire l'IVA con effetto retroattivo. Una mazzata le cui conseguenze erano note al governo precedente, che tuttavia secondo Visco non aveva proseguito sulla strada del rientro graduale concordato con la Commissione Ue dal governo Amato nel 2000.

Allora cosa fanno Prodi & compagni? Data la straordinarietà dell'evento, nella versione provvisoria del Conto 2006 adottano la scelta metodologica di "considerare come momento di registrazione dell'onere la data della sentenza della Corte e di procedere ad una stima indiretta del potenziale numero dei contribuenti creditori e del corrispondente importo da rimborsare, nel presupposto che tali stime fossero statisticamente affidabili e quindi avessero un'alta probabilità di trovare conferma negli effettivi pagamenti". Nelle stime precedenti tale onere era valutato in 16 miliardi di euro (come effetto netto di 17,2 miliardi di rimborsi IVA e di 1,2 miliardi di recupero di imposte dirette).
Come sarebbe a dire nella versione provvisoria del Conto 2006? Già: i conti si fanno prima in brutta copia, poi vengono sottoposti alla Comunità Europea che li valuta, anche in base a criteri congiunturali piuttosto che ad aggiustamenti in itinere delle normative in merito, e spesso propone delle revisioni metodologiche per arrivare ad una versione definitiva. Se fate una rapida ricerca, vedrete che anche il governo Berlusconi aveva vissuto pesanti revisioni dell'Eurostat che hanno portato a modifiche sostanziali dei bilanci 2003 e 2004.

Sentiamo dunque cosa accade per i bilanci 2006, ascoltiamo la voce stessa della Ragioneria Generale dello Stato.
"Lo scorso febbraio l'Istat ha reso nota la stima provvisoria del conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche per l'anno 2007 e, contestualmente, ha rivisto le stime relative al triennio 2004-2006 pubblicate in precedenza. Le revisioni riflettono il normale processo di consolidamento delle informazioni di base che, per quanto riguarda il 2006, ha assunto particolare rilevanza a causa di una importante modifica metodologica. [...] Alcuni elementi emersi nel corso del 2007 (un numero limitato di istanze di rimborso; la difficoltà di presentazione della documentazione necessaria, nel caso dell'adozione del regime analitico, per dimostrare il diritto al rimborso; l'ampia diffusione di auto ad uso misto privato/aziendale, che avrebbe limitato il diritto al rimborso; ecc.) e l'emanazione di alcuni provvedimenti normativi (ad esempio, l'introduzione del regime forfetario) hanno determinato un sensibile ridimensionamento dell'onere atteso per lo Stato.

In accordo con Eurostat, l'Istat ha pertanto deciso di adottare una metodologia statistica diversa, già utilizzata in passato per gli altri tipi di rimborsi d'imposta, in base alla quale il debito dello Stato viene registrato nel momento in cui si conoscano effettivamente - attraverso lo spoglio delle istanze di rimborso validate dall'Amministrazione finanziaria - sia i soggetti aventi diritto al rimborso, sia l'importo effettivamente dovuto. La prima contabilizzazione dei rimborsi IVA sulle auto aziendali, è stata effettuata a valere sul conto economico del 2007, con riferimento alle sole istanze presentate in via telematica in regime forfetario, ed è risultata pari a 847 milioni di euro. Il rimanente onere sarà registrato nei prossimi anni, quando l'Amministrazione finanziaria validerà le istanze di rimborso in regime analitico, per le quali i termini di presentazione scadranno nel novembre 2008.
L'impatto complessivo delle altre revisioni non ha avuto una particolare rilevanza: nel complesso l'indebitamento netto del 2006 si è ridotto di 15,9 miliardi di euro
".

Secondo Borghi, però, l'Eurostat accerta il primo falso nel bilancio statale. Notate l'uso raffinato delle parole. Se a pag.2 avesse scritto falso in bilancio, avendo la locuzione una connotazione ben precisa, sarebbe stato passibile di querela. Invece scrive falso nel bilancio, qualcosa che tecnicamente suona come falso positivo - ovvero una normale prassi nell'iter di raffinamento dei dati - ma emozionalmente è indistinguibile da falso in bilancio.

CON LE PAROLE VI PRENDONO PER IL CULO.

Caro Claudio Borghi, un conto è il falso in bilancio, un conto una revisione metodologica. Oltretutto, il Conto Provvisorio del 2006 era sotto gli occhi di tutti fin dalla sua emissione e nè tul'opposizione, allora agguerritissima, avete sollevato obiezioni. Cosa ti motiva allora solo oggi a questo intervento dal sapore scandalistico e dai toni a dir poco fuorvianti?

Ma non è finita qui. Ora viene il bello. Dopo il primo evidente falso in bilancio di Prodi & compagni (come Borghi ama definirli), Il Giornale si spinge oltre e, prendendo a spunto una nota dell'Eurostat che comunica che "le voci relative a investimenti infrastrutturali sono sotto esame", attribuisce un secondo falso in bilancio al governo Prodi, questa volta illazionando sul futuro, visto che non v'è ancora stato nessun pronunciamento dall'Ufficio Statistiche Europeo.

Di cosa si tratta? Borghi parla laconicamente di 13 miliardi di euro rappresentati dai debiti delle Ferrovie dello Stato, che sarebbero stati caricati senza motivo sull'esercizio 2006 del governo Bersluconi. Com'è buona tradizione nel manuale del piccolo demagogo, non spiega e non cita fonti o riferimenti esterni per ulteriori approfondimenti.

Così tocca farlo a me. Seguitemi.

La Legge Finanziaria per il 2003 (quindi governo Berlusconi) ha introdotto un meccanismo di finanziamento delle opere necessarie a completare il sistema di trasporto ferroviario ad alta velocità/alta capacità (AV/AC) da parte del gestore della infrastruttura ferroviaria (TAV/RFI), basato su prestiti concessi allo stesso gestore da parte di Infrastrutture S.p.A. (ISPA, poi fusa per incorporazione nella Cassa Depositi e Prestiti a far data dal 1° gennaio 2006), che si finanzia sul mercato dei capitali, principalmente, con emissioni obbligazionarie.
Il rimborso di detti prestiti erogati da ISPA ad RFI/TAV, avrebbe dovuto essere assicurato:
  • dai flussi di cassa generati nel periodo di sfruttamento economico dell’opera (ossia dai corrispettivi pagati dai gestori dei servizi di trasporto al gestore della infrastruttura);
  • dai trasferimenti dello Stato ad RFI/TAV per la parte del servizio del debito non coperta con i flussi di cui al punto precedente.

Nel maggio 2005 Eurostat ha riclassificato le passività di ISPA nel Debito dello Stato. La decisione è stata in sintesi così motivata:
  • nel finanziamento del Sistema AV/AC, ISPA non assume alcun rischio;
  • essendo i ricavi derivanti dalla gestione del progetto AV/AC insufficienti al servizio del debito e risultando quindi l’intervento integrativo dello Stato certo, sostanziale ed indispensabile, il “vero” debitore è da individuarsi nello Stato.

Di conseguenza, all’interno di un disegno complessivo orientato a garantire le risorse finanziarie necessarie al completamento dell’opera, il governo ha valutato l’opportunità di procedere all’accollo del debito ex-ISPA. Ciò avrebbe avuto il beneficio di rendere più coerente la rappresentazione contabile di tale debito che, pur essendo stato riclassificato a tutti gli effetti quale debito pubblico,era formalmente in capo ad un soggetto – RFI/TAV – al di fuori del perimetro della Pubblica amministrazione.
Questa operazione avrebbe comportato un peggioramento dell’indebitamento netto della pubblica amministrazione per il 2006 di circa 13 miliardi.
In sintesi il fabbisogno finanziario del progetto Torino-Milano-Napoli veniva stimato in circa complessivi 33,2 miliardi.
Per quanti volessero districarsi nella foresta contabile dell'indebitamento contratto per la TAV, consiglio di leggersi l'allegato 2 del Bilancio 2006 Cassa Depositi e Prestiti SPA, da pagina 289 in poi, dove la Cassa Depositi e Prestiti evidenzia tra l'altro che "nella presente Situazione al 31/12/2006, lo Stato è il debitore dell’intera esposizione facente capo al Patrimonio Destinato".

Quindi, riassumento in soldoni, il governo Berlusconi nel 2003 avvia l'opera Torino-Milano-Napoli per l'alta velocità. Non ci sono i soldi, ma... va bene lo stesso, Cribbio! Nessuno si preoccupi: quelli che non si riusciranno a recuperare dai gestori delle varie tratte ce li metterà lo Stato.
Nel maggio 2005 l'Eurostat dice: eh no, signori miei, non facciamo i furbi! Visto che la copertura che arriverà dai gestori delle singole tratte sarà ridicola, risulta evidente che è lo Stato ad avere a tutti gli effetti contratto un debito. L'operazione deve entrare quindi nelle voci di bilancio sul debito pubblico. Lo Stato recepisce la direttiva e, visto che tra l'altro non ha senso che un debito pubblico sia in carico a un soggetto privato - è formalmente scorretto -, nel bilancio 2006 se lo accolla, inserendo gli opportuni commi nella sezione disposizioni in materia di spese della finanziaria 2007.

I commi in questione sono quattro. Leggiamoli insieme.
  • 966. Assunzioni oneri per investimenti relativi Linea Torino-Milano-Napoli
    Gli oneri per capitale ed interessi dei titoli emessi e dei mutui contratti da Infrastrutture Spa fino alla data del 31 dicembre 2005 per il finanziamento degli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria ad alta velocita' "Linea Torino-Milano-Napoli", nonche' gli oneri delle relative operazioni di copertura, sono assunti direttamente a carico del bilancio dello Stato. [...]
  • 967. Liquidazione patrimonio separato. Estinzione debiti Ferrovie dello Stato
    La Cassa depositi e prestiti Spa, in quanto succeduta ad Infrastrutture Spa ai sensi dell'articolo 1, comma 79, della legge 23 dicembre 2005 n. 266, promuove le iniziative necessarie per la liquidazione del patrimonio separato costituito da Infrastrutture Spa. A seguito della predetta liquidazione cessa la destinazione dei crediti e proventi di cui al comma 4 dell'articolo 75 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e sono estinti i debiti di Ferrovie dello Stato Spa e di societa' del gruppo relativi al citato patrimonio separato sia nei confronti del patrimonio separato stesso sia nei confronti dello Stato.
  • 968. Trattamento fiscale dell'assunzione degli oneri a carico del bilancio dello Stato
    L'assunzione degli oneri a carico del bilancio dello Stato di cui al comma 966 nonche' l'estinzione dei debiti di Ferrovie dello Stato Spa e di societa' del gruppo di cui al comma 967 si considerano fiscalmente irrilevanti.
  • 969. Rinvio a decreto ministeriale per la definizione di criteri e modalita' per l'assunzione degli oneri
    I criteri e le modalita' di assunzione da parte dello Stato degli oneri di cui al comma 966, di liquidazione del patrimonio separato di cui al comma 967, nonche' i criteri di attuazione del comma 964, sono determinati con uno o piu' decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze.

Ora, siccome quest'accollamento del debito avviene a tutti gli effetti nel 2006, ed è tra l'altro da addebitarsi al governo Berlusconi che ne è in tutto e per tutto responsabile, la legge Finanziaria 2007 dispone che i soli quattro commi succitati entrino in vigore dal 27 dicembre del 2006, in maniera da essere compresi nel bilancio provvisoriamente in chiusura. Non ci sarebbe nulla di strano, anche se per Borghi "è' una storia incredibile, che indica con quanta spregiudicatezza si sia mosso il governo Prodi pur di poter addossare al governo precedente responsabilità non sue".
Borghi, il quale trae conclusioni dal sapore definitivo ma lo fa a titolo strettamente personale, non essendosi la Comunità Europa ancora espressa in materia, argomenta inoltre che Eurostat aveva stabilito che ad essere imputate come deficit avrebbero dovuto essere solo le cifre relative a debiti giunti a scadenza e non onorati dalle Ferrovie, e solo per gli anni in cui queste scadenze fossero avvenute.
Ora, al di là del fatto che il processo di revisione dei conti può funzionare anche al contrario, ovvero può essere la Comunità Europea a prendere atto di una sua indicazione metodologica scorretta - come nel caso in cui si chieda ad uno Stato di accollarsi formalmente un debito che in realtà viene lasciato in carico a un soggetto al di fuori della Pubblica Amministrazione -, sarebbe stato davvero interessante verificare se nel corso del 2006 lo Stato Italiano abbia effettivamente destinato una qualche somma alle Ferrovie dello Stato.

Così mi sono armato di torcia elettrica e mi sono addentrato all'interno del Bilancio 2006 delle Ferrovie dello Stato, per scoprire, a pagina 80 - che qui vi riporto per evitarvi ricerche tortuose - il fatidico trasferimento di 13.058.662€ (in migliaia di euro) da parte dello Stato, che dunque si è effettivamente fatto carico di un debito non virtuale, ma contabilizzato sia da Ferrovie dello Stato, sia dal Rendiconto 2006 - assestamento 2007 - della Commissione Traporti.

Già nel documento di cui sopra datato 22 ottobre 2007 dunque, se non addirittura prima, lo stesso governo Prodi relaziona ufficialmente:
"Per quanto concerne la finanza pubblica, il valore dell’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche è stato per il 2006 di 64.743 milioni di euro[18], superiore di 6.029 milioni all’indebitamento netto del 2005: in termini di rapporto percentuale al PIL esso si colloca al 4,4 per cento contro il 4,1 per cento del 2005.

A questo peggioramento hanno contribuito alcune uscite per oneri straordinari pari a 29.666 milioni. Si tratta, in gran parte, del riflesso sull’indebitamento del 2006 di oneri legati a situazioni determinatesi nel corso dei precedenti esercizi riguardo:
  • i rimborsi di IVA sulle auto aziendali, dovuti dallo Stato in base alla Sentenza della Corte di giustizia europea del 14 settembre 2006;
  • la cancellazione dei crediti dello Stato nei confronti della società TAV, per il finanziamento dell’Alta Velocità, in conseguenza dell’accollo diretto per 12.950 milioni del debito di Infrastrutture SpA (ISPA) disposto dalla Legge Finanziaria del 2007.

[...]Al netto di tali oneri, l’indebitamento netto sarebbe stato pari al 2,4% del PIL (-35.838 milioni di euro).
"

Dunque è il governo stesso che, con estremo candore, riporterebbe ufficialmente le sue malefatte.

Sulla base di queste argomentazioni, Claudio Borghi accusa Prodi & compagni di "superfalso in bilancio" [pag.3], cercando così di scrollare dalle spalle del centrodestra la scomoda onorificenza di inventori della finanza creativa.

La cosa buffa è che i lettori de Il Giornale, tra i commenti all'articolo, si domandano scandalizzati come mai la scoperta di Borghi, che si è guadagnata titoli a caratteri cubitali sull'edizione di sabato 23 agosto, passi totalmente inosservata sui maggiori quotidiani nazionali, richiamando suggestivi scenari da Quinto Potere sul controllo dei media. Loro! In questo, lo confesso, mi fanno tenerezza. Ci rubano le battute!

E' giunta l'ora di un necessario risveglio collettivo. Affranchiamoci da questa logica Pavloviana che stimola la salivazione per aizzarci gli uni contro gli altri.

Una volta tanto, anzichè aspettare la pappa, scardiniamo la campanella.
Deprogrammazione di massa!

Leggi il resto...

venerdì 22 agosto 2008

Italiani in fuga.


Ci sono parole intraducibili, perchè esprimono un concetto che non si può descrivere in un'altra lingua se non accostando tra loro due o più vocaboli. Viceversa, ci sono parole che sottendono un concetto che si perde nella notte dei tempi, per il quale ogni cultura ha il suo vocabolo equivalente. Una di esse è la parola amore. L'amore per la propria terra ha qualcosa di molto simile all'amore per la propria madre. Da entrambe veniamo, e da entrambe il separarsi è un dolore straziante e interminabile. Io lo conosco bene, avendolo vissuto due volte. Si può emigrare clandestinamente o con un sigillo reale sul passaporto. Si può farlo volontariamente o essere espatriati. Si può essere motivati dalla fame, oppure dal dolore che si prova nel vedere la madre patria sprofondare in un degrado senza fine. In tutti i casi, quale che sia la casa che si abbandona, si cade preda di una malinconia senza fine, la stessa degli italiani partiti con una valigia di cartone; degli egiziani laureati, venuti in Italia ad aprire ristoranti e pizzerie; probabilmente dei russi, degli albanesi, dei marocchini... Accomunati dall'amore per la loro terra. In arabo amore si dice habibi. Se guardate il video lo sentirete spesso.

Ho ricevuto una lettera e la pubblico. E' la storia di Stefania e di suo marito, imminenti emigranti per dolore. Una nuova malinconia fotografata sul punto di nascere. Un'altra Amara Terra Mia cantata nel vento, imbracciando una chitarra. Due voci nuove, ma la stessa identica melodia di sempre.

Datele torto voi, se credete. Io non me la sento.

Ciao Byoblu,
complimenti per il tuo “giornalismo” controcorrente e veramente prezioso. Spero di essere breve e poco tediosa per te.

Mi chiamo Stefania e sono una docente di liceo. Ti scrivo da Roma. Mio marito, scandinavo, lavora per un’industria farmaceutica italiana. Fino a quest’anno “amavamo” l’Italia (nonostante tutto) e abbiamo lottato per migliorare le cose: volontariato (tra l’altro adesione ad un gruppo d’acquisto solidale con appoggio diretto ai piccoli contadini bio), attenzione all’ecologia (adesione al fotovoltaico e solare, raccolta differenziata e compost, uso del trasporto pubblico o della bicicletta…), impegno sociale e “politico” (anche personalmente nell’impegno lavorativo: come docente sono cosciente di veicolare modelli e pensieri ai miei allievi). Ma dopo le ultime ferie passate per l’ennesima volta nei paesi scandinavi ed in Germania… questa volta ci si è “spezzato” definitivamente qualcosa. Non sono di certo io che ti devo spiegare come diversamente funziona lo Stato e la società oltralpe…

Insomma, lavoriamo tutti e due, abbiamo una casa… per carità non ci manca nulla… ma quest’anno abbiamo deciso di lasciare l’Italia, probabilmente per sempre, e di ricominciare da capo con un nuovo lavoro, una nuova lingua, un nuovo orizzonte sociale e di aspettative. Ci rendiamo conto della peculiarità della nostra condizione e scelta… le nostre famiglie non capiscono, infatti, visto che non siamo disagiati economicamente, che abbiamo il fatidico e tanto bramato lavoro a tempo indeterminato (benché pagato al minimo possibile, come d’uso da queste parti), e che potremmo impoverirci, invece, a ricominciare da capo in un paese nuovo (pensiamo in Baviera o nella Foresta nera… più che altro per ragioni climatiche).

E’ semplicemente l’odore nauseante e appiccicaticcio della decadenza e di una strisciante barbarie di ritorno che si respira sempre di più; la noia di rivedere applicate ad libitum le teorie di Le Bon sugli spacciatori di illusioni, con quel che ne consegue in termini di ricerca dei “capri espiatori”; l’orizzonte incredibilmente miope e ristretto delle scelte economiche, energetiche e, dunque, politiche, inevitabilmente segnato dalle banche e dalle lobbies, per il II paese più indebitato al mondo e felice di esserlo. La certezza assoluta che ciò cui assistiamo ora, sia appena solo l’inizio della serie di shock opportunamente approntati per aprire definitivamente a politiche economiche apertamente e noiosamente “friedmaniache” (intendo Milton Friedman)… per non dire, il disgusto di essere rappresentati da una cotale classe dirigente (identica a destra e sinistra, visto il triste “baratto” di cui si sono resi protagonisti ed impermeabile a qualsiasi ricambio generazionale), di cui mi vergogno come un’appestata ogni volta che mi trovo all’estero, per non dire, e ciò mi riguarda più personalmente, lo scempio continuo delle “bellezze” artistiche e naturali perpetrato impunemente, il fatto di “ospitare” uno stato monarchico straniero, che della dimensione del sacro ha perso persino la memoria, ma verso cui non finiremo mai di versare le decime… e potremmo, come sai, continuare…

Perché ti scrivo, invece di parlare con lo psicanalista? Mi chiedo solo, se questa scelta non sia pura vigliaccheria, abbandono della lotta, invece che la scelta saggia del topo che lascia la nave che affonda. Ti scrivo per gridare a qualcuno la verità, perché ne ho bisogno… perché mi sento derubata del sentimento di “patria” che una volta, in qualche modo, provavo e che ho perso per sempre, fino a provare disgusto per questi italiani, orribilmente invecchiati e sfigurati da più di venti anni di televisione cainana, che vivono ben al di sopra delle loro possibilità esibendo il più possibile cellulari e SUV, ma mangiando latte e biscotti la sera (il tubo non riuscirà a cambiare le cose, tantomeno a breve: una volta dovevi cercare un ago – l’informazione- nel pagliaio, oggi lo devi cercare fra miliardi di aghi!).

Mi fermo qui, per non abusare della tua pazienza… tu continua, dato che sei ora un modello per molti che ti seguono.

Ti prego di non pubblicare la mia mail, o almeno di emendarla dalle parti che mi possano “identificare”. E se hai letto fino qui, ti ringrazio, è già molto.

Stefania P.



Video allegati

Amara Terra Mia - Domenico Modugno

Leggi il resto...

mercoledì 20 agosto 2008

Il suono della rete


Molti mi chiedono cosa intendo fare. Dicono: è tanto che posti, e non succede niente. Qual'è il tuo piano d'azione? Innanzitutto non definirei niente una frequenza di 30.000 visitatori unici al mese, raggiunta in soli quattro mesi di attività costante. Non definirei niente la citazione in almeno tre quotidiani nazionali (quelli di cui sono venuto a conoscenza, grazie a voi) nel giro di una sola settimana e per argomenti diversi: La Stampa, L'Unità e La Repubblica. E neppure definirei niente le centinaia di migliaia di visualizzazioni dei video, gli oltre milleduecento iscritti al canale YouTube, in costante crescita. Ma al di là di queste considerazioni, alla domanda di alcuni su quale sia il mio piano d'azione, do una risposta che non dovrebbe suonare soprendente: nessuno.

Non voglio fare niente. Cosa dovrei fare? Perchè qualcuno dovrebbe fare al posto vostro? Avete davvero bisogno di un condottiero, di un capopopolo? Dopo duemila anni di storia, volete ancora essere guidati, caricati, spronati, incitati alla battaglia, mandati a morire in nome di qualcuno che invoca gli dei e vi manda in prima linea, magari per i suoi interessi? Non ne avete abbastanza di leader carismatici che vi dicono cosa dovete pensare? E non ne avete avuto a sufficienza di leader religiosi in nome dei quali annichilire le vostre vite? Volete ancora confessarvi e chiedere l'assoluzione? Avete ancora bisogno di un papà che vi dia una pacca sulla spalla e vi gratifichi con la sua approvazione? O forse volete essere ancora sculacciati perchè non avete fatto i compiti prima di uscire con gli amici?

Il mondo sta cambiando profondamente. Molti non se ne sono ancora accorti. Continuano ad aspettare il Messiah. Eppure il Messiah è arrivato. E' già qui, tra noi. Per l'esattezza, il Messiah siamo noi, tutti quanti insieme. Il Messiah è la rete. Non vi chiederò di innalzare i vostri cuori al cielo, ma di elevare il vostro sguardo sugli ultimi anni che abbiamo vissuto. Abbiamo alle spalle poco più di 30 anni di rete, di cui almeno una ventina ad esclusivo uso militare e scientifico. E' solo dall'inizio degli anni novanta che i primi italiani, timidamente, si affacciano alle BBS con modem antidiluviani, a manovella. La vera espansione di internet nelle case sta avvenendo in questi anni.
Fate una prova, guardatevi indietro e pensate a come vivevate solo cinque anni fa. Dove vi informavate, se non attraverso i giornali e la televisione? A chi potevate affidare le vostre speranze, se non ad un politico che vi poteva raccontare qualsiasi cosa? Ora fate un passo ulteriore: restringete ancora il raggio d'azione. Pensatevi solo due anni fa. Quanti di voi usavano YouTube? Quanti caricavano video in rete e guardavano quelli altrui? Cosa sono due anni in confronto a secoli di rigide strutture gerarchiche e piramidali? Ve lo dico io: niente. Sono un soffio, meno di un battito del cuore. Eppure è già cambiato tutto.

Siamo qui, oggi, perchè possiamo scambiarci informazioni in maniera non mediata, diretta, punto a punto. Informazioni di ogni tipo: dalla documentazione scientifica ai filmati di repertorio, alle immagini, ai commenti.. E soprattutto possiamo confrontare i dati. Niente sfugge più alle maglie della rete. Quando non c'erano i videoregistratori, nessuno poteva contestare quanto un politico aveva detto e le sue eventuali contraddizioni. Nessuno, tranne qualche giornalista della cui parola bisognava fidarsi ciecamente. Un mediatore. Perfino con l'avvento dei videoregistratori la situazione non cambiò poi molto. In fondo, chi poteva davvero avere voglia di prodigarsi in macchinose registrazioni su costose e voluminose videocassette, difficoltose da archiviare, complicate nell'accesso e per di più deperibili nel tempo?

Ma oggi.. oggi si trova tutto. Volete sapere cos'ha detto Berlusconi da Vespa? Lo trovate in rete. Volete riguardarvi l'intervista di Biagi prima di morire? La trovate in rete. Qualcuno ce la mette. E qui arriva il bello. Questo qualcuno siete voi. Microcellule operose che metabolizzano il mondo circostante e lo rendono disponibile agli altri organi, e non a qualcuno in particolare, ma a chiunque ne faccia richiesta. La rete è collaborativa. Se avete bisogno di qualcosa, non importa cosa, troverete qualcuno disposto a farla. Questo qualcuno a sua volta si basa sull'operato di qualcun altro, che non l'ha fatto per un motivo specifico o per un obbiettivo particolare. L'ha fatto e basta, e voi lo usate. L'organizzazione emerge dal caos grazie al principio della vita stessa, che riutilizza l'ambiente circostante per modellarlo secondo le sue esigenze. Per usarlo. Noi tutti realizziamo materia prima per costruire nuovi attrezzi, utensili, strumenti messi in condivisione con gli altri.

Volete un esempio? Eccolo.

Un GIP dispone che un sito web svedese venga oscurato per tutti i cittadini italiani. La sentenza è inedita per l'entità delle sue ricadute, tanto più che in maniera del tutto originale e illecita, i dati dei naviganti vengono consegnati ad una lobby residente all'estero per una non meglio precisata ancorchè intuibile ragione. Un abuso d'ufficio che non trova fondamento nel codice e contrario a qualsiasi normativa sulla privacy.
Forse nel 1920 qualcuno avrebbe sperato nell'intervento di Batman, o dell'Uomo Ragno. E in fondo è ancora così, solo che oggi non c'è più bisogno di un mantello. Bastano un computer e una connessione a internet. Basta avere un blog e saperlo usare. I navigatori si accorgono di non poter più accedere a quel sito web. Lo scrivono sui loro blog. Un esperto di rete riceve l'informazione via rss feed e fa una verifica. Si accorge che la pagina web che recita Sito sotto sequestro è ospitata sui server di Pro-Music.Org, che può in questo modo raccogliere i dati dei navigatori ed eventualmente utilizzarli illecitamente per qualunque scopo, come per esempio intentare azioni legali. Posta l'anomalia sul suo blog. Un avvocato di grido, specializzato nel diritto legato al mondo dei new media, legge a sua volta il post e decide di recuperare l'ordinanza del GIP, magari via rete. Da una rapida verifica si accorge dell'utilizzo troppo disinvolto delle normative relativamente all'oscuramento. Posta l'interpretazione sul suo blog e, tra i commenti, negli altri blog. L'esperto di rete contatta via Skype un noto videoblogger per informarlo, il quale a sua volta, in poche ore, realizza un intervento video sul suo blog e su un noto sito di social network per la condivisione audiovideo dove si è guadagnato un alto numero di appassionati sostenitori. In poche ore il video viene visto da oltre trentamila persone! Un utente svedese si offre di sottotitolarlo nella sua lingua per agevolare la divulgazione, e il video arriva ai gestori del server oscurato, che fanno rimbalzare la notizia a livello internazionale. Il giorno dopo si ininzia a diffondere nell'intellighenzia europea l'idea che l'Italia sia un paese che si avvia verso una deriva aberrante, che fa della censura preventiva uno dei suoi metodi di governance. Decine di migliaia di persone sanno che è stata compiuta un'operazione sporca. Sia il riferimento al blog dell'esperto di rete che quello al video del noto videoblogger finiscono su uno dei maggiori quotidiani nazionali, grazie all'articolo di un terzo blogger. Alcuni providers iniziano a fare marcia indietro, e revocano l'inoltro delle sessioni di navigazione ai server della lobby. La cosa potrebbe perfino venire cavalcata a livello politico per guadagnarsi consenso elettorale, esercitando di conseguenza pressioni perchè quei dati, raccolti in maniera illecita, vengano distrutti.

Nessuno ha fatto niente di particolare. Ognuno ha fatto solo ciò che sa fare, ciò che vuole fare. Ogni cellula si è però nutrita della cellula precedente e l'organismo si è evoluto in una direzione inedita, frutto della somma delle singole componenti. E lo ha fatto in tempi record. La rete ha esibito un'intelligenza collettiva che ha guidato le sue azioni, esattamente come accade nella biologia di un organismo animale.

Ecco dunque la risposta alla domanda iniziale: cosa voglio fare?
La cellula.

Il video allegato a questo post è per me illuminante. Tanti musicisti, una sola partitura: l'Aria sulla quarta corda di Bach. Saltate i 50 secondi introduttivi, se preferite, e godetevi il suono della rete. A ognuno il suo strumento.

Non nascondo che, personalmente, mi emoziona.

Leggi il resto...

domenica 17 agosto 2008

La sapete quella dell'inceneritore che inquina quanto un automobile?


Sentite questa: ci sono un francese, un inglese e un italiano.

Il francese, tramite il Consiglio Nazionale degli Ordini dei Medici, avanza una richiesta di moratoria sugli inceneritori.
L'inglese, nel giugno 2008, mediante la Società Britannica di Medicina Ecologica (BSEM) presenta il IV Rapporto sugli effetti dell'incenerimento dei rifiuti sulla salute. Un lavoro molto dettagliato e circostanziato con ben 329 voci bibliografiche.

Come in tutte le barzellette, adesso arriva l'italiano.

L'italiano che fa? Per mano del Governo, nel maggio 2008 pubblica un Piano di intervento operativo sulla salute per l'emergenza rifiuti in Campania, redatto dal Ministero del Welfare, con la collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità, della Regione Campania e dell’Ordine dei Medici di Napoli.
In questo piano afferma che gli impianti di incenerimento e termovalorizzazione (quale quello che entrerà in funzione ad Acerra) sono costruiti secondo le moderne tecnologie e non rappresentano un rischio aggiuntivo per la salute delle popolazioni residenti nelle aree circostanti. Il loro impatto ambientale è paragonabile a quello conseguente a normali situazioni di traffico urbano.

La barzelletta é finita. Non ridete?
E certo che non ridete, perchè siete italiani, e c'è poco da ridere!

Invece l'Europa si sbellica. Già, perchè dai documenti ufficiali Europei ( dati dell’ inventario della Commissione Europea, rapporto finale del 31.12.2000, 3° volume, pag 69) risulta che gli impianti di incenerimento in Italia producono 295,5 gr/anno di diossine in tossicità equivalente (TE) di cui 170,6 gr/anno dal solo incenerimento di rifiuti urbani.

E l'inquinamento dal traffico? 5,1 gr/anno. Trenta milioni di autovetture, senza tener conto degli altri autoveicoli, non producono insomma che l'1,1% della diossina che vomitano gli inceneritori.

Per il nostro Governo, però, l'impatto ambientale degli inceneritori è paragonabile a quello conseguente a normali situazioni di traffico urbano.

Tra l'altro, l'inglese ha anche spiegato come si riesce a far sembrare innocui gli impianti. Per esempio, la diossina non viene monitorata adeguatamente e soprattutto non nelle fasi di maggior criticità (accensione e spegnimento). In Italia per gli impianti di incenerimento di rifiuti è previsto il monitoraggio per le diossine da un minimo di 6 ore ad un massimo di 8 per 3 volte all’ anno.

Questo sì, che è un controllo che fa ridere. Fa ridere i polli.
Quelli che abitano vicino agli inceneritori, invece, piangono.

Documenti allegati
Il rapporto francese sugli inceneritori
Il rapporto inglese sugli inceneritori
Il piano italiano di intervento operativo...
L'inventario della Commissione Europea sulla diossina in Europa

Leggi il resto...